Poetry Therapy Italia

29 marelli 

La famosa poetessa e attivista aborigena ci porta a calpestare la terra millenaria della sua tribù e su di essa ci fa viaggiare tra gli usi e costumi di un popolo che resiste e lotta contro la scomparsa non solo fisica, ma anche culturale. Danziamo anche noi intorno al fuoco di questa gente che canta i versi della Terra da milioni di anni.

Un classico della letteratura postcoloniale, il libro più popolare di Kath Walker, uscito nel 1970 e tradotto qui per la prima volta. Un’antologia dedicata al suo popolo, un canto epico che dà voce alla sua gente umiliata e oppressa; grazie ad essa, l’autrice diventa la prima poeta aborigena della storia. Kathleen Jean Mary Ruska – questo il nome anglosassone completo – che, per protesta contro le espropriazioni verso il suo popolo, nel 1988 (anniversario dell’arrivo di Cook sull’isola) decide di assumere il nome aborigeno: Oogderoo Noonuccal. Il secondo nome indica la tribù di appartenenza (siamo nell’est Australia, vicino Brisbane, regione del Queensland), mentre il primo è il nome di una pianta, la melaleuca, la cui corteccia è nota agli indigeni per gli aspetti curativi, ma anche per il suo uso come supporto per dipinti e scritture. I latini direbbero “nomen omen”, il nome è un preannuncio chiaro, un programma di vita e di scrittura.

La sua è stata definita “poetica dall’anima politica”, poesia di versi e attivismo, una “poetemica” (Mudrooroo Narogin). Non è assimilabile a nessuna categoria “bianca”, proprio perché gli aborigeni ragionano e compongono canti e versi secondo il Tempo del Sogno, uno spazio-tempo in cui la creazione di ciò che esiste permane ed è in divenire e che non corrisponde alla scansione codificata nei nostri orologi o calendari, oppure al nostro sogno notturno. È una persistenza della creazione compiuta da esseri supremi precedenti alla nascita del mondo; questi esseri continuano a comunicare dalla terra – intesa come suolo e come insieme di esseri viventi – con chi vive oggi. Si può intuire quindi che lingua, riti e arte aborigena sono molto più di una tradizione generica di dati e usanze. Per gli aborigeni la Terra è una testimonianza viva, dona cibo, vita e linguaggio, ovvero l’essenziale. Ogni forma di violenza nei suoi confronti e nei confronti dei suoi abitanti nativi è un gesto di distruzione dis-umana. E da anni la lotta dei nativi è più che mai strenua, come nella chiusa di Time is running out:

Fai sentire al minatore violento
Il tuo violento
Amore per la terra.

In questa antologia i temi trattati sono quattro e sono naturalmente in relazione tra loro: denuncia, ecologia, inni all’appartenenza e canti di speranza. Come si conviene ad un canto di un intero popolo, vi è in esso un grande amore per la natura e per i suoi abitanti; Oogderoo Noonuccal porta all’attenzione del mondo il paesaggio australiano, i momenti storici decisivi nella storia, i volti conosciuti, le donne abusate, gli anziani custodi, i bambini senza radici. Ma questa raccolta non è solo la somma di elementi culturali e storici di un popolo australiano. È anche il luogo di denunce, di soprusi e angherie compiute col colonialismo inglese sia sulla natura, sia sulle persone. Dai versi emerge potente un amore per il suolo calpestato dai piedi nudi e non dalle scarpe moderne, un amore per la vegetazione col suo silenzio, un amore per gli animali e i loro istinti: la gratuità di ciò che da millenni ci è donato senza meriti. Nella durezza della testimonianza tuttavia c'è il desiderio di rispetto condiviso e di fratellanza sincera. C’è la volontà di ripartire secondo una nuova umanità, ora che gli esiti del colonialismo sono un dato di fatto; certamente un perno deve essere la responsabilità verso lo spirito della cultura aborigena, che non può essere marginalizzato o cancellato, in nome dell’assimilazione al più forte, al più ricco, al più influente. Lo dicono bene i versi finali di I am proud:

Ma ci sono cose che non poterono saccheggiare e distruggere.
Noi fummo conquistati, ma mai sottomessi,
Noi fummo costretti, ma mai servili.
Non pensate che io m’inchini come i bianchi s’inchinano ai bianchi.
Io sono orgogliosa,
Sebbene umile, e povera, e senza casa…
Uguale a Cristo.

