La figura di Joseph Beuys è più che mai capitale e attuale quando si parla del rapporto tra Arte, Cura e Natura. E nessuno meglio di Lucrezia De Domizio Durini, una delle maggiori divulgatrici dell’opera di Beuys, può raccontarlo. Il presente contributo è la trascrizione quasi integrale di una sua conferenza del 2015, arricchita di alcune note funzionali alla fruizione, poco visualizzata ma che merita di essere vista e rilanciata per come la De Domizio Durini riesce, in un’ora scarsa, a delineare con precisione i passaggi salienti della vita, dell’opera e del pensiero di Beuys, chiarendo in ultimo cosa egli intenda con “Difesa della Natura”.
Joseph Beuys - Difesa della Natura[1]. Conferenza di Lucrezia De Domizio Durini
16 maggio 2015. RomArt - Biennale Internazionale di Arte e Cultura
Evento collaterale a cura di Amedeo Demitry
Prima parte della Conferenza[2]
Qualcuno diceva che l’arte è un bene dell’umanità e l’arte è totale. Beuys diceva sempre “siamo dei seminatori”. Bisogna seminare sia sul terreno impervio, sia sul terreno fertile, non importa se non nascono tutti i frutti, basta che ne germogli uno, che produrrà altri frutti, altri semi, altri frutti, e noi andremo a letto tranquillamente la sera, con grande serenità. Ma voi potete chiedervi: chi è Joseph Beuys? Un predicatore solitario? Un artista stravagante dal cappello di feltro? Un poeta che amava la natura? No, Beuys è un uomo che amava l’arte e gli uomini nella collaborazione e nelle differenze.
Innanzi tempo si accorse che l’uomo stava perdendo la sua identità. Fu il primo personaggio che ruppe con la tradizionalità dell’arte. Mise l’uomo al centro e tutte le discipline in cui l’uomo vive. Mise l’uomo al centro con la creatività libera. Due sono i concetti primari di Joseph Beuys: 1- Tutti gli uomini hanno un’energia creativa; 2- Una collaborazione nei confronti e nelle differenze.
Mettendo l’uomo al centro si è interessato di politica, di economia, di agricoltura, di ecologia, di habitat, di sistema pedagogico e di problemi umanitari. Nel mio libro Il cappello di feltro ho definito Beuys come un diamante. Un diamante ha molte facce eppure se si taglia questo diamante bisogna sempre considerare l’unità. Beuys è stato uno dei rari personaggi della storia del XX° secolo che ha usato in tutti i sensi la metafora, il simbolo. Vedete, anche come Beuys si vestiva non era un vestito, ma una divisa, per farsi riconoscere. Così come nella vita laica noi attraverso una divisa noi riconosciamo e distinguiamo un marines, un carabiniere, un poliziotto, oppure nella zona ecclesiastica, dall’abito, noi riconosciamo la sua filosofia. Il cappello di feltro: tutti voi sapete che cosa significa il cappello, dalla storia ebraica fino a parlare della storia musulmana o della storia della psicoanalisi; la camicia sempre bianca, indice di trasparenza, di chiarezza, di pulizia mentale; questo giubbotto da pescatore di anime; questo jeans, segno della rivoluzione sociale; questi scarponi, segno del viandante, della dinamicità. Quando ci mettiamo gli scarponi? Quando dobbiamo andare nelle zone di montagna, quando andiamo in zone in cui c’è da fare fatica.
Quindi il simbolo e gli slogan di Beuys costituiscono un periodo storico inequivocabile. Beuys è stato uno dei personaggi più emblematici e significativi del secondo dopoguerra nell’arte mondiale. Ha rotto con la tradizionalità dell’arte e ha fatto dell’arte un tutt’uno con la vita.
Quattro sono gli slogan di Beuys in cui si divide l’intera sua vita.
Primo slogan: “tutti gli uomini sono artisti”. Beuys non voleva dire che tutti gli uomini sono dei pittori. Ma ogni uomo ha un’energia creativa che se messa in atto produce un bene per se stesso e un bene per l’umanità. Questo è il periodo in cui Beuys fa delle grandi performance.
