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L’incontro con Gary Snyder e il suo “mondo poroso” che, come dice Giuseppe Moretti, non è altro che il mondo di oggi, in cui non è possibile scindere urbano e rurale, selvatico e coltivato, naturale e umano.

Gary Snyder è un saggista e poeta statunitense, buddista laico, amico di Allen Ginsberg ha fatto parte della beat generation e dell’ambiente della controcultura degli anni ’60. Ha vinto il Pulitzer per la poesia e ha scritto diversi saggi pubblicati in tutto il mondo. La sua ricerca è incentrata sul rapporto tra uomo e natura ed è tra i fondatori del bioregionalismo e dell’ecologia profonda. Nell’introduzione a Nel mondo poroso, Snyder viene così presentato: ha “percorso boschi e foreste, meditato sulle condizioni dell’umanità, lavorato come boscaiolo per pagarsi gli studi sulle culture indigene della terra, scoperto la spiritualità e passato una decina d’anni in un monastero in Giappone a studiare buddhismo zen”[1].

In Italia sono stati tradotti numerosi suoi testi, i più recenti: Nel mondo poroso (Mimesis, 2013) e Questo istante presente (Jouvence, 2017), entrambi a cura di Giuseppe Moretti. Dal 1992 è redattore della newsletter “Lato Selvatico” e membro fondatore di “Sentiero Bioregionale”.

Qui vi racconto il mio incontro con Il mondo poroso, che non è altro che il mondo di oggi, cioè un luogo, come spiega bene Moretti nell’introduzione al libro, in cui non è possibile scindere urbano e rurale, selvatico e coltivato, naturale e umano. Tutto si compenetra e si influenza e, come insegnano gli antichi e le civiltà orientali, di cui Snyder è esperto conoscitore, gli elementi dell’universo si parlano in un dialogo continuo che anche noi esseri umani siamo chiamati ad ascoltare.

Il libro, come evidenziato dal sottotitolo, raccoglie saggi e interviste che riguardano luogo, mente e wilderness. Sono queste le tre parole che rimandano ai concetti chiave cui ruota intorno il suo pensiero e a queste tre parole mi sento di dire che potremmo aggiungere ri-abitare, ecologia e primitivo.

Ho conosciuto da poco Gary Snyder perché uno dei suoi libri è citato in un testo ricco di spunti che ho letto lo scorso anno riguardo a meditazione e scrittura[2]. Da quando ho iniziato a cercare e leggere i suoi libri ho trovato la sua scrittura affascinante e i temi che tratta attuali e di grande interesse. Lo sguardo con cui osserva le cose è curioso e aperto, teorico ma allo stesso tempo concreto e pratico. La sua penna si abbandona a una scrittura autentica, sincera ma anche illuminata e sapiente, propria di chi ha fatto della ricerca una scelta di vita, di chi pratica la meditazione, ha conosciuto lo sciamanesimo, ha vissuto nei boschi e respira la rivelazione dell’istante presente.

