Dal codice etico personale a quello di categoria dei biblio/poetaterapeuti, dalle origine del codice etico alla regola che sta alla base dell’attività di divulgazione della rivista Poetry Therapy Italia: l’editoriale introduce la tematica principale di questo ottavo numero e mette in luce alcune linee sotterranee di raccordo fra i ventiquattro articoli che lo compongono.
Quand’ero a casa la
luce del sole mi pareva d’oro.
Da quando sono al nord
s’è raffreddato tutto il dannato mondo.
(Langston Hughes)
Blues di un ragazzo povero di Hughes (1902-1967), poeta alfiere degli afroamericani, si apre con quei versi così tristi riportati in esergo, ma si chiude con parole ancora più amare:
Sono così stanco,
vorrei non essere mai nato.
Sono parole così indigeste che vorrei, al pari di quando leggo le storie dei personaggi “sepolti” nell’Antologia di Spoon River di E. L. Masters, riscrivere un altro finale, trasformare quei loro ricordi e far sì che “la luce del sole” torni a essere “d’oro” per quel ragazzo povero e per tutti loro.
Il Benessere del paziente – senza compiere alcuna discriminazione – è questo il fulcro di tutte le arti terapie, dunque anche della Biblio/poesiaterapia.
Questo obiettivo principe, il Benessere del paziente, segna uno spartiacque tra la poesia composta per ragioni estetico-creative e la poesiaterapia: la prima mira alla qualità artistica del testo poetico, le seconda mira al benessere della persona ed è, quindi, attenta all’efficacia terapeutica del fare poetico. Nel primo caso la poesia è il fine, nel secondo la poesia e le altre forme letterarie impiegate sono il mezzo. Nel primo caso il fare è del poeta, nel secondo la pratica la conduce il poetaterapeuta, che non occorre debba essere necessariamente anche poeta. Se la poesia è terapeutica, infatti, sappiamo che “una caratteristica di questo tipo di scrittura è che il processo ha la priorità sul prodotto, almeno all'inizio.”[1]
Queste suddivisioni, utili nel distinguere campi e obiettivi, non intendono però tracciare steccati tra poesia estetica e poesia terapeutica, anche perché in questa biforcazione di sentieri, non mancano raccordi e parziali o perfette sovrapposizioni, dato il grado terapeutico ed etico precipuo dell’Arte e del fare arte.
Codice etico personale
Per esperienza affinché un paziente ritrovi o trovi uno stato di benessere è nodale che egli arrivi a volere veramente questo cambiamento. Ecco perché, in quanto poetaterapeuta, far sì che il paziente riprenda ad agire come se dicesse “io sono il padrone del mio destino;/ sono il capitano della mia anima” (Invictus, Henley), rappresenta il principale valico mentale da raggiungere. Una volta che il paziente riprende il posto di guida della propria vita, il percorso di cura procede in discesa.
A ogni incontro con il paziente seguo quattro semplici regole base pratico-deontologiche personali:
- Crea un clima accogliente, di ascolto totale, non giudicante, sicuro, fuori e dentro di te.
- Non forzare. Invita il paziente a condividere quanto da te proposto, nella misura, nei tempi e nei modi che lui sente per sé più consoni.
- Come maieuta del benessere, facilita la buona rinascita non tanto fornendo risposte ma aprendo con domande.
- Prima di congedare il paziente, chiudi ogni porta aperta durante l’incontro.
A queste quattro regole basilari, nel primo incontro diretto con il paziente, ne aggiungo un altro:
0 - Comunica chiaramente la tua formazione, le tue competenze e il campo di competenza che ti è proprio.
Codice etico di categoria
Naturalmente questi principi essenziali e personali, che definiscono stile e sensibilità personali che ogni biblio/poetaterapeuta incarna nel suo modus operandi, sottostanno a un codice etico di categoria al quale ogni professionista del benessere aderisce. Ma questo codice è uguale per tutti? Quale condotta professionale dovrebbe tenere un biblio/poetaterapeuta con il proprio paziente? E con i propri colleghi? E con i datori di lavoro? E con i colleghi della stessa arte terapia? E con gli altri colleghi? E con la comunità in cui opera? E con il Paese in cui opera? E con gli organismi/enti/ministeri di quel Paese?
Ogni associazione o gruppo di biblio/poesiaterapia, che operi con professionalità, si è dato o dovrà seguire un proprio codice etico per rispondere a tutte queste domande.
