Voci di testimoni che ricordano il segno lasciato dal loro maestro elementare, protagonista di un “metodo” innovativo e ancora attuale e attuabile
Introduzione
Come il salmone che torna al luogo natìo per respirare l'acqua che gli ha dato vita, così mi sono messo in ricerca delle sorgenti dell'insegnamento di Enzo Bontempi, che dà il nome all'Istituto Comprensivo di Agrate Brianza (Monza e Brianza). Che fosse stato un maestro noto all'epoca – siamo negli anni Cinquanta del '900 – era risaputo a scuola e in paese, ma i dettagli sulla sua figura e sul suo metodo non erano e non sono così condivisi e diffusi. È iniziata così un'indagine a ritroso per capire quale fosse la cifra stilistica di quest'uomo che ha lasciato una traccia profonda nel progetto “L'INCONTRO, Artisti, poeti e alunni”, che conserva nei sotterranei della scuola un patrimonio notevolissimo in termini di opere artistiche.
Divenuto professore di ruolo ad Agrate, ho imparato da Dome Bulfaro, poeta, performers e artista e dal Gruppo DelleALi di Vimercate chi fosse Enzo Bontempi. Ho scoperto così che dal '57 al '63 il maestro scrisse – per mano dei bimbi delle sue classi – agli artisti e poeti vivi dell'epoca, affinché rispondessero e mandassero una loro opera autografa. E moltissimi risposero. La collezione oggi a scuola raccoglie 78 opere pittoriche e 26 testi poetici, da Fontana a Pomodoro, da Caproni a Sibilla Aleramo. Voleva che i piccoli di allora vedessero e respirassero l'arte dei grandi dell'epoca, perché la crescita umana è fatta sia dai libri dei maestri del passato, sia dalle opere vive e contemporanee di chi ci sta intorno.
Qui sotto ho raccolto le testimonianze di ex alunni e alunne del maestro Bontempi, per aprire uno squarcio sul suo “metodo”, sulle sue lezioni, sul suo stile di insegnamento.
Intervista con Paola Triches e Giuseppe Sala
Paola Triches, con Bontempi nel 1960-61, in classe mista, 5° elementare
Giuseppe Sala, con Bontempi nel 1961-62, in classe tutta maschile, 5° elementare
G.N.: vuoi raccontarci qualche episodio con Bontempi?
P. T.: più di tutto, ho in mente l'insieme della classe, perchè la cosa più significativa erano i quadri. Appena sono entrata in quella classe 5° ho visto tutti questi quadri moderni, che per me erano nuovi, ero ignorante e lui ci spiegava che questi autori ci mandavano le loro opere, non erano gli ultimi arrivati - Capogrossi e Rosai – e questi mi sono rimasti in mente: quella è stata la scelta più innovativa che fece. Lui come maestro era decisamente sopra gli altri. E poi altri episodi... Ho un libro che mi aveva regalato a fronte di certe gare, perché certe volte facevamo gare - con Angelo Dino sono spesso arrivata in finale - di matematica e italiano, lo faceva in modo da stimolarci a studiare, a imparare. Nel mio caso, 1960-61, per fare poi le medie ci voleva un esame d'ammissione e lui, a colloquio con la mia mamma disse: “Lei compri il libro (il Cervino), poi la preparo io” e infatti lui mi dava compiti in più, mi correggeva... peccato che poi, arrivata in fondo, hanno annullato l'esame di ammissione proprio quell'anno lì. Come esperienze Bontempi era disponibilissimo. In classe mi ricordo che era severo con chi era agitato e durante un intervallo ci fu un fatto; noi avevamo le tende con i lacci che scendevano giù e questo compagno si era messo ad agitare la corda come un lazo e mi aveva colpito al collo. Bontempi si è arrabbiato tantissimo. Si era spaventato e l'aveva punito. Ma tra noi c'era un rapporto molto positivo e buono. Io ero innamorata di Rosai e Capogrossi, nella mia mente di bimba di 10 anni hanno avuto un impatto fortissimo. Mentre sui poeti ero più fredda, mi impressionavano meno.
