Ci sono intrecci, relazioni e influenze che collegano un individuo alla sua famiglia, alla società in cui nasce e alla cultura di cui fa parte e, infine, alla specie biologica cui appartiene. È a partire da queste rete che hanno origine i rapporti conflittuali, i problemi di lavoro, i disagi o le malattie fisiche. È decisivo portare tutto ciò a livello di consapevolezza per uscire dal circolo del malessere e per educare l'inconscio a non ripetere ciò che ha imparato dalle generazioni precedenti. Solo con un atto “poetico”, l'inconscio può recepire un cambiamento positivo.
Tutti abbiamo pensato o detto una volta: “Quel tizio lì è così, perché suo padre era così, me lo ricordo io!”, oppure: “quel male è una tradizione di famiglia purtroppo!”. Cioè – senza sapere bene i dettagli familiari – abbiamo collegato i tic, i disturbi e le malattie di qualcuno che conosciamo alla storia dei parenti vicini o lontani.
Ecco, in questo saggio Bertoli racconta e spiega – le due modalità si intrecciano bene e si completano – i contributi portati da importanti studiosi della psiche umana e del funzionamento del nostro corpo: Erickson, Haley e soprattutto Jodorowsky, per approdare alla spiegazione e alla risoluzione di malattie che apparentemente sembrano immutabili e inspiegabili.
Nella prima parte del saggio viene indagata la realtà vivente e l'evoluzione umana, per porre le basi di un nuovo paradigma di analisi: l'uomo è un sistema bio-feno-antropo-genealogico. Qui il contributo di Hamer è stato decisivo: la Nuova Medicina (da lui avviata) affronta la vita biologica collegandola al cervello e al sistema nervoso. La Psicogenealogia (capostipite la psicoterapeuta Anne Ancelin Schutzenberger) vede nell'individuo un intreccio di relazioni verticale, che va a sondare non solo il passato vicino dei genitori, ma corre indietro a traumi più antichi e ancora attivi (e irrisolti). Entrambe le scienze vedono l'essere umano come un'auto-organizzazione complessa in cui si fondono le varie componenti della vita. La malattia così non è un destino prefissato, ma una manifestazione umana. È il prodotto della meravigliosa specializzazione evolutiva dell'essere umano, che non può essere frammentata in settori medici distinti. Ognuno è depositario di quanto di meglio l'evoluzione biologica, genealogica, antropologica e psichica ha prodotto e la malattia è la risposta alle sollecitazioni dell'ambiente in cui vive. Ognuno di noi, ogni neo-nato vive coi vincoli della sua storia parentale ma, proprio perché nuovo, vive nella possibilità di un intervento evolutivo innovativo, capace di superare la coazione a ripetere delle generazioni passate.
Nella seconda parte si analizzano più nel dettaglio le due branche: la Nuova Medicina e la Psicogenealogia.
Hamer - per biologia - intende la traduzione corporale o comportamentale di un conflitto psichico. E il miglior medico è il paziente stesso, che deve prendere coscienza di ciò che gli sta accadendo. Per Schutzemberger si tratta di applicare all'albero genealogico lo studio psicologico.
Per Hamer – lui la chiama “teoria dei conflitti” - la malattia comincia in un istante, sotto la pressione di uno stress che ci coglie impreparati (si supera una soglia standard). Quando insorge una malattia, c'è sempre stata vicino alla diagnosi una causa biografica. Le cause non vanno cercate come fa la psicoanalisi solo nell'infanzia, ma molto più vicino, nella biografia recente e nella patologia archetipica primaria (alterazione del maschile e/o del femminile).
Il secondo pilastro per Hamer è il risentito, cioè la risposta allo shock che ciascuno dà. Malattia è la trasposizione biologica di un risentito cerebrale.
Il terzo principio è che l'evoluzione della malattia segue l'evoluzione del conflitto. Se sale la prima cresce anche la seconda e se invece scende la prima, cala anche la seconda.
Il testo poi analizza le parti del sistema nervoso che controllano quattro tipologie di conflitto: tronco cerebrale, cervelletto, midollo cerebrale e corteccia. In sintesi, durante l'evoluzione l'essere biologico ha costruito pian piano il suo cervello affrontando difficoltà sempre più complesse fino allo stadio finale, che è il cervello che abbiamo in dotazione. Ogni zona si è evoluta superando tipologie di conflitti diversi. Hamer ha fissato una costante biologica generale per ogni zona cerebrale.