Secondo slogan: “La rivoluzione siamo noi”. Beuys non intendeva fare la rivoluzione con le baionette, le pistole o i machete. Beuys intendeva affermare con questo slogan che “l’evoluzione siamo noi”. Se noi ci evolviamo, comprendiamo. E qui c’è il grande periodo di beuys del pensiero. Per comprendere bisogna spogliarsi del nostro status quo. Se tu mi vieni a chiedere dei consigli e io te li do secondo la mia visione, non ti darò mai il consiglio che a te serve. Per darti questo bisogna che io mi spogli della mia mentalità, entri nella tua per poter entrare nella grande comprensione. E qui, voi capirete, subentra tutta la filosofia platonica – e non voglio dilungarmi – come le famose caverne di Platone. Questo è il periodo in cui Beuys riprende tutto il romanticismo tedesco. Beuys è vero è tedesco ma fate attenzione lui è di origini cecoslovacche ed è nato casualmente a Krefeld, il 12[3] maggio 1921, ma la famiglia proveniva dalla Cecoslovacchia, nel periodo molto triste in cui c’era il Comunismo. Era figlio di mugnaio, di povera gente. Allora in questo slogan”la rivoluzione siamo noi”, il pensiero diventa molto forte. Beuys viene dal romanticismo tedesco di Goethe, Novalis, Schelling fino a Steiner. Ma qual è la differenza di Beuys che sedimenta antropologicamente il passato e ne fa un confronto con il tempo presente e va nella gente? Qual è la differenza tra Steiner, che parlava di Natura, e Beuys? Steiner fa il goethiano, Beuys fa la Free International University. Beuys legge e sedimenta il passato e si confronta con lo studente, con il contadino, con l’avvocato, con l’industriale, con il popolo, con la povera gente.
Cultura = Capital (Kunst = Capital[4]). Il terzo periodo riassunto in questo slogan è molto molto importante. La cultura è il più grande capitale dell’umanità. In questo periodo attivo fonda il “free college” con premio Nobel Heinrich Böll, fonda gli uffici della diretta democrazia, fonda il movimento dei verdi, però nel momento in cui divenne partito, Beuys si detrae e fonda il partito dei non votanti, per terminare con il suo grande capolavoro la Free International University. Kassel, i 100 giorni della conferenza permanente, 1977, che noi abbiamo ripreso alla Biennale di Venezia, 2007, riprendendo tutte quelle discipline che Beuys nel ‘77 aveva discusso per 100 giorni. Di cosa discusse? Proprio di quelle cose che ancora noi oggi ancora non risolviamo: Beuys sentì per primo la necessità dell’Europa unita; della moneta comune, però – 1974, nella famosa discussione per la creatività e per un’azione politica – mette a base una Central Bank, per difendere tutti i paesi europei. Il libretto rosso della “terza via” è testimone di tutto questo. Parla di questi 100 giorni e della grande necessità dell’acqua, sarebbe stato uno dei più grandi problemi, l’acqua è molto più preziosa di qualsiasi metallo al mondo; si parla della grande lotta tra i paesi ricchi e i paesi poveri; della grande lotta tra le religioni. Beuys, in questo periodo, parla di una delle problematiche che più ci appartengono: del problema dell’economia. Beuys afferma che la prima grande economia nasce dalla capacità dell’uomo, la capacità dell’uomo è il fondamento di qualsiasi economia. Beuys non è per il Capitalismo e nemmeno per tutto ciò che è ecclesiastico. E quindi nasce una “terza via”, in questa terza via si occupa moltissimo di disoccupazione, che ci sarebbe stata con la globalizzazione e il capitalismo. Signori, 1977. Beuys è stato il precursore attivo di tutte le problematiche che ancora oggi dilaniano tutto il pianeta terra.
Beuys è semplicissimo da capire. Solo che i critici siccome non sanno e sono o politicizzati, o hanno l’egemonia della politica, oppure hanno l’egemonia del capitalismo americano, gli impedisce[5] di studiare, di leggere, di capire, perché Beuys è ancora tutto da leggere, da capire, da studiare.
