Scritto nel 2022, l’articolo rappresenta il nucleo di partenza che poi Bulfaro ha ripreso e sviluppato nell’editoriale del presente numero. Il testo riprende in modo critico alcuni punti del Manifesto del Futurismo del 1909, opera che ha funzionato da modello negativo per redigere il contrapposto Manifesto dei Colpitori
La bellezza, senza cuore, non salverà il mondo. Si può al contrario essere quasi certi che, se qualcun’altro non lo anticipa, sarà la bellezza prodotta dall’uomo a distruggere il mondo. Ce lo ha insegnato l’abominevole esplosiva bellezza dei funghi atomici di Hiroshima e Nagasaki o l’abominevole bellezza implosiva del crollo delle Torri Gemelle di New York, il cui attentato fu non a torto definito dal musicista d’avanguardia Karlheinz Stockhausen, “la più grande opera d’arte possibile nell’intero cosmo”.
Con questa frase, mondata dagli affrettati giudizi, Stockhausen intendeva dire che l'arte, massima espressione del bello, non deve avere la morale al centro del proprio mandato. Per lui quel gesto distruttore rappresentava la più grande, fra le opere compiute da Lucifero, “spirito cosmico della ribellione e dell’anarchia” intento a distruggere “la creazione”. Non va mai dimenticato che Lucifero fu il più bello degli angeli.
Ma nell’intimo della frase espressa da Stockhausen possiamo trarre un insegnamento, antiplatonico, ancora più radicale: la bellezza non è inscindibile dal bene. Quindi non è vincolata a un’etica.
Lo dimostra per la prima volta, in modo eclatante, la bellezza delle opere d’arte futuriste che nasce e prende forma da idee distruttive che potremmo dire, senza falso perbenismo, amorali. In particolare in quattro dei punti del “Manifesto del Futurismo” si possono ravvisare passaggi in cui si persegue la bellezza per la bellezza, al di là di una idea di bene:
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
La velocità può produrre bellezza ma non crea necessariamente del bene. Né tantomeno lo creano necessariamente la lotta, l’aggressività, la glorificazione della guerra, il disprezzo, la distruzione…
La bellezza della “Mano di Dio” che crea l’uomo, così sublimata nell'opera di Rodin, non è pari alla bellezza di una mano che, con assoluta maestria, infilza mortalmente il fioretto nel cuore di un uomo?
L’urlo di una madre che partorisce un figlio e poi con tutta la tenerezza e commozione di questo mondo, per la prima volta lo stringe a sé tra le braccia, così come l’urlo della stessa madre che tragicamente perde quello stesso figlio e per l’ultima volta, lo stringe a sé tra le braccia, con tutto il dolore di questo mondo, non sono gesti altrettanto belli nella loro assoluta verità?
La bellezza è scindibile dal bene ma non è scindibile dalla verità: se non c’è verità nel gesto artistico non ci può essere bellezza. Il poeta John Keats nella sua Ode su un’urna greca conclude affermando che: "Bellezza è verità, verità bellezza", questo è tutto / ciò che sulla terra sapete, e non altro occorre sapere”. Non è così. C’è dell’altro. La verità sulla bellezza dobbiamo saperla fino in fondo. Dobbiamo essere pienamente consapevoli che un gesto artistico che non ha la sua centratura nel cuore è tanto bello quanto più è esecrabile il suo essere distruttivo. In modo speculare un gesto artistico che ha la sua centratura nel cuore è tanto bello quanto più è amabile il suo essere creativo.
Si può sperimentare e comprendere questi concetti quando, nella nostra piccolezza di esseri umani, sotto la volta della Cappella Sistina di Michelangelo, ammiriamo la bellezza del gesto di Dio che crea Adamo, gesto inscindibile dal giudizio universale. L’impresa titanica compiuta da Michelangelo, artista che nel suo nome porta scritto un destino divino, sembra lo specchio umano della bellezza compiuta da Dio nel creare l’Universo.
Il nome Michele deriva dall'espressione Mi-ka-El che significa "Chi è come Dio?". Domanda a cui rispondo: non l’uomo. Non è l’uomo che è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza ma è Dio che è stato creato dall’uomo a sua immagine e somiglianza.
L'arcangelo Michele, comandante delle milizie celesti, dapprima accanto a Lucifero, si separò da lui e dagli angeli che si ribellarono a Dio. Michele, restò fedele a Dio, alzò la spada e guidò il suo esercito di angeli contro Lucifero facendolo precipitare, con tutte le sue schiere, negli Inferi, dove Dio lo relegò per l’eternità.
L’uomo non è Dio. E anche come angelo custode del mondo, sempre che lo sia, per ora non sembra valga un granché. Tuttavia da queste narrazioni di Dio possiamo trarre un insegnamento sacrosanto: se vogliamo che la vita di questo mondo e la nostra vita, siano portatrici di Bene, coltiviamo la “bellezza col cuore” e confiniamo la “bellezza senza cuore”, cioè quella fine a se stessa, negli Inferi, perché essa non porterà il Bene, nè dell'uomo, né di qualsiasi altra forma esistente nell’Universo.
Che l’uomo necessiti di Dio a sua immagine e somiglianza, nonostante sia invenzione, è una verità. Il problema non sta nel fatto che Dio esista o meno. Questa disputa non potrà mai avere avere una risposta definitiva. Il problema sta nel comprendere se l’uomo ancora oggi ha bisogno di Dio, al di là che effettivamente esista o meno. Credo che l’esistenza di Dio sia fondamentale affinché l’uomo non si creda Dio, affinché non cada nel delirio di onnipotenza. È necessario che l’uomo pensi e senta che c’è qualcosa di infinitamente più grande di se stesso. Qualcosa a cui lui dovrà sempre, umilmente, sottomettersi.
E con Dio servono all’uomo le sacre scritture, di tutti i popoli, che lo possono guidare fisicamente, emotivamente, mentalmente e spiritualmente, nel compiere col cuore il Bene e a centrare il Bello nel cuore, come hanno fatto per secoli i grandi monaci e monache occidentali, mediorientali e orientali.
L’estetica deve tornare ad essere una pratica ascetica, non più riservata a singoli uomini, ma all’intera umanità. Ognuno nella propria arte, secondo la propria natura, ognuno senza forzature, secondo la propria misura.
Dome Bulfaro (1971), poeta, esperto di poesiaterapia, si dedica alla poesia (di cui sente un servitore) ogni giorno dell’anno. È tra i più attivi e decisivi nel divulgare e promuovere la poesia performativa; ed è il principale divulgatore in Italia della poetry therapy/poesiaterapia. Dal 2021 è docente di Poesiaterapia e Lettura espressiva poetica presso l’Università degli Studi di Verona, nel pionieristico Master in Biblioterapia. Nel 2013 ha ideato e fondato con C. Sinicco e M. Ponte la LIPS - Lega Italiana Poetry slam. Nel 2023, ha ideato e fondato con M. Dalla Valle. P. M. Manzalini e I. Monge la BIPO - Associazione Italiana Biblioterapia e Poesiaterapia, prima associazione di categoria. Ha fondato e dirige Poetry therapy Italia (2020), rivista di riferimento della Poesiaterapia italiana. Ha fondato e dirige (con Simona Cesana) PoesiaPresente – Scuola di Poesia (2020) performativa, scrittura poetica e poesiaterapia. www.domebulfaro.com
(Foto Dino Ignani)
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