Poetry Therapy Italia

 

Il linguaggio rappresenta uno dei metodi principali per l’espressione di sé e crea un ponte tra la poesia e la psicoterapia, consentendo un reciproco rinforzo. L’uso di metafore, immagini, rimandi percettivi e sensoriali – come accade in particolare negli haiku – permette una comprensione più onesta e profonda di vissuti che, se affrontati da un piano esclusivamente razionale, rischierebbero di rimanere sfuggenti.

 

La poesia è quando un’emozione ha trovato il suo pensiero
e il pensiero ha trovato le parole
(R. L. Frost)

Date parole al dolore; il dolore che non parla bisbiglia al cuore
sovraccarico e gli ordina di spezzarsi
(Macbeth, Shakespeare)

La Poesia è sempre data per morta, così dicono almeno i dati di vendita dell’editoria, eppure spunta fuori in angoli inaspettati, con forme inusuali, antiche e moderne al tempo stesso. Me ne sono resa conto quando sui muri delle città mi sono ritrovata a leggere testi di poesie appesi come manifesti, o vedendo un fiorire di eventi di poetry slam, in cui poeti si sfidano in uno strano miscuglio di antica tradizione orale ed esibizioni rap.

Allora, in quanto psicologa e psicoterapeuta, ho voluto approfondire cosa avesse detto la psicologia, in particolare quella analitica, sulla poesia e a chiedermi cosa la poesia potesse insegnarmi nella mia pratica psicoterapeutica.

Il primo a interrogarsi sulla valenza psicologica della poesia fu Jung. In Psicologia analitica e arte poetica l’autore parte da un assunto: “L’esercizio dell’arte è un’attività psicologica, o un’attività umana dovuta a motivi psicologici, e come tale è e deve essere sottoposta all’analisi psicologica” (Jung 1922)[1].

È importante sottolineare come si parli di “esercizio dell’arte”; il focus è sul processo psicologico che conduce alla creazione artistica e non sull’essenza intrinseca dell’arte, che rimane inconoscibile. Nello scritto si sottolinea subito come il vertice di osservazione sia sul piano collettivo e non individuale; Jung rifiuta l’impostazione freudiana, centrata sulla nevrosi dell’artista, inscrivibile, quindi, nella sua storia personale, per focalizzarsi sulla creazione in sé.

La possibilità di scrivere pensieri, emozioni, eventi e riflessioni si è dimostrata utile per il benessere psicofisico perché consente di riordinare i propri vissuti e di creare un senso di appartenenza e condivisione con gli altri che, per sua natura, rompe un senso di isolamento patologico e doloroso, così come avviene quando in terapia si riceve una validazione emotiva (Horowitz, 2000).

La poesia, nata numerosi secoli prima della psicologia, è sempre stata considerata una via elettiva per ricercare comprensione e significato non solo degli eventi della vita e della storia, ma soprattutto della propria reazione con essi.

M.Wexler sottolinea come:

- La Poesia richieda un lavoro interno

- La Poesia parli al cuore e all’anima

- La Poesia richieda di rallentare e non può essere letta velocemente

- La Poesia richieda di essere apprezzata con l’esperienza.

- La Poesia sostenga una ricerca di significato

- La Poesia validi l’esperienza attraverso la condivisione

- La Poesia sia un comune denominatore di fronte al quale l’età non esiste.

Queste caratteristiche, a mio avviso, indicano il valore esistenziale che la poesia ricopre; da sempre, infatti, è utilizzata come via di costruzione di senso e comprensione di vissuti emotivi, specie se dolorosi.

In essa, possiamo osservare i vissuti con curiosità, senza giudizio, perché sono presenti ma non travolgenti e quindi possono essere accettati.

Le parole rappresentano uno dei metodi principali, seppur certo non l’unico, per l’espressione di sé e per la comunicazione con gli altri; in particolare, la parola, scritta o orale che sia, aiuta a esprimere e ordinare pensieri ed emozioni (Horowitz, 2000).

Proprio il linguaggio crea un ponte tra la poesia e la psicoterapia, consentendo un reciproco rinforzo. Come la terapia, la poesia usa la scelta delle parole, il ritmo e i silenzi per creare ed esprimere significati più profondi rispetto ai discorsi quotidiani (Forsthoefel, 2014).

Entrambe possono portare a nuove parole o nuovi significati, esprimendo vissuti emotivi profondi grazie alla possibilità di modulare in modo soggettivo le regole sintattiche e grammaticali (es. licenze poetiche); trovare nuove parole e significati non solo nella comunicazione con gli altri, ma nella comprensione di sé, dei propri pensieri e delle proprie emozioni. Metafore, immagini, richiami sensoriali coinvolgono il lettore nell’emozione espressa dal poeta permettendo una comprensione più profonda e sincera, costruendo nuovi significati dell’esperienza.