Beuys, ritornando alla metafora e al simbolismo, per le sue azioni adopera tutti quei materiali poveri che indicano energia creativa e collaborazione. Crea la living sculpture, una scultura sociale fatte di uomini, di differenti razze, origini, religioni, differenti stati sociali, economici e culturali, legati insieme da una solidale e libera – libera! – creatività. Per queste due cose, energia creativa e collaborazione, adopera il feltro che nasce da tanti piccoli pezzettini di materiale unito; adopera il vino, segno di energia; adopera l’olio: una macchina senza olio non cammina; adopera il grasso, ogni uomo non può vivere se nell’organismo non c’è grasso; adopera il miele, simbolo di energia.
Beuys ha utilizzato tutti i mezzi per portare avanti il suo pensiero, fatto di collaborazione tra uomini differenti: ha adoperato la fotografia, le performance, le sculture archetipe, perché io credo, e non sono proprio convinta, che l’artista ha il potere di adoperare sia i materiali archetipi - quindi disegno, scultura, pittura – sia i nuovi linguaggi, se il pensiero è forte non c’è problema. Beuys ha adoperato il video, il film (super 8 a quei tempi), non ha adoperato il computer perché Beuys essendo morto il 23 gennaio del 1986, non aveva ancora compiuto 65 anni, e non avendo neanche visto la caduta del muro di Berlino che venne nell’ottobre del 1989, chiaramente avrebbe adoperato qualsiasi cosa.
Quando mi fu chiesto al Kunsthaus di Zurigo: “Ma Beuys se fosse stato vivo come si sarebbe comportato in un mondo come questo, dove non esistono più valori umani, dove esiste solo business, dove si è formato un esercito di uomini che tentano il genocidio delle utopie, dei sogni, dei desideri, e tutto si rivolge verso l’immagine e il business, un’unica strada con due vicoli chiusi? Come si sarebbe comportato Beuys? Beuys avrebbe avuto sempre, forse anche di più, gente che lo seguiva in tutte le parti del mondo, per ricordare all’uomo di essere uomo e per rispettare i principi fondamentali dell’uomo e della nostra madre Natura.
E allora voi mi potreste chiedere qual è la differenza che esiste tra l’arte povera e i minimalisti americani che adoperano materiali poveri e Joseph Beuys che adopera materiali poverissimi? L’arte povera e i minimalisti americani fanno un lavoro formale. I materiali usati da Beuys sono trascendentali, spirituali, che indicano a tutti gli uomini della terra collaborazione, libera, solidale, rispetto della nostra madre Natura, rispetto dell’altro perché rispettando l’altro rispettiamo noi stessi.
Beuys inizia la sua carriera dopo le peripezie della guerra, dopo che fu massacrato dai nazisti, perché non amava il nazismo. Beuys fa la guerra, costretto, c’è il famoso aneddoto che cade dall’aereo[6] poi viene preso dai tartari, avvolto nel feltro, ecc… ecc.. va in crisi, sull’orlo della pazzia e viene preso per 5 anni dai suoi amici, i baroni Hans e Franz van der Grinten. Nella loro tenuta, lavorando la terra, disegna uomini, animali e piante. Io sono stata l’unica che, avendo avuto la fortuna di vivere gli ultimi quindici anni in linea diretta, per un lavoro di cui parleremo, Difesa della Natura, ho analizzato prendendomi tutte le responsabilità culturali, e il grande libro Beuys voice, presentato al Kunsthaus di Zurigo, per la mia donazione di 300 opere di Beuys, rifiutate dall’Italia, da cinque musei italiani, la grande antologica di Difesa della Natura, sono andata a vivere a Parigi da esiliata libera, dove dirigo per onorificenza la Meson de l’Italie.
Io ho analizzato che i disegni che faceva Beuys, disegnando graficamente uomini, animali e piante, 5000 disegni che vengono in un solo block e che sono nel grande museo di Edimburgo con un grande libro) ho pensato, ho scritto e mi prendo la responsabilità pubblica oggi, ieri e sempre, che i disegni di Beuys non erano disegni ma progetti esistenziali.
