Scopriamo cosa hanno in comune il tema di questo numero della rivista e il libro di Dome Bulfaro “Performare poesia. Manuale in forma di Diari e Manifesti”.
Cosa possono avere in comune questo numero della rivista di Poetry Therapy e un manuale di poesia performativa? Di primo impulso la risposta è “nulla”. La poesia incarna il ποιέω, il “fare”, azione vitale per eccellenza e il libro, infatti, prende l’avvio proprio con parole come: respiro, pulsa, cammina, vola, vivi, come dicono esplicitamente i titoli dei primi paragrafi.
E, quindi, respiriamo: “ogni verso è un respiro” e “respira come la poesia nel dirla. Ogni poesia ti chiede di respirare insieme a lei secondo le misure della sua versificazione”. Camminiamo: “dire un verso è camminare… il piede della voce batte laddove il cuore della poesia batte”, non per nulla il “piede” nella metrica classica è il modulo ritmico formato da sillabe brevi o lunghe, detto così proprio perché si usava misurare il tempo con il battere e il levare del piede.
E viviamo: l’incontro tra un essere umano e una poesia è “l’incontro fra due esseri viventi che sognano entrambi”.
Quindi, viviamo l’esperienza di Dome Bulfaro, esplorando la miniera della sua esperienza trentennale di insegnante, sfogliando un testo che racconta di dedizione, di allievi, di cerchi, di risonanze, di silenzi, di filosofia, di chakra, di autenticità, di energia, di creatività, di scrittura, di poetry slam, di tecniche di memorizzazione, di ascolto...
È un manuale per chi si avventura nella poesia performativa, per chi cerca e trova minerali preziosi, solo dopo aver sudato e studiato tutte le mappe disponibili. È il diario di questa ricerca, fatto di manifesti, considerazioni, appunti, esperienze raccolte nell’arco di anni di insegnamento, dove si ritrovano i versi di autori famosi e i versi che gli allievi cercano di modellare, dove si dice che la “poesia sembra un gioco da bambine/i e in buona parte lo è, per nostro soggettivo piacere. Ma noi non siamo solo bambine/i, siamo bambine/i complessi, tutte/i più o meno complessate/i, per nostro soggettivo spiacere (o meno)”.
Tornando, dunque, alla domanda iniziale: cosa hanno in comune questo numero della rivista di Poetry Therapy e un manuale di poesia performativa? potremmo rispondere con le parole di Dome che “la morte e la vita sono le due facciate dello stesso foglio. Dello stesso corpo, della stessa performance, della stessa poesia”. Vita e morte sono indissolubilmente legate, poiché la morte non è l’antitesi della vita, ma sua parte integrante.
La morte, inoltre, se intesa come stasi, come blocco del “piede” che non batte/cammina più, non è solo il finale della poesia, è anche lo spazio bianco a fine verso (che vuoto non è mai), il salto al verso sottostante, che è necessario per essere riempito, che garantisce la continuità, che porta a una maggiore consapevolezza e fa risaltare le parole, “condensa e conferirà senso e significato a tutto il testo, e di conseguenza, a tutti gli atti messi in scena prima dell'ultimo verso”.
E riportando una delle tante poesie presenti nel testo:
Una parola è morta
quanto è detta,
c'è chi dice così.
Io dico invece
ch’essa comincia a vivere
proprio quel giorno.
Emily Dickinson
Inoltre, “la poesia performativa, come la poesia tout court, ha a che fare inevitabilmente con la vita e con la morte. Ha a che fare con le doglie, con le doglianze, le danze con cui condividiamo il dolore di altri da noi, per sgravarli un poco di quel dolore, per aiutarli a partorirlo, a trasformato in poesia.
Ascoltare in noi quel dolore, esprimerlo, respirarlo con dei versi e i suoi a capo, regolarlo in ritmi, codificarlo in una lingua, vederlo scritto davanti a me, già più distante da me, fuori da me, con una forma tutta sua, che non è più la mia.
Oppure ascoltarlo quel dolore, mentre sale dal mio inconscio e, quando gli do una forma ad alta voce, sentirlo che espira fuori da me e soffia verso persone disposte ad accoglierlo, portarlo in un luogo comune, pubblico, interiore a quel pubblico, a quello che Jung ha chiamato inconscio collettivo. E lì, insieme, eroderlo, ruminarlo, sgrezzarlo, pur senza sapere bene come, farlo. Questo non è già fare poesia?”.
E in queste parole ritroviamo la Poesiaterapia che Dome Bulfaro ha deciso di approfondire dal 2009, la poesia come mezzo per affrontare, comprendere e lenire il dolore della morte, offrendo un linguaggio per esprimere le emozioni e i pensieri più profondi dell'animo umano.
Il libro racchiude tante esperienze fatte che, in realtà, sono solo alcune delle esperienze condotte allo scopo di portare la poesia nella voce, nei gesti, di cercare di essere poesia, incarnarla e, quindi, con lei passare attraverso la vita e la morte.
In conclusione, utilizzando sempre le parole di Dome Bulfaro, possiamo anche affrontare la domanda che fa da titolo a tutto il numero della rivista di Poetry Therapy: “la poesia può trasformare la morte in fiori?” Alla quale rispondiamo “Sì” perché “dire poesie ad alta voce educa a ristabilire un rapporto equilibrato e integrato con tutti i petali del nostro fiore emotivo”.
Simonetta De Donatis, facilitatrice di primo livello in Poesiaterapia, socia dell’Associazione Mille Gru, segue dal 2013 i corsi di poesia di Dome Bulfaro ed è una dei componenti dei cori poetici: CoroDiVerso e Rimembrilli. Caporedattrice della rivista Poetry Therapy Italia e realizza laboratori di poesiaterapia che spaziano dalla scrittura kintsugi®, al massaggio poetico per adulti e bambini.