Alla ricerca di un’educazione alla finitudine, che dia più valore a ogni singolo giorno e istante, la comunità di Poetry Therapy Italia intende coltivare un lessico sapiente del lutto, della perdita e della vita/morte. Ogni articolo di questo numero mostra quanto sia difficile e complesso trasformare un lutto in luce, tuttavia, dimostra, con vividezza che sì, se usata con sapienza e professionalità, “la poesia può trasformare il lutto in luce”.
Tra le macerie,
com’è chiara,
l’acqua invernale!
Kakiō (1913-1969)
Malgrado il massaggio cardiaco lo abbia compiuto con tempestività e nel migliore dei modi, il cuore di quell’uomo che aveva appena fatto un incidente stradale ha cessato di battere sotto i miei palmi. I malati terminali che, in hospice, ho avuto l’onore di accompagnare a fine vita, nel ruolo di poeta volontario, non sono rimasti vivi, malgrado tutti avessero offerto la massima cura e professionalità: dottori, infermieri, psicologi, operatori di supporto h24, assistenti sociali, assistenti spirituali e volontari. Non siamo dei Salvator mundi, né supereroi, né immortali. Siamo esseri umani, ovvero, esseri mortali. Finiti, almeno sul piano fisico. Infiniti, sul piano energetico.
Razionalmente apprendiamo ben presto che anche i più bei fiori sfioriscono, che non c’è fiocco di neve che possa evitare di sciogliersi al sole, né montagna che non si eroda. Razionalmente lo sappiamo ma, irrazionalmente, non lo accettiamo oppure lo accettiamo, ma solo in parte: anche il cuore più tenero ha in sé sempre pezzi induriti da masticare e addolcire.
Ci sono epoche dove la relazione intricata con la morte lascia più facilmente filtrare la luce del sole e altre epoche, come la nostra, in cui la relazione con la morte è così accecante, che viene emarginata, quando non viene totalmente esclusa.
Ci sono età nella vita di un essere umano in cui, solitamente, il pensiero della morte resta un miraggio (l’infanzia), o un’ombra in lontananza (l’adolescenza) ed età in cui la morte te la senti sempre più un vestito che coincide con la tua pelle (la vecchiaia).
Eppure, la Cultura della morte/vita, nel rispetto delle differenze di ogni creatura vivente/morente e dei gradi di difficoltà che ogni essere umano nella propria epoca ha dovuto, deve e dovrà affrontare, è un terreno comune a tutta la nostra specie, che andrebbe sempre coltivato e mantenuto da tutti gli esseri umani come il più rigoglioso dei giardini.
Affinché ciò accada, occorre coltivare una educazione alla finitudine per dare più valore a ogni singola vita, ogni singolo giorno, ogni singolo istante; occorre, di conseguenza, coltivare un lessico sapiente (logico-sentimentale) del lutto, della perdita e della vita/morte; occorre smettere di separare la vita dalla morte e caricare la morte solo di negatività, collocando nella giusta misura la relazione indissolubile tra vita/morte all’interno del processo di nascita e morte di un corpo fisico o di un’esperienza psichica.
Gli articoli che compongono il presente numero 11 e il prossimo numero 12 di Poetry Therapy Italia navigano verso queste terre. Si coagulano rispettivamente intorno a due domande: “La poesia può trasformare il lutto in luce?” e “La poesia può trasformare la morte in fiori?” Si tratta di due numeri concepiti e legati insieme da una redazione cresciuta in quantità e qualità, arricchita ulteriormente dalla costituzione di un Comitato Scientifico.
In questo numero ci siamo focalizzati principalmente sul lutto e sulla perdita in termini psichici, metaforici e simbolici, mentre il numero che uscirà tra due mesi circa lo abbiamo sviluppato principalmente intorno alla morte fisica e il fine vita, anche tragico. In entrambi i casi abbiamo operato approfondendo quanto sta accadendo in Italia, senza rinunciare però a un allargamento di sguardo internazionale.
La vasta letteratura che tratta il tema della salvezza dalla morte, terrena o spirituale, prevede che l’eroe/messia salvi con il proprio sacrificio un'intera comunità, un intero popolo, la madre patria, il mondo. Questo è il viaggio canonico dell’eroe salvatore, “l’agnello che toglie i peccati del mondo”.