1972, Beuys viene per la prima volta da uno dei più grandi galleristi che tutti hanno dimenticato e che solo Lucrezia De Domizio Durini, comunque e sempre, ricorda: Lucio Amelio, che ha fatto conoscere in Italia – paese che non amo più – i più grandi artisti mondiali, portandoli a Napoli, che non l’ha meritato perché non ha costruito un museo, non ha fatto nulla per un uomo come Lucio Amelio, un uomo di qualità adesso sono come le pecore nere gli uomini di qualità.
A Napoli il 13 nov 1972, grazie a Lucio Amelio, è venuto nella sua galleria Joseph Beuys, e poi sono venuti Warhol, Rauschenberg, Jasper Johns, è venuto Hans Richter, presentati per la prima volta in Italia. La sua galleria l’ho sempre descritta e analizzata…
Che cos’è una galleria? Una galleria è un tunnel, noi passiamo delle autostrade sotto un tunnel, è un in e un out, un ingresso di cultura e un’uscita di economia. Oggi le gallerie non sono più quelle di una volta e non è mica passato poi così tanto tempo. Sono dei negozi, potrei parlare di Milano, di via Montenapoleone, oppure sono dei negozi di corso Buenos Aires[7], oppure quelli della periferia. Non rischiano. Questi negozi vendono dei bellissimi vestiti ma non li hanno creati loro.
Io faccio delle lezioni nelle università di economia. Beuys riteneva che l’economia fosse importantissima: è la prima grande necessità dell’uomo, perché anche mangiare ha bisogno di economia, però l'economia di Beuys dovrebbe circolare come circola il sangue delle nostre vene. Quando il sangue si ferma viene l’ictus: è questo il capitalismo.
Ma come ha fatto Lucrezia De Domizio Durini a conoscere questo personaggio?
Tra il 1970-72, ai tempi caldi delle Brigate Rosse, l’artista Piero Gilardi[8] andava in giro per il mondo a intervistare artisti e realtà socio-economiche politiche. Quando Flash Art era una rivista, un giornale che veramente tutti amavamo, fu la prima a riportare un’intervista che Piero fece a Beuys. Dovete sapere che quando ero ragazza volevo fare l'architetto, ma nella mia famiglia purtroppo, circa sessant’anni fa, mia madre disse: “nella nostra famiglia un mestiere di un uomo?”. Era un disonore. E così ho amato sempre fare un’architettura di personaggi: poesia, musica. La musica mi appartiene: tutti gli uomini sono dei musicisti, perché ognuno di noi ha una tonalità vocale; come tutti noi siamo dei poeti: perché noi sogniamo. E allora ho sempre messo insieme architettura, design, musica, letteratura, scienze, e così quando lessi su questa rivista che c’era un artista che con istanze diverse e ruoli diverse praticava il mio stesso lavoro, scrissi subito a Beuys che volevo incontrarlo. Io sono una donna molto curiosa. Tutto quello che so l’ho imparato dagli artisti, ho imparato e insegnato, insegnando imparo, devo molto all'Arte, sono stata nutrita con lo spirito e l’energia di grandi personaggi della storia e ho assistito a documenti storici irrevocabili. E siete voi gli artisti, siete voi i fotografi (lo dice rivolgendosi ai pochi astanti in sala, N.d.R.), siete voi i giovani che mi date l'energia, e io poi faccio una transustanziazione del mio lavoro. (...)
Beuys ci chiede (a lei e a suo marito, N. d. R.) di aiutarlo a Contemporanea, viene in Abruzzo e s’innamora di Bolognano, tanto è vero che c’è (...) al Guggenheim Museum: “Bolognano, il paese della Cultura nella natura”, un canyon dove ci sono ancora grotte preistoriche. E lì compie il più grande capolavoro della storia dell'umanità. Trasporta la sua utopia, un'utopia concreta per arrivare all'utopia della terra. La prima piantagione Beuys la fa alle isole Seychelles: pianta il Coco de Mer e il Coconut[9], quest'ultimo è della stessa famiglia di quello che mangiamo. (...)
Seconda parte della Conferenza
Beuys afferma che vi sono altri 7000 alberi*[10] da piantare nella piantagione Paradise.
