Parlare e scrivere poesie dal fondo di un pozzo è un gesto generoso e coraggioso. Spesso la poesia urla dall'abisso, ma non sempre chiama in causa tutti i passanti che possono sentire la voce strozzata dalla distanza e dalla sofferenza. Qui con Francesca Acquaviva tendiamo l'orecchio ad una giovane voce, che ci consegna brevi cenni in forma di haiku e quartine sulla sua catabasi nel buio.
Parlare e scrivere poesie dal fondo di un pozzo è un gesto generoso e coraggioso. Spesso la poesia urla dall'abisso, ma non sempre chiama in causa tutti i passanti che possono sentire la voce strozzata dalla distanza e dalla sofferenza. Qui con Francesca Acquaviva tendiamo l'orecchio ad una giovane voce, che ci consegna brevi cenni in forma di haiku e quartine sulla sua catabasi nel buio.
Il corpo si tende e vibra. E tra i rumori della quotidianità arriva a noi anche questa vibrazione. Colpisce – è un dato sicuro e ricorrente – lo sguardo verticale al cielo, proprio di chi dal gorgo in cui è caduto, tenta di lanciare una scala di salvezza all'aria soprastante. Nei versi il filo conduttore è il volo degli uccelli e lo spicchio di cielo che dalla fenditura della caduta si intravede. Come nella tradizione giapponese la natura guida la riflessione della poetessa ad entrare in se stessa con grazia e decisione, per scovare la verità e pulirla e lucidarla, insieme alla parole per farne oro vivo.
Questo movimento – proprio degli asceti di tante tradizioni culturali e religiose – mette a nudo tutte le fragilità e non lascia scampo a facili consolazioni. Il pozzo è freddo e inaccessibile. Non ci sono scorciatoie. La caduta è dolorosa.
Eppure i brividi di freddo portano scintille incandescenti di speranza. Insperata persino per la stessa poetessa che li partorisce.
Dall'ascolto nasce un appiglio e dall'appiglio un appoggio e poi un mettersi a salire e infine uno stare in piedi. Così l'abisso si fa abitazione, viaggio, casa verticale.
Haiku dall'abisso
Pelle e muscoli
pelle e muscoli
terreno ai funghi
viva, decomporsi
Nel silenzio
nel silenzio
l'allodola non canta
vuote le vene
Mattina
le chiome come mani
mi inseguono per rapirmi
il velenoso cielo grigio
mi pittura da capo a piedi
Notte
e masticando
una perla chiamata
luna
Abisso
luce urbana
dall'abisso
ripesco i pezzi
Stagioni
la primavera
cerco, intrappolata
eterno inverno
Francesca Acquaviva (Milano 1999) è una poetessa e attrice, ha iniziato a scrivere e a recitare fin da piccola. Ha iniziato la sua formazione teatrale presso il Teatro dell'Elica e ha completato i tre anni del corso attori presso Quelli di Grock. È allieva di Dome Bulfaro per la sua formazione poetica.
Giacomo Nucci insegna lettere alla scuola secondaria di 1° grado dopo la laurea in Lettere Classiche in Statale di Milano. Dal 2009 fa teatro e dal 2013 teatro-poesia, sotto la guida di Dome Bulfaro. Ha pubblicato una raccolta di poesie, Sabbie e sorgenti, nel 2013 con Steber Edizioni. Dal 2017 è membro del gruppo editoriale e di ricerca Millegru, con cui ha pubblicato Così va molto meglio. Nuove pratiche di Poetry Therapy e con cui pratica poesia ad alta voce, laboratori per bimbi, massaggio poetico con donne incinte e con adulti.
» La sua scheda personale.