Una poesia Manifesto, una poesia che sa di nuovo “quarto stato”, nuova fiumana, un fiume d’umanità, "umanità" termine che certamente si riferisce alla moltiplicazione numerica di persone ma ancor di più a quel grido composto ma inarrestabile sorto dal dolore e dalla pietas che possono divaricare il cuore dell’umanità. Questa è una poesia Manifesto di una “mamma Roma” contemporanea, contro il genocidio dei palestinesi, ma ancor di più contro ogni guerra, al fianco di bambini e bambine, ogni bambina e bambino, senza retorica.
(Dome Bulfaro)
Dal dolore, dal senso di impotenza, dal lutto per il genocidio che sta avvenendo, mentre nel mondo crescono i ruggiti di guerra delle nazioni.
Si incarna in questo testo uno slancio, sogno di un movimento ampio e spontaneo verso una meta oggi straziata.
Un impeto del corpo, dei corpi, per arrestare l'onda di morte e distruzione in cui versiamo come umanità.
Che fare? Di fronte all'orrore, all'ingiustizia più acre, che fare?
A questa domanda danno piste di possibilità queste parole, che una cosa sono, e aspirano a restare: un invito.
– Rossana Currà
Con le acque ci moltiplicheremo
Abbandonare
tutto.
Abbandonare tutto,
tutti i comfort
tutti i privilegi
e partire
camminare
verso est
verso quella che chiamano
terra santa
promessa
palestina
israele
città santa
Abbandonare tutto e partire
in tante
in massa
uno sciopero in cammino
coi corpi in cammino
coi piedi in cammino
più stanche della guerra che di camminare
più stanche dei fascismi che di farci controllare alla frontiera
da poliziotti
in divisa
coi cani
le stellette
i fucili
Abbandonare tutto
per ritrovare
non la santità in terra
piuttosto una possibile umanità.
Da agnostica credo ai fatti
fatti di scarpe consumate.
Partirò da sola dalla mia città, che poggia tra il Lambro e il Villoresi?
Con le acque ci moltiplicheremo?
sull’Adda diventeremo tre?
sull’Oglio diventeremo sei?
Da Brescia saremo dodici?
Al Garda arriveremo in ventiquattro?
sull’Adige saremo cinquanta, Giulietta e Romeo non saranno indifferenti.
Saremo cento sul torrente Agno,
in duecento tra il Retrone e il Bacchiglione,
Al Tesina quattrocento,
Al Brenta ci ritroveremo in ottocento,
milleseicento al lago Le Bandie?
Duemila sul Piave che è lì vicino,
quattromila sul Livenza,
ottomila sul Tagliamento,
all’Isonzo arriveremo in sedicimila?
Alla frontiera saremo ventimila.
Qualcosa si sarà mosso?
La pace sarà planata sulla terra?
No? sia, non ci fermeremo,
finché non si fermeranno i carri
armati e i frastuoni
dei missili che disturbano
il sonno delle bambine
e non possono così
sognarsi il futuro
Quarantamila al fiume Piuca
ottantamila nei pressi della Rinza
seguendo un affluente della Radonja
diventeremo centosessantamila
la lasceremo a sud, cammineremo ancora
e quando incontreremo la Glina
saremo trecentoventimila
Sul fiume Bosnia ci conteremo in seicentoquarantamila
Arriveremo alla Drina in più di un milione
E così contando, e cantando,
di fiume in ruscello,
saremo milioni
a bussare tra il Tigri e l’Eufrate
con le voci straziate
non ci fermeranno i check point né gli spari
saremo troppe per prendere la mira
butteremo giù i muri che impediscono la pace
solo con la forza delle mani giunte
e delle suole consunte
seguendo il Wedi Shueib
arriveremo al Giordano
apriremo le dighe e i cuori raggrinziti
non bestemmieranno più la memoria
né l’amore, getteranno
le armi, prepareremo
il the, milioni di dolcetti,
riscopriremo insieme il senso
dell’accogliere quando tutto è perduto
ritroveremo i brandelli dell’umanità in fiamme
e ne faremo trapunte
per i letti di quelle bambine
che forse così
finalmente
potranno ancora
dormire, e dormendo
sognarsi un futuro