Una parte li pianta lui e, per quanto riguarda l’altra parte, nella sua discussione[11] dice: “Sarete voi che se credete pianterete gli alberi”
Noi piantiamo gli alberi e gli alberi piantano noi perché dobbiamo crescere insieme. Questa è la famosa ultima discussione quando un artista che lui amava tanto e ha aiutato tanto, Marco Bagnoli, laureato in fisica pura e biologia, gli pone la domanda: “Ma poi noi piantiamo gli alberi ma gli alberi si accorgono che piantano noi, che noi li piantiamo?”
Lui dice: “Noi piantiamo gli alberi e gli alberi piantano noi perché noi dobbiamo esistere insieme.”
Dobbiamo stare attenti all’intelligenza dell’albero, quindi, alla nostra madre natura.
Noi dobbiamo stare attenti a dare fastidio alla nostra natura, alla nostra madre natura, perché la nostra madre natura si stanca di questo fastidio che gli sta dando il suo figlio uomo. Telefonerà ai fiumi, agli oceani, ai vulcani e sarà una disgrazia enorme e farà vedere che ha una forza più violenta della violenza dell’uomo.
Ma Beuys era un uomo che pensava al miglioramento della società, era un uomo positivo, quel 13 maggio disse che era certo che l’uomo si sarebbe ravveduto. Voi pensate che noi lo siamo, che lo abbiamo capito oppure siamo peggiorati? Noi siamo peggiorati.
(...) Ma cosa significa “la difesa della natura”?
Beuys ha formato quattro slogan con quattro periodi specifici di grande lavoro.
“Difesa della natura” non è semplicemente una difesa ecologica, la difesa della natura di Beuys è una difesa antropologica: difesa dell’uomo, dell’individuo, della creatività, dei valori umani, temi oggi attuali in tutto il pianeta terra.
Beuys si è occupato delle grandi problematiche, ha creato una leadership, ha creato la Free International university. (...) Beuys si è interessato delle piante in estinzione, si è interessato della grande problematica degli handicappati…
Beuys è attuale. Io credo che ci siano uomini su questa terra che indicano delle strade ma ognuno di noi deve scegliere la sua strada, il suo progetto. Quella famosa rosa rossa, in quel boccale, della rosa rossa della diretta democrazia indica la vita dell’uomo. Uno stelo lungo con tante spine; un bocciolo rosso, profumato, bello i cui petali cadono molto presto. Ma è proprio quello stelo che, a cui le spine restano attaccate nonostante lo stelo secchi, a farci capire che la perdita è necessaria alla sofferenza. Perché è la sofferenza che ti fa vedere chi sei, dove sei, cosa hai scelto nella vita, perché. E allora riesci ad amare la vita e la morte. Perché sono sorelle gemelle. È sbagliato quello che dice la chiesa cattolica! Per quel che mi riguarda rispettando il pericolo e la paura della morte, l’inferno, il paradiso… Non posso pensare che sono nata da un pomo di Adamo, da una mela. Noi apparteniamo agli organismi viventi. Gli organismi viventi hanno fatto una crescita. Oggi siamo animali scientifici, perché la tecnologia ha preso il sopravvento sul pensiero. Ognuno di noi, per vivere sereni deve avere un progetto nella vita. Questo progetto costerà tanti sacrifici. Ma cos’è la vita senza progetti? Nessuno di noi ha deciso di nascere. Un uomo e una donna, per volontà, per caso, per apprezzo sessuale, ha determinato la mia nascita e la tua nascita però noi possiamo decidere di coniugare la nostra vita e se noi teniamo presente che arriverà il giorno della morte, noi ogni giorno che trascorriamo, lo possiamo trascorrere per il bene dell’altro perché il bene dell’altro è il mio bene. È una transustanziazione quasi egoistica. Non voglio dilungarmi di più, voglio solamente dire: l’uomo ha bisogno di un altro uomo, per comunicare e per amare. L’amore non è solamente un atto sessuale. È anche un atto sessuale perché siamo animali. L’amore è un amore cosmico che ci fa capire e ci fa andare avanti. Finché esisterà una sola pianta e un solo uomo sul pianeta terra esisterà l’arte regale di Joseph Beuys e di tutti quegli uomini che ancora una volta rispettano l’altro uomo e la nostra madre natura.