Il primo anno di Bontempi ad Agrate a.s. 1949-50, una V elementare, classe tutta maschile
G.N.: Giuseppe, raccontaci della sospensione che Bontempi ti assegnò.
G.S.: Non esistevano interrogazioni, ogni tanto Bontempi usava delle competizioni per saggiare il nostro studio e una volta – eravamo in una classe numerosa da 25/26 – chiese a me quale fosse il capo della signoria a Mantova nel 1400 e risposi Gonzaga; poi chiese al mio compagno Nando Mambretti – figlio di un industriale qui di Agrate - il capo della signoria di Ferrara e lo anticipai nel rispondere. C'era una competizione anche sociale tra noi. Bontempi mi guardò poi disse: “Peppino sei sospeso, chiama il bidello che ti porta a casa”. Io chiamai il bidello – che era una brava persona ma aveva uno sguardo abbastanza truce – poi tornai in classe e il maestro gli diede ordine di accompagnarmi a casa. Forse fu l'unica volta, perché io non ne ricevetti altre, ma non ricordo di averne viste assegnare ad altri. Tornato a casa, mia mamma mi guardò e mi chiese: “Cusa tè fat?” e gli spiegai che avevo risposto per conto di un mio compagno ed ero stato sospeso.
Agrate aveva 6.000 abitanti, c'erano classi da 30/35 ragazzi, una maschile una femminile e una mista, che erano i resti delle altre due. La cosa interessante è che lui ha sempre tenuto classi miste, tranne il mio anno. Era una classe tutta maschile, nel 1961-62, quindi non eravamo scelti apposta. Fummo fortunati.
P.T.: io ho cambiato maestra tutti gli anni e in quinta arrivò Bontempi.
G.S.: mi ricordo che la sua esperienza de ”L'INCONTRO CON GLI ARTISTI” stava volgendo al termine. La classe era completa di quadri, era piena e venivamo invitati a imitarli per sviluppare le nostre capacità. Confrontandoci con uno stile diverso.
P.T.: per la pittura ci si esercitava in quella figurativa classica, quella studiata sui libri. Nella mia mente quasi non riuscivo a pensare che qualcuno facesse il pittore come mestiere e ho scoperto questo aspetto nuovo. Ancora davanti a me vedo quei quadri.
G.S.: io ho scoperto poi che ci sono diverse mie opere esposte giù nella mostra, perché cosa succedeva? Lui ci dava i compiti tutti i giorni e quando finiva, se c'era tempo lui andava all'armadio e prendeva dei fogli grandi e diceva di disegnare coi pastelli a cera (erano entrati in quegli anni nell'uso). E così eravamo stimolati. Poi i disegni ce li ritirava. Non ce li dava mai. Abbiamo capito dopo. Li ritrovammo dopo alla prima mostra che fu fatta nel 1973. Erano esposti dentro dei raccoglitori. Lì ho trovato i miei disegni firmati. Alcuni col voto, con la firma estesa, a volte solo col nome.
Un regalo/premio del maestro al suo alunno Giuseppe Sala alla fine dell'anno scolastico 1961-62;
narrativa da leggere e custodire: Oliver Twist di C. Dickens. Con dedica all'interno (foto seguente)
Testimonianza di Roberto Bergamaschi, dopo la visita alla Collezione Bontempi
Roberto Bergamaschi, alunno di Bontempi nel 1961-62, classe tutta maschile, 5° elementare
R.B.: Bontempi era un grande artista e un grande uomo. Alcuni esempi? Se un alunno aveva difficoltà a leggere, lui gli dava il tempo per andare anche pianissimo, fino alla fine del periodo. E lo gratificava con i complimenti per lo sforzo fatto. E tutti noi altri rispettavamo questo tempo diverso. Alla fine della scuola mi diede una medaglia di bronzo, come agli atleti. Ne aveva per tutti. Tutti meritavano un premio, ma in base al livello raggiunto. Io non ero bravissimo e presi il bronzo. Ma ero felice lo stesso. Quando ritirai la pagella e mi chiese la classe, lui si ricordò che anche a pallone non ero un fenomeno e disse che il bronzo era meritato. Il suo non metodo era anche metterci in duello bonario. Con le capitali di geografia, con domande per cui c'era un punteggio e se uno non sapeva rispondere, un altro poteva aumentare il suo punteggio aspettando il turno. Fumava molto. Teneva sempre la mano all'altezza dello sterno con la sigaretta. Era inconfondibile. Non l'ho mai visto arrabbiato, ma era severo, non alzava mai la voce. Non ne aveva bisogno. Scendere giù a vedere la Collezione per me è stato bellissimo, non l'avevo mai vista. Che gioia, grazie di questa possibilità!
