Poetry Therapy Italia

15 011 nucci

 

Dopo ventitré anni, Patrizia Gioia rilegge con delicato trasporto i versi che l’hanno aiutata a superare una relazione d’amore chiusa traumaticamente. “Ognuno di noi, davanti a simili parole, ha naturalmente reazioni differenti. La mia è stata, come anche altre volte precedenti di fronte a momenti prepotentemente spiazzanti, la stessa che ha un gatto in mezzo alla strada accecato dai fari di un’automobile”.

Sono le parole di un io / che si è trovato sull’estrema frontiera dell’individualità / dove ha rischiato di essere cancellato come un’orma sulla sabbia / e di diventare nessuno.

Con queste parole prese inizio ventitré anni fa l’attraversamento di un dolore, quei dolori che possiamo chiamare “piccole morti” e che, se non attraversati, trasformati e integrati rischiano davvero di far diventare una delle nostre tante parti “nessuna”, esiliandola. E si sa che tutto ciò che lasciamo dietro alle spalle torna chiedendoci di pagare un prezzo ben più alto.
Avevo allora 52 anni e un mattino, uno uguale a molti, il mio compagno dice lapidariamente:

– Da domani io non ci sarò più –.

Ognuno di noi, davanti a simili parole, ha naturalmente reazioni differenti. La mia è stata, come anche altre volte precedenti di fronte a momenti prepotentemente spiazzanti, la stessa che ha un gatto in mezzo alla strada accecato dai fari di un’automobile. Come un gatto sono stata ferma e zitta, come ipnotizzata e impossibilitata a qualsiasi parola e movimento. Avevo fatto in precedenza esperienza di molte altre “morti”: piccole, come un tradimento, un abbandono, una forte delusione, e grandi, la morte delle persone più amate, ma ogni volta “la morte” ci trova impreparati, è un’irruzione che squassa la vita e ci mette di fronte al nuovo.
E si sa che il nuovo elimina tutte le certezze accumulate che, paradossalmente, è anche la catena che ci tiene ancorati al vecchio. Come scrive, sul momento storico che stiamo attraversando, un saggio del nostro tempo, Raimon Panikkar: “il bisogno umano di certezze si è trasformato in patologia di sicurezza”. E in “patologia” potrebbe trasformarsi anche il nuovo irrotto nella nostra vita, se non accolto e ascoltato.

… si / ho fatto cose / che non si dovevan fare / ma non ti avrei mai lasciato / come hai fatto tu e per sempre una mattina / chiudendo piano / e salutando come si saluta un professore /
… dove io credevo avessi il cuore / si / c’era il fuoco /ma per incendiare tutto / e fino in fondo il nostro amore /
… c’è un gesto che non so più fare / quell’alzare piano il viso / sino all’azzurro di altri occhi chiari / è un gesto che non so più fare / spaventata dal tradimento del tuo sguardo che credevo chiaro /

Così ho ascoltato per molto tempo il dolore che sentivo e che mi parlava. Nessuna accusa né per l’altro né per me; il dolore più grande era stato il silenzio dell’altro, l’essere andato via senza alcuna parola, senza poter farmi comprendere il perché di quella fine.
Il dialogo senza l’altro è impossibile, ma il dialogo può continuare con la nostra patria interiore, occorre una grande onestà e sincerità, guardarsi e dirsele tutte le verità con tutte le luci e le ombre. E si scoprono cose nuove, si può prendere coscienza di tutti i nostri atti mancati, delle nostre incapacità di ascolto, e accettare anche di saper amare poco e male, noi stessi e l’altro.

Scrive ad Auschwitz, circostanza tra le più indicibili, Etty Hillesum: “siamo tutti dei poveri diavoli.”
Si, il lavoro dentro mi ha portato a vedere che l’altro non è mai stato nemico: “l’amore al nemico rende vulnerabile il nemico, ma rende vulnerabile anche me”, scrive ancora il saggio Panikkar.

A poco a poco, poesia dopo poesia, l’incontro con noi stessi acquieta e attraverso la feritoia della ferita si torna a vedere la luce, più vulnerabili e paradossalmente più forti e coraggiosi.

… gli occhi / aprirli / come il primo sguardo incredulo del sole / per ritrovare nell’incerto gesto del lasciar cadere / dove la vita vive /

Che cosa provo a rileggere, dopo 23 anni, quello che avevo scritto? Quante altre cose sono accadute? Certamente molte, e ognuna è stata fortificata dalla precedente attraversata. L’età ha il valore dell’esperienza.
Col senno di oggi mi sarei certamente comportata diversamente, non solo nel modo di stare di fronte all’abbandono, ma anche nella scelta della persona con cui condividere la vita.

… ricominciamo ancora / da quel tavolino in ombra / un gelato alla crema / e intorno il mondo/
… cercherò altre strade / userò mappe di tesori antichi / altri fiori / altre stelle / piccole cose/
… è spazio / tra noi due / l’amore da trovare /
… e senza tradimento alcuno / occhi diversi / vedranno ancora l’alba /

Sì, “senza tradimento alcuno” di noi stessi. Ci siamo conosciuti un po’ di più.
Abbiamo, grazie a questo dolore, scavato più in profondità, “scavar profondo, come chi cerca un tesoro” scrive Saba.
Non ci siamo traditi, ma una nuova traduzione è nata da noi, in relazione col nuovo mondo che abbiamo potuto incontrare.
La solitudine è la nostra vera Maestra; è nel suo silenzio, nella lontananza dal conosciuto che possiamo aprire sconosciuti orizzonti e dare nuovi nomi a quel che credevamo morto.
L’altro, che si è rivelato fonte di Conoscenza, ci ha messo di fronte anche all’Amore.
L’energia che abbiamo ripulita è più luce e io posso osare di più perché ho relativizzato l’Io e l’ho messo in relazione col mondo e con l’invisibile.
Le tre dimensioni dell’umano (l’intuizione panikkariana della “realtà cosmoteandrica”) sono ora distinguibili, ma non separabili e… danzo in un ritmo d’armonia.

Ogni volta da ritrovare.

 


 

azzurra d agostinoPatrizia Gioia, designer e poetessa, cofondatrice di Mille Gru (2006), è responsabile del settore arte e cultura di Fondazione Arbor, che ha avuto come primo presidente Raimon Panikkar. Opera per diffondere il dialogo inter/intra culturale e religioso, organizzando giornate di lavoro e incontro con studiosi di fama mondiale. Membro di ARPA ( Associazione per la Ricerca in Psicologia Analitica ) scrive libri di poesia e articoli per riviste e giornali web, rivitalizzando il pensiero mistico simbolico al crocevia tra oriente e occidente. Nel 2000 fonda SpazioStudio13 a Milano, luogo di incontro e confronto.
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