La teoria psicanalitica transgenerazionale è piuttosto recente e viene affrontata dagli studiosi da vari punti di osservazione. Le grandi linee di fondo restano tuttavia ormai definite e tutte hanno come perno la genealogia dell'individuo; esse sono: il genosociogramma (più preciso di un albero genealogico base), le memorie familiari invisibili, la fedeltà familiare invisibile, i drammi familiari, il fantasma transgenerazionale, i modi di trasmissione delle memorie familiari (trinità della fratellanza, nomi e cognomi, sindrome di anniversario, date, luoghi). Sintetizzando si può dire che dal passato c'è un portato inconscio che ognuno eredita e che può manifestarsi traumaticamente. Anche quando pensiamo di esercitare il nostro libero arbitrio in realtà siamo silenziosamente indirizzati dalle storie dei nostri antenati. Col rischio di restarne intrappolati. Jodorowsky - il precursore dell'arte come terapia - dice che nascere in una famiglia significa “essere posseduti” dalla sua storia genealogica. Bisogna perciò recuperare la memoria genealogica non per restare schiavi del determinismo negativo dei traumi e dei blocchi, ma per appropriarsi nell'oggi di tutto ciò che gli antenati hanno portato, per assumere questo bagaglio psico-somatico soprattutto in termini di libertà e ricchezza generativa.
Nella terza parte del libro si spiegano le basi della psico-bio-genealogia, gli archetipi primari e la nuova teoria dei conflitti.
Ogni sintomo ha un conflitto di base e ogni conflitto di base corrisponde a una problematica dell'archetipo maschile e/o femminile di riferimento. Ogni patologia di uno dei due archetipi primari determina uno squilibrio e anche una patologizzazione dell'altro archetipo. D'altro canto siccome viviamo tutti da figli di due genitori, la vita dipende dal dialogo tra maschile e femminile e solo lì dentro si può ritrovare l'origine di ogni patologia e conflitto.
Sesso e morte (Eros e Thanatos) sono i due fattori evolutivi capaci di incidere sugli elementi primari del maschile e del femminile. Ogni sintomo ha sempre alla base un conflitto scatenante, il quale si configura come binario del conflitto prioritario degli archetipi primari, causato da un evento di natura sessuale o di morte-separazione.
Quando un conflitto diventa ingestibile sul piano della coscienza, l'individuo attinge alla paleo-psiche che fornisce la soluzione migliore (dentro tutta l'evoluzione umana accumulata nei millenni) a problemi di quella natura: ed ecco sorgere la malattia. In un albero genealogico - che è un sistema - lo scopo è mantenersi vivi, integrando e risolvendo gli eventuali disordini e disfunzioni.
Nella quarta questa parte, dedicata all'atto terapeutico, al paradosso, all'ordalia e alla psicomagia, si entra più nel dettaglio operativo di come Erickson, Haley e Jodorowsky hanno operato nei casi concreti che si sono presentati loro.
Punti irrinunciabili sono:
- si opera sempre per il bene del paziente e del suo contesto
- il paziente è libero e deve scegliere spontaneamente di agire come il terapeuta gli indica.
Ma cosa sta alla base dei gesti pratici di ogni terapeuta?
Sul piano psicoanalitico ci sono tre fronti teorici: rimozione, rinforzo e sistema.
La prima si basa sul concetto che ogni persona è razionale e la presa di coscienza del problema dovrebbe indurre un cambiamento.
La seconda dice che la persona cambia quando muta il rinforzo che determina il suo cambiamento.
La terza afferma che per cambiare una persona inserita in un sistema bisogna riequilibrare gli elementi che governano il sistema di cui fa parte.
Il difetto è che tutte queste “scuole” condividono come facente capo alla propria teoria qualsiasi successo. E che dietro alla forza dell'atto nascondono forse l'ovvietà che accompagna qualsiasi azione umana: andare a farsi curare è già di per sé un gesto terapeutico iniziale.
Nella parte relativa a Jodorowsky entriamo nel campo della psicomagia.
Essa è definita una terapia “panica”. È una mescolanza di sciamanesimo, Tarocco e psicanalisi.
I 4 pilastri su cui si regge sono: insegnamento di Pachita, psicogenealogia (già vista sopra), Tarocco e psicanalisi junghiana.
- La guaritrice messicana Pachita - una curandera messicana esperta di rituali psicomagici - aveva la sua qualità più grande nel saper creare empatia con le persone rapidamente e profondamente, tanto da agevolare la predisposizione all'obbedienza che serve in ogni atto terapeutico. Ella rispondeva alle aspettative dei richiedenti proprio come ci si aspettava che facesse uno sciamano antico a cui ci siamo rivolti per un aiuto.
