“La poesia come disvelamento e come suono di ciò che sfugge alla soglia della nostra coscienza”: ecco servito un dono poetico di restituzione al mondo. I tre autori si interrogano su ciò che resta di intatto nel mondo di cui facciamo parte. Per amarlo ancora, nelle ferite.
Una comune aspirazione alla giustizia, non solo poetica, nel contesto di tutte le forme di espropriazione: le tre voci poetiche di D’Arcangelo, Elvey e Moore consegnano un racconto di 60 testi di denuncia, di presa di coscienza e di scossa interiore. D’Arcangelo muove da un contesto italiano ed europeo, la Elvey da uno australiano e la Moore, scozzese, allarga i suoi orizzonti su tutto il Regno Unito. Insieme ci portano – come araldi di una compagnia sincera e limpida – a guardare negli occhi le criticità, partendo dal richiamo appuntito e bruciante della parola. Senza puntare il dito, danno ragione delle violenze umane sulla realtà naturale, di cui peraltro l’essere umano stesso fa parte. Ecco a voi quindi un trio di voci ecopoetiche; ma cosa significa essere ecopoeta? Significa mostrare la gioia di essere parte del mondo, ma anche denunciare le devastazioni piccole e grandi, a cui il modello individualista delle civiltà occidentali porta tutti gli esseri viventi.
Tutti e tre, attraverso un dettato che si serve sia del verso breve che di forme più vicine alla prosa, aprono squarci su sequenze di vita naturale ferita dall’uomo o di vita umana violentata dai propri simili. Proprio quando il verso si allunga, il tono si fa riflessivo e narrativo (I blocchi di cemento accatastati accanto al cantiere/ sono oggi ricoperti dalla neve, M. D’Arcangelo), mentre coi versi brevi è più tagliente e icastico (Queste cose non sono intatte: aria/ e ala e uccello, habitat/ e essere umano, pietra e muschio, A. Elvey).
Ciascuno dei tre porta dal suo frammento geografico di mondo un diverso richiamo alla comprensione del mondo di oggi. Ciascuno – in una simpatia poetica non decisa a tavolino – mette in campo versi crudi e netti, sia che si tratti di rappresentare elementi naturali, sia che si tratti di denunciare l’alienazione umana.
Non c’è desiderio di Eden antico e perduto, di isole meravigliose da raggiungere. Occorre fare i conti con quello che c’è, con quello che l’uomo ha costruito e distrutto e riascoltare il grido naturale dell’acqua, del muschio, del passero, il passo della volpe insieme alla delicatezza delle campanule e della banksia.
L’ecopoesia – qui portata con esplicita volontà – dunque non è una ingenua lamentazione sull’inquinamento e sul degrado che rovinano la natura. Ma è coscienza di una doppia privazione: quella degli esseri umani che vengono abusati e dominati con violenza da altri simili; ma anche quella delle creature naturali – animali, piante, rocce, terreni – che dagli esseri umani vengono sfruttati senza posa. In questo duplice soffrire però si cela anche il germe di una dimensione “più-che-umana”, dice Serenella Iovino nella Prefazione; anche se l’uomo non lasciasse segni nella vita, essa contiene un plus che le permette di stare nel mondo, che la natura insieme con gli esseri umani poi condividono, ogni volta che desiderano, feriscono, amano, muoiono. Ecco perché l’ecopoeta vuole smascherarci nella nostra comfort zone consolante, ma nel contempo si mette a disposizione di tutti con gratuità e comprensione, ha uno sguardo di giustizia compassionevole, perché ovunque vede quella pagliuzza divina nei corpi della realtà e così li porta in palmo di mano, li riconosce e li tutela. Ecco perché il titolo della raccolta è INTATTO, perché nel gesto che tocca c’è desiderio, sensibilità e cura. Come un lasciar crescere un germoglio, un cucciolo, un campo seminato: il mondo di cui facciamo parte merita un dono di attenzione e ringraziamento. La mano che può uccidere è la stessa che cura.
INTATTO. INTACT. ECOPOESIA. ECOPOETRY, di Massimo D’Arcangelo, Anne Elvey, Helen Moore, cura e traduzione dall’inglese Francesca Cosi e Alessandra Repossi, traduzione dall’italiano Todd Portnowitz, La Vita Felice, 2017
Giacomo Nucci insegna lettere alla scuola secondaria di 1° grado dopo la laurea in Lettere Classiche in Statale di Milano. Dal 2009 fa teatro e dal 2013 teatro-poesia, sotto la guida di Dome Bulfaro. Ha pubblicato una raccolta di poesie, Sabbie e sorgenti, nel 2013 con Steber Edizioni. Dal 2017 è membro del gruppo editoriale e di ricerca Millegru, con cui ha pubblicato Così va molto meglio. Nuove pratiche di Poetry Therapy e con cui pratica poesia ad alta voce, laboratori per bimbi, massaggio poetico con donne incinte e con adulti.
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