E se un professionista dovesse non rispettarlo? Come comportarsi? A chi ci si deve rivolgere? E se ci trovassimo di fronte a persone che fanno poesiaterapia per volontariato, prive di quelle basi teoriche e pratiche necessarie? Cosa fare quando si opera in uno Stato che non riconosce o riconosce solo parzialmente le professioni legate alle arti terapie?
Questo numero 8 della rivista di Poetry Therapy Italia pone il focus su tutte queste problematiche, facendoci leggere con un approccio “deontologico” tutti i contributi che lo compongono. Il confronto fra codici etici in vigore in altri Paesi (USA, UK, Israele), il necessario chiarimento di cosa distingua un biblio/poetaterapeuta dello sviluppo da un docente o una maestra che propongono apparentemente un’attività analoga, aiutano a comprendere quanto in questo ambito sia importante ed eticamente corretto formarsi.
In Italia, lo sappiamo, si cammina su un terreno assai sdrucciolevole e a tratti paludoso quando si parla di Biblio/poesiaterapia. Le professioni corrispondenti alle arti terapie, non hanno ancora raggiunto, una piena riconoscibilità giuridica e sociale. Men che meno lo hanno raggiunto – privi ancora di qualunque possibilità di abilitazione e codice ATECO[2] – i biblio/poetaterapeuti, malgrado esistano professionisti che in questo ambito operano da anni (nel mio caso quattordici anni) se non, in alcuni casi, anche da un paio di decenni.
Ci sono però segnali incoraggianti: in primis la nascita della “BIPO – Associazione Italiana di Biblioterapia e Poesiaterapia” che, come afferma il presidente Marco Dalla Valle “nasce da un’esigenza irrinunciabile: tutelare la disciplina e gli utenti che la utilizzano e rappresentare coloro che ne fanno uno strumento professionale”. Il secondo è il fatto che sia partito per il secondo anno il Master annuale di Biblioterapia, proposto dall’Università di Verona, voluto e organizzato dalla docente Federica Formiga e dallo stesso Dalla Valle. Un altro segnale arriva dalla crescente richiesta di formazione: sia il primo, sia il secondo corso di formazione propedeutico alla poesiaterapia (vedi l’articolo di Simonetta De Donatis) hanno completato il loro lavoro di semina e irrigazione. I germogli spuntati sono numerosi, verdi e robusti. Ci sono dunque tutti i presupposti affinché Mille Gru proponga un Master di Poesiaterapia.
Alle origini del codice etico di categoria
Personalmente nel limite del possibile ho sempre seguito, come tanti poetaterapeuti al mondo, il codice etico della IFBPT - International Federation for Biblio/Poetry Therapy (USA), ma ora che esiste la BIPO seguirò quello che verrà definito da questa associazione di categoria, perché verosimilmente i quattro fondatori – Dalla Valle, Manzalini, Monge e il sottoscritto – lo modelleranno considerando anche le peculiarità della realtà italiana. Ma da quanto esistono i codici etici di categoria?
Gli sciamani, che presso i propri popoli spesso ricoprivano più ruoli, tra cui quello di guida spirituale e guaritore, agivano seguendo un proprio “codice”. Ad esempio i sette principi su cui si fonda Huna, sintesi della spiritualità hawaiana Ho’omana[3], hanno guidato per millenni le azioni degli sciamani Kahuna, i quali di generazione in generazione, di sciamano in sciamano, si sono tramandati prima solo oralmente e poi anche per iscritto quello che potremmo definire il loro “codice etico”, nel quale pratica, filosofia e spiritualità sono tutt'uno.