- Da Jung, Jodorowsky ha tratto molti spunti. Forse più di tutti è la ricerca di quell'essenza dell'individuo priva di condizionamenti esterni e interni, che quindi è capace di trovare un trauma e liberarsi di un complesso irrisolto.
- Il Tarocco serve a individuare la realtà nel profondo. Il terapeuta ne trae le conseguenze giocando. Più acuta è la capacità del lettore delle carte, migliore sarà la focalizzazione sulla persona-paziente. Se la persona si fa tirare dentro dal gioco, sarà lei stessa a dare ragione di ciò che succede, fornendo un auto-responso.
La psicomagia infine necessita di: volontà di guarigione, fiducia nel terapeuta, apertura verso il gioco.
Durante una seduta, Jodorowsky analizza il passato familiare del paziente, legge il Tarocco. Conduce una psicogenealogia in senso pieno. Una volta esposto il problema, Jodorowsky enuclea i nodi psicogenealogici e prescrive un atto magico per la soluzione. La persona deve essere assolutamente convinta che il rituale servirà a guarire: serve l'obbedienza completa altrimenti il gesto è vano. Nello svolgimento dei singoli rituali ci sono due tipologie di modus operandi che ricalcano il contrappasso dantesco: per analogia, cioè l'azione segue il nodo del problema da risolvere, oppure l'azione contrasta il nodo per netta opposizione.
In sostanza è il lavoro di un artista che svela - mediante un atto - la sostanza con gli elementi offerti dall'analisi psicologica.
Il contributo più forte e più chiaro di Jodorowsky è aver collegato la persona al suo percorso “analogico”. Esso è una forma di pensiero per immagini, tipica dei bambini, ma che gli adulti via via accantonano, a favore del pensiero razionale. Il linguaggio è un’invenzione straordinaria, ma è un riduttore di complessità della vita, che altrimenti sarebbe troppo densa per essere decodificata. Nel contempo il linguaggio crea una nuova realtà, un paradigma. Fornisce di storia la vita delle persone.
Il pensiero analogico associa il tutto alla parte e la parte al tutto. Tiene tutto insieme, non fa settori separati, non spiega. Come la poesia.
Le forme analogiche di pensiero sono riscontrabili più facilmente nel mito e nella magia, mentre le forme di pensiero digitale hanno condannato e cancellato queste prospettive. I miti colmano il vuoto che il linguaggio razionale lascia davanti a certe domande. Così i sogni – che ragionano per immagini – colmano il vuoto del linguaggio del bimbo da 0 a 3 anni (e continuano nella vita notturna quando la coscienza è spenta).
La poesia è - come il mito - lo spazio puro da ogni concezione digitale e razionalizzante. Resta lo spazio di verità e di presente incessante che ci rende vivi. Va coltivata e praticata come atto curativo: è un gesto rivoluzionario e primordiale.
Nell'ultima parte del testo l'autore riporta alcune casistiche esplicative. Molto chiaro il caso studio di M., che ha lavorato con Bertoli a una tesi e al contempo alla sua stessa cura dell'inconscio.
Il testo dunque è molto ricco e articolato. In alcune parti presenta tecnicismi medici forti. Nel finale recupera, con le esperienze narrate, un respiro più divulgativo. Le pagine dedicate alla poesia, sebbene non numerose, sono intense e meritevoli. Jodorowsky è un punto di riferimento per le pratiche “poetiche” e sicuramente la poesiaterapia di oggi può appoggiare saldamente i propri studi e le proprie iniziative sulle sue ricerche ed esperienze; per chi si occupa di poesia e pratiche poetiche emerge un grande amore per la parola e il suo potere “magico” di “essere” una cosa tangibile, sensibile e modificabile, come un qualsiasi oggetto domestico.
Le vere origini della malattia, Antonio Bertoli, Macro edizione, 2010
Giacomo Nucci insegna lettere alla scuola secondaria di 1° grado dopo la laurea in Lettere Classiche in Statale di Milano. Dal 2009 fa teatro e dal 2013 teatro-poesia, sotto la guida di Dome Bulfaro. Ha pubblicato una raccolta di poesie, Sabbie e sorgenti, nel 2013 con Steber Edizioni. Dal 2017 è membro del gruppo editoriale e di ricerca Millegru, con cui ha pubblicato Così va molto meglio. Nuove pratiche di Poetry Therapy e con cui pratica poesia ad alta voce, laboratori per bimbi, massaggio poetico con donne incinte e con adulti.
» La sua scheda personale.