Testimonianza di Ada Crippa
Ada Crippa, alunna di Bontempi nel 1954-55 e 1955-56, classe mista, 4°e 5° elementare
Premessa: quando ci toccò, come classe quarta mista anno 1954-55, di andare con il maestro Enzo Bontempi, allora direttore della scuola di Via G. M. Ferrario di Agrate Brianza (MI), eravamo un po’ intimoriti in quanto si diceva o si vociferava che era un maestro un po’ “cattivo”. Noi lo conoscevamo soltanto per quel suo passo lungo e rumoroso che in effetti ci faceva sobbalzare. Poi invece sapemmo che…
Incisioni! Questo è il termine che come ex alunna di Enzo Bontempi mi sento di affermare convintamente come parola chiave. Lui creò e lasciò inciso in tutti (o quasi tutti) i suoi scolari un segno indelebile del suo insegnamento, del suo stare con dei ragazzi e ragazze, bambini di nove, dieci, undici anni al massimo. Questo segno si chiama autostima. Stima in se stessi. E come rendeva possibile questo comporsi delicato della personalità? Come avveniva questo accertarsi, questa presa di coscienza in ognuno di noi delle proprie reali caratteristiche peculiari del proprio essere e delle potenzialità nascoste da far emergere? Lo faceva coinvolgendoci, rendendoci protagonisti a turno in qualsiasi cosa facesse, inerente alle materie di insegnamento, quale poteva essere un dettato o un disegno oppure un esercizio fisico. Mi ricordo che in più di un dettato, disse ad alta voce, citandomi per nome, che i miei occhi erano azzurri o che le trecce di un'altra mia compagna erano scale o che la risata di Sironi spaccava i sassi o che in un disegno quello fosse il portone o la finestra della tal casa di uno di noi o l’orto del nonno di… così dicendo, ci portava dentro alle storie, facendoci sentire protagonisti, veri soggetti. Mi ricordo che il suo coinvolgimento nel renderci partecipi delle storie che inventava costruendo dettati, era più intenso verso i timidi e verso coloro che si sentivano esclusi o messi in disparte dai più della classe o presi in giro, derisi; quelle ragazze e quei ragazzi che oggi chiameremo vittime di azioni di bullismo. In classe nessuno si doveva sentire inferiore o superiore a causa delle proprie diversità, sia in relazione a quelle positive, quanto a quelle negative. Il suo insegnamento era portato non a cancellarle o a nasconderle e a colpevolizzare gli uni o a esaltare gli altri, ma a farle emergere mettendo in condizioni gli alunni di confrontarsi magari attraverso un gioco o una corsa fatta nell’ampio cortile della scuola di allora o un esercizio ginnico (che lui amava farci eseguire ogni giorno prima delle lezioni, insieme a esercizi di respirazione, come fanno gli attori e i cantanti oggi) o a una sfida giocosa di storia, geografia o matematica. Da questi contatti ravvicinati - l’uno di fronte all’altro - credo lui pensasse convintamente di incentivare stimoli alla riflessione, all’interrogarsi su se stessi e in questo ci azzeccò, considerando le testimonianze dei tanti miei compagni di classe e dei molti suoi ex alunni. In questo stava la sua filosofia dell’insegnamento: era portato ad una pedagogia della formazione di futuri uomini e donne, a una educazione sentimentale.