Prenderò in considerazione alcuni degli aspetti trattati da Snyder in riferimento a scrittura e natura e poesia e primitivo, invitandovi alla lettura del libro per approfondire altre tematiche come il bioregionalismo, l’etnopoetica e il ri-abitare. Nel suo saggio Poesia e primitivo, Snyder cita Claude Lévy Strauss e ci dice che l’arte e la poesia sono frutti del pensiero selvatico, quel pensiero selvaggio che si differenzia fortemente dal pensiero coltivato e domato. Il pensiero selvatico è un pensiero libero, che ha origini antiche come la musica, la danza e la filosofia e porta liberazione, realizzazione e guarigione spirituale. Racconta poi di come l’uomo sia uno splendido animale e di come nelle diverse epoche e civiltà antiche i poeti abbiano sempre cercato il rapporto con la natura e gli animali. Quello che li ha da sempre interessati è andare oltre l’ego e la società e per poterlo fare si sono mossi con un movimento verso l’interno e dunque verso l’inconscio e un movimento verso l’esterno e cioè verso la wilderness. La poesia è dunque in grado di trovare un punto d’incontro tra l’uomo e il mondo e quel punto risiede nella poesia stessa. Com’è descritto il poeta in questo bellissimo saggio che Snyder ha scritto ormai quarant’anni fa? Dice Snyder: “Il poeta-sciamano non è altro che un uomo la cui mente capta con facilità ogni dimensione della forma e dell’essere in sé e negli altri, è un uomo in grado di cantare i sogni”[3]. Riguardo alla Musa ispiratrice: “La musa è qualunque cosa diversa da noi che ci tocca e ci muove. Che sia una catena di montagne, un gruppo di persone, la stella del mattino o un generatore diesel. Irrompe attraverso la barriera dell’ego.”[4] Poco più avanti inoltre Snyder, in un passaggio davvero prezioso, sottolinea come la poesia sia identificabile con la voce che esce come vibrazione e suono quando respiriamo durante la fase di espirazione. La voce nella tradizione indiana è una Dea, chiamata Vak o anche Sarasvati (colei che scorre), cavalca un pavone ed è vestita di bianco. È la moglie di Brahma ed è la Dea della voce che risiede in ognuno di noi come specchio della nostra natura più profonda.

La poesia, inoltre, è connessa al primitivo, se consideriamo l’uomo primitivo come colui che vive la natura come qualcosa di autentico, che ha con lei un rapporto privilegiato e si considera parte della natura stessa insieme alle piante, agli animali, a tutti gli elementi. Snyder cita l’antropologo Diamond quando dice che è necessario “trascendere i limiti del primitivo” e allora la nostra civiltà industrializzata, basata su profitto e scienza, deve imparare a recuperare il primitivo, integrare il suo sapere e fare proprio il suo desiderio di unire interiorità ed esteriorità, volgendo verso la Trasformazione.

Nel saggio Scrittura innaturale, Snyder mette in luce ancora una volta cosa significa vivere nel selvatico e racconta come selvatico non sia abitare nel bosco, mangiare bacche e stare al sole, ma sia piuttosto un modo di vivere e vedere la realtà che si collega a una’ ecologia del profondo, al “lato oscuro delle cose”. E l’arte del selvatico consiste in un processo di “svelamento del caos, un modo di scoprire la grana delle cose”[5].

Si può portare avanti una scrittura sulla natura che non è una scrittura che abbia come contenuto le piante, gli scoiattoli o gli orsi; la poesia naturale può parlare di città, sporcizia e distributori di benzina, ma ciò che conta è che la creatività peschi nella selvaticità che dona libertà e che questa libertà esista come “abilità di vivere nel mondo fisico e reale di ogni giorno e di ogni momento, in modo totale e completo”[6].

Questa terra viva che scorre
è tutto quel che c’è, per sempre
Noi siamo lei
lei canta attraverso noi [7]

 

[1] G. Snyder, Nel mondo poroso, Milano-Udine, Mimesis, 2012, pag. 8

[2] N. Cinotti, Meditazione e scrittura, collana Quaderni di meditazione del Corriere della Sera, Milano, 2020

[3] G. Snyder, Nel mondo poroso, Milano-Udine, Mimesis, 2012, pag. 119

[4] Ibidem, pag. 121

[5] Ibidem, pag. 72

[6] Ibidem, pag. 74

[7] Ibidem, pag. 137

 


 

sara rossettiSara Elena Rossetti insegna lingua e civiltà inglese a Sesto San Giovanni. Si è occupata della traduzione di poesie di Christina Rossetti (Edizioni San Marco dei Giustiniani e GalassiaArte) e di Andrea Inglese (Patrician Press). Ha pubblicato una raccolta di poesie (Patrician Press) e alcuni aforismi con Edizioni Pulcinoelefante. Ha lavorato con la compagnia teatrale Favola di Mattoni e ora frequenta il corso di teatropoesia e fa parte del Coro DiVerso diretto da Dome Bulfaro.
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