I principi sono i seguenti:
- IKE – Il mondo è come pensi che sia
- KALA – Non ci sono limiti
- MAKIA – L’energia fluisce dove va l’attenzione
- MANAWA – Adesso è il momento del potere
- ALOHA – Amare è essere felici insieme
- MANA – Tutto il potere viene da dentro
- PONO – L’efficacia è la misura della verità
Questi sette principi, forgiati da secoli di esperienze umane sedimentate, se letti con le lenti di un biblio/poetaterapeuta, offrono molteplici spunti di riflessione circa la pratica di questa professione. Basti solo considerare il fatto che le pratiche di scrittura terapeutica lavorano sulle sofferenze proprio andando a cambiare la rappresentazione mentale del “mondo interiore” che ci siamo costruiti e che così tante volte procura malessere… In questo numero si riporta l’Introduzione al libro “Poesia e Psiche” di Luca Buonaguidi, in cui l’autore (psicologo e psicoterapeuta) chiarisce come la psicologia trovi non solo nella medicina, ma anche e soprattutto nella poesia, le sue radici più profonde. Non stupirà allora, se si guarda in modo aperto e inclusivo alla conoscenza e all’esperienza umana, che il maggiore referente e divulgatore della filosofia Huna sia il Dott. Serge Kahili King, psicologo e sciamano, che per i servizi resi al popolo africano, il presidente del Senegal, Leopold Sedar Senghor, insignì della medaglia al Grand Ordre National du Senegal. Senghor, grandissimo poeta africano, e grande paladino della negritudine scrisse:
Disunita contro se stessa ogni casa anche le arti saranno destinate a perire.
Ma la poesia non deve morire: Altrimenti, dove finirebbe la speranza del Mondo?
“Spes ultima dea”, afferma un detto latino mutuato popolarmente con “la speranza è l’ultima a morire”. La Poesia, quando si attiva e guida il suo potere terapeutico, significa innanzitutto speranza, un sentimento che rimanda ad altre parole appartenenti al suo stesso campo semantico e immaginifico come lo sono ad esempio: via, apertura, uscita, indomito, liberazione, guarigione, possibilità.
Inoltre, la filosofia degli sciamani Kahuna neutralizza i processi critici/storici, portando l’essere umano ad abitare anche il suo superconscio, dove il giudizio, come accade anche nelle arti terapie, viene sospeso, essendo l’amore un’energia che – ci insegnano ancora gli sciamani Kahuna – cresce in modo proporzionalmente inverso alla critica. Di quanto diminuisce la critica, così aumenta l’amore. Un principio ben misurabile anche nell’articolo di Lidia Trenta – che da trent’anni si occupa di adolescenti devianti, nel suo ruolo di funzionaria della professionalità pedagogica nei servizi minorili della Giustizia – nel quale racconta come ha applicato la Scrittura kintsugi®, forma di letteratura terapeutica, ottenendo ottimi risultati nel campo della giustizia riparativa. Non è un caso che la filosofia Kuna sia legata a l'Ho'oponopono, un'antica pratica hawaiana esercitata sempre dai Kahuna per far sì che due persone, o famiglie o gruppi in contrasto fra loro, arrivino alla riconciliazione, il perdono interiore (inteso come trasmutazione energetica), la cancellazione di memorie e pensieri negativi e la risoluzione dei conflitti.
Divulgare conoscenze e pratiche: la regola deontologica di Poetry Therapy Italia
Fino a pochi decenni fa nelle arti cosiddette minori, come può essere ad esempio l’arte ceramica, i segreti professionali acquisiti dagli artigiani, non si divulgavano ma, per ragioni anche di sopravvivenza della propria famiglia e della propria futura discendenza genealogica, i saperi per ottenere determinati colori o impasti si tramandavano segretamente di padre in figlio. Lo stesso meccanismo di tramandamento era attuato attraverso un’iniziazione familiare o di casta comune a molte tradizioni sciamaniche. Oggi, invece, la trasmissione del mestiere e dei suoi segreti ai propri familiari è cambiato di segno: la propria “famiglia” o "casta" di appartenenza si è mutata in una categoria professionale – nel nostro caso a quella del biblio/poetaterapeuta – accessibile a tutte/i. Il benessere individuale e quello comune si raggiungono divulgando e condividendo saperi ed esperienze. C’è un passaggio del Codice etico della IFBPT che guida l’operato della redazione di Poetry Therapy Italia: “In qualità di educatori, biblioterapeuti/poetaterapeuti e facilitatori di poesia applicata riconoscono il loro obbligo di aiutare gli altri ad acquisire conoscenze e abilità”.
Ecco perché in questo numero continuiamo ad approfondire cosa sia la Biblio/poesiaterapia con Judith Berés, grande esperta in materia, e in un altro articolo chiariamo quali siano per la IFBPT le principali figure professionali che le rappresentano questa arte terapia, ovvero, il Facilitatore certificato di poesia applicata, il Poetaterapeuta Certificato e il Poetaterapueta Registrato. Ecco perché continuiamo a parlarvi dei percorsi di formazione di poetaterapeuti di Mille Gru e a portarvi esempi di poesiaterapia evolutiva (o dello sviluppo) realizzata nelle scuole, con gli articoli di Benedetta Mazzilli e Valentina Giordano, esperienza quest’ultima connessa tramite il poetry slam alla rubrica LeggerMente di Francesca Papp, qui presentata per la prima volta con tutti i suoi studi dedicati al rapporto tra poesia e terapia familiare.