Un’altra cosa - nel segno dell’incisione, cose che rimangono impresse nella memoria visiva e nell’animo dei bambini - è la bellezza, tutta. La bellezza e i suoi particolari, i dettagli che la compongono che ci faceva cogliere attraverso l’arte pittorica. Ci ha insegnato a guardare le cose in un altro modo da quello superficiale, fuggitivo. Ci ha insegnato a spingere le nostre pupille più a fondo in modo da allargarle, per poter contenere il più possibile l’attorno: luoghi, persone e mestieri e implicitamente a scoprire il noi lì dentro, a conferma di quanto già detto.
Geniale ed entusiasmante fu il suo portarci frequentemente fuori dal plesso scolastico, mentre gli alunni delle altre classi (con altri insegnamenti) stavano alla finestra a guardarci mentre noi uscivano dal cancello, trotterellando felici. Era solito portarci nei sentieri della campagna circostante, nella quale era immersa Agrate Brianza. Uno in particolare era il suo preferito; il vecchio e mutilato viale Trivulzio che, dalla periferia del paese portava alla frazione di Omate presso l’ingresso laterale della villa dei principi Trivulzio, appunto, sorpassando il ponticello privato sul torrente Molgora. Dico viale “mutilato” perché i bellissimi e altissimi alberi che stavano ai suoi lati come perfette sentinelle in livrea verde, a modo di ventaglio per accogliere cavalli stanchi delle carrozze dei nobili in vacanza, furono tagliati in grande quantità e taluni sradicati durante la guerra “per fare legna da scaldare le case”, impoverite da quella tragedia.
Ecco, Enzo Bontempi ci raccoglieva in gruppo, ci dava solo alcune informazioni necessarie per stare attenti in quel luogo e poi ci lasciava liberi di spaziare in quella dimensione campestre dicendoci solo: liberate la vostra fantasia, la vostra immaginazione, ritraete quello che volete, che più vi colpisce ma, soprattutto, guardate oltre a quello che vedete. In questo suo “tenerci”, sentivamo un senso di comunità. Ci si sentiva uniti e percepivamo la nostra crescita. Ho amato il mio maestro e piansi quando dovetti lasciarlo.
Per Enzo Bontempi
Mi hai dato voce ferma
che ancora vado cantando
in libero suono.
Ettorina Ornaghi, un altro prezioso frammento
Ettorina Ornaghi, alunna di Bontempi nel 1954-55 e 1955-56, classe mista, 4° e 5° elementare
Del mio maestro, Enzo Bontempi, ho conosciuto l'eleganza, ad Agrate Brianza pressoché sconosciuta ai nostri tempi. Lui si è distinto nell'essere umano con tutti, bravi o meno bravi. Sempre costante, attento ad ognuno di noi, ai nostri caratteri. Della sua attività creativa illustre il mio ricordo bellissimo è quello che mi aveva definita "Oca d'oro" e ho sempre pensato che avesse visto lontano riguardo al mio essere profondo: ero sempre distratta, ma i risultati erano buoni... ecco. Ma ringrazio la vita di averlo conosciuto.
Link articoli su Bontempi:
Quale scuola vogliamo? - Poetry Therapy Italia. Numero 4, giugno 2021
"Voce del verbo Vivere" e "A scuola tutto bene" - due esperienze/libri di scrittura terapeutica alle scuole medie - Poetry Therapy Italia. Numero 4, giugno 2021
Giacomo Nucci insegna lettere alla scuola secondaria di 1° grado dopo la laurea in Lettere Classiche in Statale di Milano. Dal 2009 fa teatro e dal 2013 teatro-poesia, sotto la guida di Dome Bulfaro. Ha pubblicato una raccolta di poesie, Sabbie e sorgenti, nel 2013 con Steber Edizioni. Dal 2017 è membro del gruppo editoriale e di ricerca Millegru, con cui ha pubblicato Così va molto meglio. Nuove pratiche di Poetry Therapy e con cui pratica poesia ad alta voce, laboratori per bimbi, massaggio poetico con donne incinte e con adulti.
» La sua scheda personale.