Poetry Therapy Italia

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Annalisa Maggiani, apre l’articolo con una riflessione introduttiva a partire dal libro Danza con la Morte: accompagnamento danzaterapeutico dopo un caso di morte di Dorothée Lentz, e successivamente approfondisce il rapporto tra “danzaterapia e lutto” intervistando l’autrice.

 

– Intervista di Annalisa Maggiani a Dorothée Lentz –
Articolo a cura di Valentina Giordano

 Il libro di Dorothée Lentz Danza con la Morte: accompagnamento danzaterapeutico dopo un caso di morte (Tanz mit dem Tod: Tanztherapeutische Begleitung nach einem Todesfall, Logos Verlag, 2011, Berlin), indaga attraverso un approccio fenomenologico, le conseguenze di un lutto presso chi rimane. Il Corpo detiene qui il centro focale, specialmente la pelle.
Poiché la danza in questa sede è intesa primariamente come “movimento della pelle”, con questa ricerca Lentz vuole dimostrare che un accompagnamento terapeutico basato sul movimento, la danza e momenti di ritualità siano in grado di bloccare le conseguenze patologiche che possono seguire l’attraversamento di un lutto.

Lo studio è accompagnato da uno sguardo storico ed etnologico sul legame tra Danza e Morte e sulle modalità della società contemporanea nel relazionarsi con la morte e il lutto. L’essere umano, infatti, ha da sempre sentito di poter sostenere il momento della perdita attraverso la danza e l’utilizzo di rituali. Nella nostra epoca, invece, la morte e il lutto vengono cancellati, in un tempo di eterna giovinezza, bellezza, salute, corsa alla perfezione.
Nella scena performativa contemporanea, però, la danza Butoh, arte d’avanguardia contemporanea che ha le sue origini in Giappone, si è da sempre confrontata con la morte. La sua nascita coincide con il periodo seguente alle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Si tratta di una danza che rivive, nella ribellione del corpo, la distruzione e la rinascita. Per Kazuo Ono, uno dei fondatori della Danza Butoh, la morte è un tema fondamentale: infatti attraverso questa spesso si incontrano gli antenati, le persone morte. La danza Butoh ha ispirato anche Dorothée Lentz, che nel libro ci porta la testimonianza di esperienze di Danza-Movimento-Terapia, che dimostrano come questa disciplina possa essere un valido sostegno per le persone che stanno attraversando un lutto.

Il dolore per la perdita di una persona cara lascia spesso senza parole. Chi è in lutto non ha parole. Si immerge in uno spazio senza parole. Lo spazio del lutto ha quindi molto in comune con lo spazio della danza. I danzatori e le danzatrici si muovono, ma non pronunciano parole. Il dolore e la danza sono senza parole. Grazie a questo, il lutto può essere raccolto attraverso la danza dove trova ‘casa’, in quanto ‘perso nello spazio’. (D. Lentz, 2011)
Dopo una morte è proprio il corpo a dominare l’esperienza del lutto attraverso i sintomi più diversi. Infatti, si parla spesso di psicosomatica del lutto. Ad esempio, durante il processo del lutto la pelle cambia e spesso viene percepita come lacerata. In questo studio si è prestata particolare attenzione a questa pelle.
La pelle è stata qui considerata nella sua interazione corporea: come confine del corpo umano, che può essere permeabile ma anche impenetrabile, come superficie di contatto con altre persone, come luogo d’amore, come possibilità di connessione e come luogo in cui si creano coperture protettive immaginarie. È stato indagato in particolare il significato di questi involucri per la costituzione dell’Io e per l’esperienza della collettività. (D. Lentz, 2011)

In questo contesto la danza è intesa come un’esperienza cutanea sia a livello simbolico che “concreto” in cui la pelle è sempre coinvolta: la pelle si sente, la pelle entra in contatto, la vecchia pelle può essere lasciata e quella nuova può essere danzata. Così come il serpente si libera della sua pelle e si rinnova, anche il lutto e la sua elaborazione si preoccupano di creare una nuova pelle e di liberarsi da quella vecchia.

Di seguito possiamo leggere alcune riflessioni da un’intervista-dialogo tra me AM e l’autrice del libro DL.

AM: Perché un libro sulla morte e il lutto?

DL: Questo tema mi è arrivato. Molte persone che erano in lutto sono venute da me in quanto danza-movimento-terapeuta. Ho cercato di lavorare su un cambiamento che portasse all’elaborazione del lutto attraverso la danzaterapia e ho appurato che effettivamente può essere d’aiuto.

AM: Come hai fatto ricerca, a livello teorico, su questo tema?

DL: Ho ricercato nella storia e ho visto che le persone hanno sempre danzato per elaborare il lutto: i messicani, gli egiziani, ma anche nella nostra antica cultura è successo. Per esempio nel medioevo in Slesia, in Turingia si danzava con i demoni, con la morte.

AM: Questo libro contiene una parte fenomenologica, che attinge alla tua esperienza molto ampia e interessante, puoi fare qualche esempio?

DL: I Fenomeni corporei che avevo osservato erano spesso gli stessi: – Non posso muovermi – Non ho piú pelle – Pietrificazione – Mancanza di parole – Blocco della percezione del flusso vitale. E poi la Pelle. Ho constatato che queste persone si sentivano senza pelle, la pelle ci separa in un certo modo, crea un confine. Didier Anzieu (cfr. Didier Anzieu, L’Io-pelle, Cortina, 2017, Milano) sostiene che il nostro Io sia aiutato dalla pelle: sono Io perché sono toccato sulla pelle. Le persone in lutto si vorrebbero togliere la pelle e credo sia una reazione naturale per togliere il confine e poter rivedere i propri morti. Come danza-movimento-terapeuta credo che ognuno debba stare nel proprio processo, ho cominciato da questa sensazione di non avere pelle dove il contenitore immaginario viene perduto. Sintomi sono anche i giramenti di testa, lo spazio che perde i propri confini.
Punto centrale è stato allora quello di riattivare i propri confini: per questo il lavoro con il corpo e la danza è importante.

