Benedetta Mazzilli, insegnante di scuola primaria, racconta di come, dopo il ritorno in classe in una situazione di normalità scolastica, a seguito di un periodo di eventi abbastanza problematici e traumatici che dovevano necessariamente essere affrontati e spiegati a bambini piccoli, sia stato necessario trovare e sperimentare modalità e tecniche per entrare in connessione e relazione, diventando facilitatrice di cura nel senso più ampio del termine, affermando l’importanza della poesiaterapia nei luoghi di apprendimento.
Sono un’insegnante di scuola primaria. Ho da poco concluso il ciclo probabilmente più complesso della mia carriera con tanti eventi abbastanza problematici da dover spiegare e affrontare con bambini così piccoli: lutti, l’assenza di figure genitoriali, il trasferimento improvviso di un compagno di classe a causa di una situazione familiare difficile, il perché delle guerre, l’isolamento a causa della pandemia. Siamo tornati in classe, in una situazione di normalità scolastica praticamente in quarta.
Il primo obiettivo, l’obiettivo cardine, per realizzare il processo di insegnamento-apprendimento, è certamente lo stato di benessere sia del discente, sia dell’insegnante. Sulla mia pelle è stato necessario trovare e sperimentare le modalità e le tecniche per entrare in relazione, in connessione, per diventare io stessa facilitatrice di cura, nel senso più ampio del termine.
Il fatto che sia stata l’insegnante d’italiano, inglese e arte, ha reso più immediato il mio compito, sempre e comunque collaborando con le altre colleghe.
Questo preambolo mi è sembrato opportuno per procedere, poi, con la condivisione di ciò che è accaduto e per affermare l’importanza della poesiaterapia nei luoghi di apprendimento attraverso interventi intenzionali.
Con intenzionalità non intendo solo la scelta dello strumento principale, la poesia, e di altre forme letterarie con una forte natura evocativa – racconto breve, stralci letterari da libri, albi illustrati, nonché aforismi, fumetti – che creano il connubio naturale tra la poesiaterapia e la biblioterapia; con intenzionalità intendo, anche, il costruire una professionalità in formazione continua, la mia, mirante a progettare e a mettere in pratica processi di cambiamento e di crescita personale.
Marzo 2020, lockdown, tutti a casa. Lavorare in sinergia e in piena collaborazione è fondamentale in un team. Fino a Natale, io e la collega di storia-geografia e scienze, anche dopo il periodo dell’accoglienza e dell’analisi della situazione di partenza, avevamo lavorato puntando all’acquisizione della letto-scrittura da parte dei bambini. Questo ci ha facilitato nel momento in cui la scuola non è stata più in presenza.
Come raggiungere le bambine e i bambini improvvisamente sradicati dall’aula? Come tranquillizzarli? Come rassicurare i genitori? Come continuare ad essere la loro maestra? Reinventarsi! Attraverso il digitale, certamente, continuando a garantire un ambiente sereno di apprendimento, nonostante la distanza.
Attraverso quali tecniche? Quali Metodi?
- La lettura di albi selezionati, la riscrittura di frasi che più li avevano colpiti, la riflessione breve sul testo ascoltato o sulla frase riprodotta. E poi l’arte, l’espressione artistica attraverso un approccio creato da Tina Festa, l’ideatrice del Metodo Caviardage®: gli Scarabocchi Zen®.[1]
- La Tecnica del Ricalco. Il ricalco, come scrive Sabina Minuto, “è una pratica didattica che consiste nello smontare un testo (poesia o brano in prosa breve) conoscerne la struttura e, quindi,
- rimodellare questa struttura sul nostro pensiero o sul nostro sentire”. Adoro questa tecnica, perché, come continua la Minuto, “ricalcare non è parafrasare: è un’operazione diversa che ti scioglie dagli impicci della sintassi che spesso sono “lacci”, ma ti aiuta a comprendere in profondità un autore”.[2]
Ma alle mie alunne e ai miei alunni che avevano allora 6/7 anni, quali testi proporre loro? Le filastrocche, altra forma di poesia e gli albi illustrati.
“Ai bambini piace giocare con le parole, con i suoni e si divertono a creare consonanze ed assonanze”.[3] Le ripetizioni delle filastrocche rassicurano con il loro “andare e ritornare”: ricordano il ritmo cardiaco, riportano al contatto corporeo dell’infanzia, alle ninne nanne, ricordano il ritmo del respiro.
Abbiamo “giocato” tanto con le parole, ricalcando poesie e filastrocche! Tanti esercizi di scrittura creativa: frasi e testi scritti utilizzando l’allitterazione o, ancora, utilizzando una tecnica, Hai-K’aizzare,[4] che consiste nel tagliare l’ultima o le ultime due parole dei versi di una poesia. Ma attenzione! Gli esercizi di scrittura creativa non sono poesiaterapia, non hanno come obiettivo il processo e la “cura” del paziente/cliente, in questo caso l’alunno/a.