05 noonuccalLa poesia di Oogdeeroo Noonuccal si mette nel presente che non conosciamo, per dare una eredità sicura. Si tratta di rispettare le storie che ci hanno preceduto, perché sono la nostra identità; questa è una richiesta forte e chiara in ogni poesia. Per gli aborigeni la narrazione è fondamentale; le storie raccontate sono costitutive dell'essere nativi e affondando le radici in una memoria collettiva e antichissima, sono capaci di muovere non solo il vissuto di un singolo, ma anche di un gruppo ampio e unitario. Gli aborigeni sono sensibili in modo innato al canto, quindi la poesia è per loro congeniale. La terra è stata riempita di impronte di antenati creatori e delle leggi che la governano. Il sogno e il canto sono gli strumenti per “leggere” il mondo. Tutto in forma orale, per centinaia di anni il passaparola è stato il canale e il messaggio uniti. Poi la scrittura ha salvato le storie delle comunità indigene. Ma si percepisce ancora l'origine orale di questa scrittura poetica.

Accostarsi a questi versi è semplice, perché il messaggio che portano è scritto in modo piano, ma il significato di ciò che è raccontato ha un peso specifico davvero ingente. Il contesto culturale poi è molto distante dalle tradizioni europee e necessita di una conoscenza almeno essenziale dei caratteri storico-culturali in cui la poesia aborigena nasce e vive. Eppure è una poesia capace di essere fraterna e generosa, come una mano che ti stringe e ti porta a vedere i luoghi più significativi per lei: una “geocardia” cui sarebbe bello partecipare proprio in Australia, insieme ai superstiti della tribù che continuano l’opera di Oogderoo Noonucaal, coi loro canti e le loro poesie.

In questa raccolta, ecopoesia equivale a immersione nei tronchi, nelle corolle, nelle pellicce, nelle viscere, ma anche nelle rughe della pelle di chi ha patito espropriazioni, esclusione e violenza mortale. Ecopoesia qui significa natura madre sempre gravida di esseri umani che nascono; non esiste la lirica cui siamo abituati, in cui gli elementi del paesaggio sono descritti a sé stante; tutto è continuamente legato alla vita degli aborigeni e dei colonizzatori. Con tutti gli abusi che l’uomo bianco ha portato. E non si può scindere una ferita alla natura da un taglio ad un corpo umano. Il senso di unità che questo popolo Noonuccal ha coi luoghi di abitazione, tiene la poesia sempre dentro la vita e mai in una teoria letteraria. Erba è parola, zampa è gamba, danza è composizione d’arte. Una ricchezza da custodire nella lettura e nella vita; come nel celebre Municipal Gum:

Eucalipto nella strada di città,
Duro bitume intorno ai tuoi piedi,
Staresti meglio
Nel mondo fresco di rigogliose sale di boscaglie
E richiami di uccelli.

My people. La mia gente, di Oogderoo Noonuccal, a cura di Margherita Zanoletti, con un testo di Alexis Wright, Mimesis, 2021

 


 

giacomo nucciGiacomo Nucci insegna lettere alla scuola secondaria di 1° grado dopo la laurea in Lettere Classiche in Statale di Milano. Dal 2009 fa teatro e dal 2013 teatro-poesia, sotto la guida di Dome Bulfaro. Ha pubblicato una raccolta di poesie, Sabbie e sorgenti, nel 2013 con Steber Edizioni. Dal 2017 è membro del gruppo editoriale e di ricerca Millegru, con cui ha pubblicato Così va molto meglio. Nuove pratiche di Poetry Therapy e con cui pratica poesia ad alta voce, laboratori per bimbi, massaggio poetico con donne incinte e con adulti.
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