Ben più rare sono le storie in cui un’intera comunità si prodiga per aiutare o ritrovare una sola persona smarrita, non perché dalla salvezza di quella singola persona dipenderà la salvezza di tante persone/dell’umanità, ma semplicemente perché per il principio del “non uno di meno” (come ci ha insegnato l’omonimo film del 1999 di Zhang Yimou), ogni essere umano, così come ogni creatura, dovrebbe essere considerata come il più raro dei fiori su questa terra. Così accade nei migliori hospice o nei reparti di terapia intensiva e in tutti quei luoghi di cura in cui il Regno dei morti e il Regno dei vivi sconfinano con evidenza l’uno nell’altro.
Esiste però una terza diversa via di narrazione salvifica: quella operata da un gruppo per un altro gruppo. Né uno per tutti, né tutti per uno, ma la storia di un drappello di esseri umani, molti dei quali professionisti della cura che, mettendo a disposizione con generosità e gratuità (Bonacina) tutte le loro diverse e complementari competenze, fanno squadra per aiutare (senza la pretesa di salvare nessuno) persone di qualunque età che probabilmente non conosceranno mai. Il gruppo poetico di Mille Gru e la redazione di “Poetry Therapy Italia” percorrono e aprono, pionieristicamente, questa terza via; questo numero e il prossimo crediamo ne rappresentino una doppia vigorosa testimonianza.
“Lutto” e “luce” sono due parole che nascono dalla stessa sillaba, “lu”, che termina con la più chiusa e viscerale delle vocali. Ogni articolo di questo numero mostra quanto sia difficile e complesso trasformare un lutto in luce, tuttavia, dimostra con vividezza che sì, se usata con sapienza e professionalità, “la poesia può trasformare il lutto in luce”.
Mi congedo con una mia libera riscrittura della nota “Preghiera della Gestalt” di Fritz Perls, padre della Psicoterapia della Gestalt:
Io vivo/muoio.
Noi viviamo/muoriamo.
Ogni istante.
Contemporaneamente.
Inseparabilmente.
Io e Noi non siamo al mondo per soddisfare i nostri bisogni.
Io e Noi non siamo al mondo per soddisfare i nostri desideri.
Siamo arrivati nella casa fatta nostra che non avevamo niente.
Torneremo sfatti nella nostra casa che non avremo niente.
Dovessimo incontrarci qui e ora e sarà bellissimo.
Altrimenti Io attenderò in ascolto il tempo del susino in fiore.
Noi attenderemo in ascolto il tempo dell'inverno in fiore.
Allora ci vivremo/moriremo qui e ora e sarà bellissimo,
mentre il fiore si sfa si scuce, sentire come il lutto si fa luce.
Bibliografia
Arena Leonardo Vittorio (a cura di), Haiku. Duecento haiku dei più rappresentativi poeti giapponesi, Rizzoli, Milano, 1995
Perls F., Hefferline R., Goodman P., Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality, Julian Press, New York N. Y., 1951 (trad. it. La terapia della Gestalt: eccitamento e accrescimento nella personalità umana; Casa Ed. Astrolabio, Roma, 1971).
Sitografia
Bonacina Riccardo www.vita.it
Filmografia
Yimou Zhang, Non uno di meno (一個都不能少T, 一个都不能少S, yí ge dōu bù néng shǎo), 1999.
Dome Bulfaro (1971), poeta, esperto di poesiaterapia, si dedica alla poesia (di cui sente un servitore) ogni giorno dell’anno. È tra i più attivi e decisivi nel divulgare e promuovere la poesia performativa; ed è il principale divulgatore in Italia della poetry therapy/poesiaterapia. Dal 2021 è docente di Poesiaterapia e Lettura espressiva poetica presso l’Università degli Studi di Verona, nel pionieristico Master in Biblioterapia. Nel 2013 ha ideato e fondato con C. Sinicco e M. Ponte la LIPS - Lega Italiana Poetry slam. Nel 2023, ha ideato e fondato con M. Dalla Valle. P. M. Manzalini e I. Monge la BIPO - Associazione Italiana Biblioterapia e Poesiaterapia, prima associazione di categoria. Ha fondato e dirige Poetry therapy Italia (2020), rivista di riferimento della Poesiaterapia italiana. Ha fondato e dirige (con Simona Cesana) PoesiaPresente – Scuola di Poesia (2020) performativa, scrittura poetica e poesiaterapia. www.domebulfaro.com
(Foto Dino Ignani)
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