- Cut up con il Metodo Caviardage® o liberamente ispirato ad esso. Era avvenuto uno strappo. I bambini avevano conosciuto lo strappo. Anche se così piccoli, il gesto di strappare o tagliare righe di testo per ottenere strisce dello stesso assumeva un significato simbolico; a loro volta le strisce erano strappate in più parti in modo casuale, facendo attenzione a non strappare le parole. Alcune volte ho assegnato io dei gruppi di parole (parole nome, parole azione, parole qualità): all’inizio la scelta è stata casuale da parte loro, pescavano a caso la parola dal gruppo di appartenenza; poi, si è passati, dopo aver disposto davanti a sé il “bottino” prezioso, alla parola che “ti chiama”.
- Scrittura automatica con cut up.
- Scrittura automatica e scelta di tre/quattro frasi dal proprio testo, riscrittura delle stesse secondo un nuovo ordine. Sempre liberamente.
La scrittura automatica o flusso di coscienza è un esercizio potente. Sia nei laboratori per bambini, sia in quelli destinati agli adulti, “scrivere di pancia”, di getto per pochi minuti, risulta un gesto liberatorio, un dialogo con la parte più profonda di sé, ma ad una condizione: il facilitatore/conduttore deve rassicurare il gruppo sul fatto che non sarà letto quel che da ciascuno verrà scritto. Questa rassicurazione abbatte ogni timore di essere sottoposti a giudizi. Il conduttore dà l’input: una frase sospesa, una domanda. Poi, parte la scrittura automatica.
- Il respiro e la connessione con il proprio sentire. Semplici esercizi di respirazione, ponendo attenzione all’atto dell’inspirare e dell’espirare o al battito del cuore, tranquillizzano e rilassano e predispongono meglio all’esperienza che si farà.
- Le figure retoriche, in particolare la similitudine, la metafora, l’analessi, la personificazione. Ogni slittamento di significato provoca una reazione a catena: stabilisce un accordo tra il mondo interiore e quello al di fuori.
- Lo storytelling e le fiabe capovolte, riviste, raccontate da diversi punti di vista: la narrazione rende gli eventi, anche quelli più dolorosi, rappresentabili e, quindi, attraversabili. Attraversando il bosco, il proprio bosco, si realizza in tale passaggio una sorta di processo d’iniziazione, ma è importante che i bambini abbiano accanto a sé un adulto, in questo caso l’insegnante, che abbia ben chiaro l’obiettivo che vuole raggiungere e che abbia considerato tutte le possibilità per evitare lo straripamento delle emozioni, rischiando di toccare ambiti più prettamente psicologici e, quindi, di non sua competenza.
- Il Metodo Caviardage® di Tina Festa. In quanto formatrice specializzata in tale metodologia, ho potuto più volte verificarne le molteplici potenzialità. Non si entra in classe dicendo - Oggi facciamo un Caviardage! -, ma ogni proposta è sempre frutto di una precisa progettazione. Condivido una delle esperienze, un laboratorio in classe quinta, sul tema del CAMBIAMENTO come evento naturale nella vita, come necessità e, a volte, come scelta, utilizzando la metamorfosi della farfalla come metafora dell'evoluzione e del mutamento del nostro essere. La farfalla “decide” di trasformarsi, di lanciarsi nella vita, consapevole della bellezza della sua fragilità e delle potenzialità delle sue ali.
Abbiamo visto un breve video in cui si assiste ai quattro stadi della trasformazione della farfalla. A questa visione è seguita la lettura di un brano di Hermann Hesse:
“La farfalla è qualcosa di particolare, non è un animale come gli altri, in fondo non è propriamente un animale ma solamente l’ultima, più elevata, festosa e vitalmente importante essenza di un animale. È la forma festosa, nuziale… di quell’animale che… era giacente crisalide e ancor prima affamato bruco. La farfalla non vive per cibarsi e invecchiare, vive solamente per amare e concepire e, per questo, è avvolta in un abito mirabile…
Tale significato della farfalla è stato avvertito in tutti i tempi e da tutti i popoli…
È un emblema sia dell’effimero, sia di ciò che dura in eterno… È un simbolo dell’anima…”
(Hermann Hesse)[5]
Dopo la lettura del testo, si è passati a creare un caviardage con la tecnica base su una pagina strappata da un libro da macero, seguendo il processo del Metodo. La condivisione della poesia, del pensiero emerso, è sempre libera, ma, per esperienza, alla fine, condividono tutti. In ognuno di loro emergeva la consapevolezza dell’imminente cambiamento, una sorta di ansia mista a curiosità per ciò che sarebbe accaduto nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria. Le parole nostalgia, gioco, ricordo, strada, trasformazione, mani, costruire, legame, sono state le più frequenti, pur operando tutte e tutti, naturalmente, su pagine diverse. La conversazione che ne è seguita ci ha dato la possibilità di riflettere sulla nostalgia, sul saper controllare la paura naturale di fronte alle novità e ai grandi cambiamenti, sull’amicizia. Anche i più timidi riescono, in questo tipo di attività, ad esprimere le proprie emozioni sentendosi “al sicuro” nello spazio protetto del gruppo.