Note
[1] Joseph Beuys. Difesa della natura. The living sculpture. Kassel 1977-Venezia 2007. Omaggio a Harald Szeemann. Di Lucrezia De Domizio Durini (Silvana, 2007). Catalogo della mostra omonima (Venezia, Spazio Thetis, 10 giugno 17 settembre 2007). Il progetto, ideato e curato da Lucrezia De Domizio Durini, ha voluto riproporre a Venezia, a trent’anni di distanza e con gli sviluppi attuali, gli argomenti culturali, ambientali, sociali, economici, umanitari e politici discussi e analizzati da Beuys per 100 giorni a Documenta 6 a Kassel nel 1977 all'interno della F.I.U. (Free International University): problematiche tutt’oggi attuali, con cui Beuys tentava, attraverso discussioni e confronto, di contribuire a un miglioramento della vita dell’uomo e della società in cui l’uomo vive. Il presente volume accoglie alcuni saggi.
[2] La prima parte della Conferenza è stata trascritta da Dome Bulfaro, che ha scelto questa conferenza e curato le note a piè pagina, mentre la seconda da Laura Palumbo.
[3] Nel video Lucrezia De Domizio Durini dice il 21 maggio, crediamo invertendo i numeri della data di nascita.
[4] Un altro slogan analogo di Beuys è Creativity = Capital (Kreativität = Kapital), 1977.
[5] Non siamo certi che il termine esatto pronunciato da Lucrezia De Domizio Durini sia “impedisce” ma il senso è questo.
[6] “Un evento soprannaturale fu all’origine dell’inversione del suo destino. Il 16 marzo 1944 Beuys era al suo posto di combattimento (cioè mitragliere di coda) su uno Junker 87 Stuka in azione nei cieli della Crimea. L’aereo fu colpito da un caccia russo e precipitò al suolo. Il pilota fu disintegrato al momento dell’impatto, ma Beuys che aveva sparato contro il tettuccio per farlo aprire, fu proiettato a distanza nella neve. Non solo fu gravemente ferito alla testa e alla mascella, ma rimase per diverso tempo completamente sprofondato nella neve. Un gruppo di Tartari di Crimea in fuga dalla guerra, disseppellì il suo corpo e gli diede conforto con i doni della terra: grasso animale e strati di feltro che rigenerarono il suo calore e lo trattennero”. Tratto da un articolo online che, seppur breve, traccia con sapienza le linee salienti dell’operato sciamanico dell’“uomo medicina”-artista Joseph Beuys.
[7] Due vie centrali di Milano.
[8] Piero Gilardi ha ideato e lavora, dal 2002, al progetto del Parco Arte Vivente (PAV) della Città di Torino. È stato presidente del PAV ed è membro del Comitato di Direzione Artistica del progetto. Si tratta di un Parco in cui sono esposte opere sia permanenti sia temporanee. Oltre alle installazioni artistiche, l'area del parco ha ospitato anche eventi in ambito culturale ed artistico.
[9] Nel video data questa operazione nel 1984 ma l’anno corretto dovrebbe essere il 1980. Mentre nel 1984 avvia il Paradise a Bolognano.
[10] Nel 1982 Beuys presenta un’opera fondamentale durante il Documenta VII a Kassel, “Le 7000 Querce”. Beuys aveva creato una filiera ritualistica, ovvero aveva disposto davanti al museo Fredericiano 7000 lastre di basalto. Queste lastre venivano adottate da chiunque lo volesse e il denaro ricavato serviva a comprare e piantare querce e qualche anno dopo Kassel fu invasa dal bosco di 7000 alberi.
[11] 13 maggio 1984 ultima famosa discussione di Beuys. Questa discussione è riportata integralmente nel libro Difesa della natura. Discussioni 1978-1984 della Collana Le Frecce dell’editore Lindau di Torino, pubblicata il 29 agosto 2019.