Ancora una volta, è attraverso il linguaggio che si crea la relazione, l’esperienza e il cambiamento.

La parola, la sua ricerca e la scoperta di nuovi significati, rappresenta l’anello di congiunzione tra la poesia e il processo della terapia; in entrambi, infatti, il linguaggio è usato per descrivere o valutare vissuti e avvenimenti, spesso costruendo o cercando parole che usualmente mancano. Quante volte, ad esempio, in terapia il paziente racchiude tante

emozioni diverse sotto la generica etichetta di “ansia” o di “rabbia”?

Anche la poesia permette di ristrutturare il linguaggio, adattando lessico e sintassi e lasciando così una libertà di espressione emotiva non permessa da altri tipi di linguaggio. Spesso i vissuti emotivi vengono espressi spontaneamente in immagini, sensazioni e simboli (May, 1991).

Il linguaggio è usato da paziente e terapeuta per creare una relazione e sostenere un cambiamento; l’uso di metafore, i silenzi, i collegamenti con le sensazioni corporee sono usati per riconoscere, elaborare e comunicare profondi vissuti emotivi e questo avviene sia nella poesia che nella terapia. (Forsthoefel 2014). “Quello che non viene detto è importante come, se non di più, di ciò che è detto” (May 1991) vale sia in terapia, sia nella lettura o scrittura di poesie.

“La poesia ha l’abilità di rivelare lucidamente qualcosa di profondo e vero circa la realtà e circa, soprattutto, la nostra umanità e i contesti umani in cui viviamo. Nel farlo, la poesia ci consente di accedere a qualcosa di trascendente, reale e vero. Ci sentiamo maggiormente noi stessi. Ci sentiamo più umani, più connessi” (Forsthoefel 2014).

La poesia crea un legame tra le persone perché si appella a fattori comuni tra umani e questa condivisione è riconosciuta come un fattore terapeutico essenziale; consente infatti una validazione emotiva che interrompe l’isolamento in cui una patologia o un dolore pone la persona, che sente invece risuonare “qualcosa” in comune con gli altri.

Il paziente in terapia è vulnerabile, perché può sperimentare un grado di sincerità e intimità che talvolta non prova, o addirittura non ha mai provato nella vita reale, Questo può creare resistenze e compito del terapeuta è creare uno spazio sicuro che consenta di avvicinarsi ed

esprimere pensieri ed emozioni tenuti altrimenti nascosti, spesso anche a sé stessi, proprio come avviene con la poesia.

L’uso di metafore, immagini, rimandi percettivi e sensoriali coinvolge a livello emotivo e permette una comprensione più onesta e profonda di vissuti che, se affrontati da un piano esclusivamente razionale rischiano di rimanere sfuggenti.

Le emozioni sono invitate con curiosità, osservate senza giudizio, espresse nel linguaggio in modo sicuro; è possibile accettarle come parte inevitabile della persona e della vita e questo apre alla possibilità di comprenderle con maggiore profondità.

Per secoli la poesia ha creato questo spazio sicuro, normalizzando l’espressione emotiva anche delle cose più dolorose.

In questo spazio sicuro sono nati gli haiku che vorrei qui condividere con i lettori di Poetry Therapy Italia. “La poesia come cura dell’anima”, è questo il titolo temporaneo della raccolta da cui questi testi sono tratti, perché questa è l'esperienza diretta che ho vissuto in prima persona.

Per dare un’idea di cosa intenda per “anima” e come mai io scriva haiku mi affido a James Hillman, psicologo analista junghiano, il quale ha anche offerto uno dei contributi più rilevanti per la comprensione del valore psicologico della poesia e della creazione poetica.

Hillman immagina la mente con una “base poetica” e, come tale, fondata non sulle strutture del cervello o le regole del linguaggio ma sulle storie mitiche, che offrono modelli e ipotesi di spiegazione al nostro pensare, sentire o agire. Poter conoscere la mente più profonda richiede di ascoltarne le storie, con un’attenzione che consenta di far risuonare emozioni e vissuti potenti, potendoli esprimere attraverso un linguaggio, in modo dunque sicuro e accessibile.

È vero che questo vale per molte pratiche espressive, ma credo che la poesia, proprio per il suo essere parola, quindi più facilmente accessibile alla nostra mente, rappresenti un punto di equilibrio tra emozione e pensiero, tra conscio e inconscio, tra individuale e collettivo.

Per comprendere l’interesse di Hillman per la poesia, in particolare sotto forma di haiku, è opportuno fare un passo indietro e riprendere uno dei concetti principali del lavoro e del pensiero dell’analista, quello appunto, di anima.