AM: Ma come posso fare per percepire di nuovo lo spazio, per riattivare i miei confini? Il punto è, allora, riportare la persona in lutto nel proprio corpo, nel proprio spazio e tempo?

DL: Sì, anche nel Tempo desidero riportarlo, di nuovo nel presente. Sono catturati nel passato.

AM: Allora con un lavoro sullo Spazio possiamo riattivare indirettamente i confini, poi a livello corporeo il grounding ci dà il senso di essere vivi su questa terra, con un peso e radicamento diamo un sostegno alla nostra storia se pur in pezzi, possiamo strutturare lo spazio di nuovo, con un sotto, un sopra, un avanti e un “in-dietro”. Se pensi a questa ultima frase, la puoi mettere in relazione al lavoro sul Tempo?

DL: Sì, divido il passato dal presente: è parte fondamentale di questo processo. Attraverso il rituale il tempo e lo spazio vengono sempre divisi con azioni corporee e simboli, e i simboli sono spesso oggetti transizionali, oggetti in relazione con la persona morta. Il punto è creare una transizione.

AM: Puoi farci un esempio di un rituale che usi?

DL: No, perché la mia idea è che ognuno crei i propri rituali e che questi poi siano raccolti e sostenuti nel setting danza-terapeutico.

AM: Hai forse allora voglia di raccontarci un rituale che hai usato con una persona o un gruppo scaturito da questo processo?

DL: Sì, per esempio trovare un luogo sicuro per la persona morta in uno dei 4 elementi e lì offrire un regalo di congedo, di Addio. Una volta trovato un simbolo per la persona morta glielo si può offrire in contatto con uno dei 4 elementi, mettendolo nel fuoco, nella terra, può essere fatto volare, o lo si può far trasportare dall’acqua.

AM: Quello che tu hai performato nella tua presentazione del libro era un rituale per elaborare il lutto?

DL: Sì, ho messo un morto simbolico su un letto con una maschera. Con il movimento e le carezze gli ho mostrato il mio affetto come regalo di congedo, con una corda blu ho “segnato” nello spazio in modo simbolico la connessione con lui (ricordo-connessione), ho danzato il ricordo ponendolo su un piano simbolico, poi ho potuto dividere lo spazio con una corda rossa. Nel mio spazio Nuovo, potevo spogliarmi della pelle che avevo quando c’era ancora la persona morta, della pelle comune – Atto simbolico – e ho indossato una nuova pelle – con dei foulard di nuovi colori.

AM: Nella Performance di presentazione del tuo lavoro è chiaro, allora, il lavoro con lo Spazio e il Tempo.

DL: Sì, con la corda Blu ho creato una connessione su un altro livello, non piú corporeo ma spirituale, emotivo, di ricordo. Con la corda Rossa ho diviso anche spazialmente la persona morta da me. Riavere un mio ordine spaziale perché possa tornare vita nel mio spazio.

AM: Hai lavorato spesso con Trauer-Gruppe (Gruppi composti da persone in lutto), cosa hai notato?

DL: Il gruppo è importante. Non si è da soli, ti puoi rispecchiare nel dolore dell’altro, puoi vivere in modo collettivo la tua esperienza della morte.

All’inizio non ci sono sentimenti, parole, movimento, allora è importante poter urlare, gridare, allora arrivano le parole.

AM Con il grido è come lacerare un confine che si è creato troppo presto, un confine che in realtà è una reazione traumatica, pietrificando, non lasciando possibilità di connessione, con il grido è come rientrare in contatto con lo spazio e il tempo… e la pelle.

DL: È importante all’inizio sfregarsi la pelle, poi arriva il movimento. Spesso i pazienti si fanno male alla pelle, per “sentire”. Nelle danze con la pelle abbiamo fatto tante danze di “torsione” per sentirsi, e poi la danza Butoh mi ha molto ispirata.

AM: Grazie, credo che abbiamo un’idea di quello che ci vuoi comunicare e soprattutto dell’importanza di trattare questo tema, questa situazione esistenziale da parte della danzaterapia. La nostra missione è creare luoghi in cui possano avere luogo quei rituali che un tempo erano assunti dalla collettivitá, dal paese, da ampi rituali di lutto, non scritti ma vissuti, ripetuti ogni volta, accolti dal collettivo, in cui si creava un luogo e un tempo per poi poter tornare al proprio spazio e tempo.

 

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Biografie

Dorothée Jansen (ex-Lentz) Danza-movimento-terapeuta, performer e autrice. Laureata in germanistica e filosofia, ha conseguito in seguito il dottorato in psicologia con la ricerca sulla relazione tra danza e morte. Ha lavorato per molti anni in ambito clinico e psicoterapeutico.

Annalisa Maggiani (Berlino-La Spezia) Psicologa, Danza-Movimento-Terapeuta Art Therapy Italiana-Supervisore APID (Associazione Italiana danzaterapia), laureata in Filosofia (Univ.Pisa), Master in Art Psychotherapist Godsmith College Univ. London, performer e danzatrice con preferenza il Butoh. Fondatrice di “Salutare”, prima Associazione italiana in Germania per la Salute mentale. È docente all’Accademia Campus Naturalis (Berlino, Lipsia, Amburgo). Svolge attività di ricerca nel campo della danza, della danzaterapia, il tema dell´embodiment ed eco-filosofia.

www.danzaterapia.eu