Sono ben cinque gli articoli incentrati sulla poesia autobiografica come cura di sé e in cui c’è la consapevolezza da parte delle autrici che la poesia eserciti su di loro i suoi poteri terapeutici. Marisa Brecciaroli, Laura Panattoni e Francesca Acquaviva, e quelli in cui Arianna Tomassini (con il contributo della sua psicoterapeuta Cristiana Zippi) e Cecilia Smeraldi, si raccontano in prima persona, non solo attraverso i propri versi. Se la consapevolezza di sé è uno degli scopi principali della poesiaterapia, la consapevolezza delle pratiche poetiche e dei suoi effetti rappresenta l’additivo del potere terapeutico a mio avviso più efficace per la scrittura impiegata sia in percorsi di guarigione, sia di autoguarigione.
Continua, inoltre, la conoscenza dell’operato e il pensiero nel campo della poesiaterapia di Antonio Bertoli e Sara Della Giovampaola e di libri di poeti che potrebbero essere ottimi strumenti per percorsi di poesiaterapia (Lamarque, Cortese, Mastrototaro).
Chiude il numero, nella sezione Arti Terapie, un’intervista diffusa curata dal vicedirettore di Poetry Therapy Italia, Paolo Maria Manzalini, che ci racconta in modo creativo la straordinaria storia della Compagnia Teatrale “Il Veliero”: teatro sociale come strumento prezioso di partecipazione e di crescita di persone con disabilità, e non solo.
Per saperne di più non resta che leggere questo nuovo numero; per apprendere non resta che praticare; per far sì che il mondo cambi praticamente in meglio (mentre scrivo questo editoriale le banlieue di Parigi sono ancora una volta teatro di conflitti) non resta che trasformare il tuo mondo nella più ospitale delle case, la tua vita nella più bella delle poesie.
Per quanto le nostre mani siano così piccole, eppure tutto sta nelle nostre mani.
[1] Gillie Bolton, Victoria Field, Kate Thompson, Writing Routes. A Resource Handbook of Therapeutic Writing, Jessica Kingsley Publishers, Philadelphia (USA), 201, p.14.
[2] Il codice ATECO è specifico per svolgere qualsiasi professione. Nel caso di attività con riferimento ai laboratori di musicoterapia, arteterapia e teatroterapia il codice ATECO specifico che le raggruppa è 86.90.29. La Biblio/poesiaterapia dovrebbe, quantomeno, rientrare in questo codice.
[3] Sull'argomento consiglio almeno due libri: Serge Kahili King, A scuola dallo sciamano. Manuale di trasformazione personale basato sulla “via hawaiana dell'avventura”, Edizioni Il Punto d'Incontro, Vicenza, 2014; Rodolfo Carone, Giovanna Garbuio, Francesca Tuzzi, Ho'omana. Il grande libro di Huna, lo sciamanismo hawaiano, Edizioni Il Punto d'Incontro, Vicenza, 2018
Dome Bulfaro (1971), poeta, esperto di poesiaterapia, si dedica alla poesia (di cui sente un servitore) ogni giorno dell’anno. È tra i più attivi e decisivi nel divulgare e promuovere la poesia performativa; ed è il principale divulgatore in Italia della poetry therapy/poesiaterapia. Dal 2021 è docente di Poesiaterapia e Lettura espressiva poetica presso l’Università degli Studi di Verona, nel pionieristico Master in Biblioterapia. Nel 2013 ha ideato e fondato con C. Sinicco e M. Ponte la LIPS - Lega Italiana Poetry slam. Nel 2023, ha ideato e fondato con M. Dalla Valle. P. M. Manzalini e I. Monge la BIPO - Associazione Italiana Biblioterapia e Poesiaterapia, prima associazione di categoria. Ha fondato e dirige Poetry therapy Italia (2020), rivista di riferimento della Poesiaterapia italiana. Ha fondato e dirige (con Simona Cesana) PoesiaPresente – Scuola di Poesia (2020) performativa, scrittura poetica e poesiaterapia. www.domebulfaro.com
(Foto Dino Ignani)
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