Jung fu il primo a parlare di anima in psicologia e usò questo termine con due accezioni ben diverse:

  • anima intesa come interiorità, contrapposta al vissuto esteriore e sociale (persona)
  • anima intesa come femminilità inconscia dell’uomo, in cui prendono forma le tendenze psicologiche identificate come femminili, come ad esempio il sentimento per la natura, i presentimenti, l’apertura all’irrazionale e l’amore di sé.

L’anima è fonte di emozioni e creatività e Jung identifica quattro gradi di sviluppo, corrispondenti a quattro diverse personificazioni:

  • Eva, ovvero la rappresentazione di un femminile puramente istintivo e biologico.
  • Elena, la figura in cui il femminile diventa individuo, capace di stabilire rapporti dominati da romanticismo, estasi e sessualità.
  • Maria, in cui l’eros si trasforma in devozione spirituale.
  • Sofia, che simboleggia una saggezza capace di trascendere tutte le manifestazioni umane.

Per Hillman, l’Anima appartiene sia agli uomini, sia alle donne, in quanto archetipo, e sottolinea il legame essenziale tra l’Anima e le immagini che nascono dentro, sostenendo immagine è Anima.

Per Hillman “la terapia non è solo qualcosa che gli analisti fanno ai pazienti, ma anche un processo che si svolge in modo intermittente nella nostra individuale esplorazione dell’anima, negli sforzi per capire le nostre complessità... nella misura in cui siamo impegnati a fare anima, siamo tutti, ininterrottamente, in terapia”.

L’allievo di Jung esplora il rapporto tra psiche e poesia (in particolare sotto forma di haiku). Hillman pone la psiche non dentro l’individuo, ma nel mondo, tra le persone e tra le cose; per l’autore, siamo letteralmente immersi nell’anima e nella psiche e lo haiku rappresenta una risonanza tra gli elementi di anima interni ed esterni.

Scrive Hillman “Il giardino è pieno di metafore, penso in particolare al giardino giapponese, dove quest’idea mi è apparsa in maniera chiarissima. Tutto quello che accade nel giardino è pieno di metafore della nostra vita psichica, che si tratti di un ponte, di un sentiero tortuoso o di foglie cadute (...) tutte le descrizioni di ciò che succede nel giardino durante il ciclo delle stagioni riguarda al tempo stesso la psiche: le foglie che cadono, la paralisi della vita che riprende in primavera, il movimento dell’acqua, le rocce. Sono tutte esperienze che fa anche l’uomo, solo che non le esprime con lo stesso linguaggio, mentre il giardino lo dice con il linguaggio della Natura.”

Hillman propone la metafora del giardino che nel lento scorrere delle stagioni e nella quieta vitalità degli elementi naturali permette di rappresentare ciò che accade nella psiche. La centralità dell’archetipo, forma primaria di governo della psiche, è dimostrata, per l’autore, nelle diverse modalità in cui esso si manifesta siano esse , fisiche, sociali, linguistiche, estetiche e spirituali. La trasversalità delle manifestazioni archetipiche fa cogliere quindi una loro radice antica e trasversale; in ogni tempo e in ogni cultura, l’uomo ha creato e comunicato immagini e lo haiku rappresenta una perfetta forma di tale comunicazione.

HAIKU

AUTUNNO

Guardarsi dentro,
perdonando errori.
Stoppie bruciate
La pioggia batte,
Un riccio si difende.
Dolci memorie
Un corpo fermo,
I pensieri in fuga.
Fiume di stelle

 

INVERNO

Il gatto dorme,
Un vecchio solitario.
Notte insonne
Tracce di neve,
corre la volpe bianca.
Vita nascosta
Le notti fredde,
L’ultima nevicata.
Tutto scintilla

 

PRIMAVERA

Corpo e mente,
Non più e non ancora.
Adolescente
Le foglie mosse,
Vento di primavera.
Un uccellino
L’orsa maggiore
una luce tremolante.
Dolce speranza

 

ESTATE

Quaderni chiusi,
La fine della scuola.
Separazioni
Onde infrante,
Lo scoglio immutato.
Rabbia vana.
Bandiera rossa,
Un giovane gabbiano.
Nessuno intorno
Oro sull’acqua,
Le cicale lontane.
Solo Bellezza.

 

[1] In Psicologia e poesia. 1922-50 (Psychologie und Dichtung, 1922-50), Bollati Boringhieri, Torino, 1979.

 

 


 

azzurra d agostinoCecilia Smeraldi Psicologa e psicoterapeuta, autrice di saggi divulgativi, coltivo da sempre la passione per la lettura e la scrittura. Amante degli animali e  incapace di decidere se preferisco cani o gatti. Da sempre interessata alla possibilità di declinare la poesia nella cura di sé e nella terapia.
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