La percezione di essere in uno spazio protetto è fondamentale in un laboratorio di Biblio/Poesiaterapia. Così facendo ogni partecipante, rassicurato, vive un’esperienza liberatoria, divertente nel senso che si discosta, diverte dalla quotidianità, per ritornare al termine dell’esperienza, più arricchito/a, in uno stato di benessere sicuramente incrementato.
Il laboratorio sulla maschera (era il periodo di Carnevale!) è esplicativo di ciò che ho appena affermato.
Ho invitato i bambini a portare a scuola delle maschere di cartapesta bianche: la richiesta sarà apparsa naturale considerato il periodo dell’anno.
Nei giorni precedenti abbiamo riflettuto sul significato della maschera nella storia, nell’antica Grecia e nella Commedia dell’Arte.
L’attività è iniziata con la lettura e la riflessione di una frase di Oscar Wilde: “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”.
Certamente un capovolgimento del significato della maschera!
In seguito, ho invitato le bambine e i bambini ad indossare la loro maschera e, a turno, liberamente, a rappresentare in una scena, in coppia, un dialogo, improvvisando ed esprimendo il proprio sentire in quel momento. I più estroversi caratterialmente hanno immediatamente accolto la proposta, ma, in seguito, anche i più timidi si sono alzati e hanno drammatizzato. È stata una delle attività più significative dell’anno e molto ha rivelato del carattere e dello stato d’animo dei partecipanti. La maschera ha rappresentato una sorta di protezione, ma, allo stesso tempo, uno strumento di disvelamento, un mezzo attraverso il quale rivelare qualcosa di molto profondo fino a quel momento tenuto nascosto.
Una bambina: “Ho voglia di saltare! Non lo faccio mai, perché sono un po’ cicciottella”.
La compagna: “ Per me sei bellissima e tu non devi cambiare mai! Saltiamo insieme!”
La maschera, dopo, rimanendo sul proprio viso, è stata colorata dal/la compagno/a. La sorpresa di scoprire la propria maschera a colori, disegnata, è stata stupefacente!
E, in ultimo, quale sarà il messaggio della tua maschera? Osservandola e lasciandosi chiamare dalle parole (in classe, il nostro bottino di parole tagliate è diventato ricchissimo nel corso del tempo!), è nato il pensiero poetico, la poesia, libera, colorata, autentica.
La poesiaterapia offre un altro tipo di parola. La parola si discosta dall’uso procedurale ed informativo della comunicazione quotidiana, è in grado di educare, nel senso di portare fuori; è in grado di raccordare, come affermano le neuroscienze, più sistemi del nostro cervello, iniziando a generare una sorta di coerenza. “La poesia”, citando Erica Francesca Poli, “così ci cura. La poesia può diventare terapia e aiutarci a sentire profondamente noi stessi. E lo fa aiutandoci a svelare le realtà nascoste dentro di noi”.[6]
[1]Tina Festa, Corso di formazione in Scarabocchi ZEN da Tina | Ago 24, 2020 | Corsi, Scarabocchi ZEN https://tinafesta.com/corso-di-formazione-in-scarabocchi-zen/
[2] Sabina Minuto, Writing Reading Workshop: la potenza del ricalco Pubblicato in Occhiovolante, 22 maggio 2019 https://www.occhiovolante.it/2019/wrw-ricalco/
[3] La poesia bambina, di Benedetta Mazzilli, in Poetry Therapy Italia, numero 008, 11 luglio 2023
[4] Hai-K’aizzare, in Che sia poesia, Angela Malcangi, SECOP Edizioni, 2007, p 52.
[5] Hermann Hesse, Farfalle, Stampa Alternativa, 1993
[6] Erica Francesca Poli, Poiesis, Anima Edizioni, 2021, p 10
Laureata in Lingue e Letterature Straniere, insegna dal 1996 presso il 2° C.D. “N. Fornelli” di Corato (Bari), città in cui è nata. Dal 2021 è insegnante certificato del Metodo Caviardage® di Tina Festa. Master in Arti Terapie Integrate (Artedo), ha seguito corsi di poesia terapia, propedeutici alla pratica, della scuola PoesiaPresente e completato il Corso Base di Biblioterapia Italiana. Ha partecipato a corsi di poesia e di scrittura poetica presso Fenysia e Scuola Holden. Ha pubblicato alcune sue poesie per le collane Luci Sparse e Dantebus. Ama progettare e condurre laboratori esperienziali di scrittura poetica per adulti e bambini.