Le peculiarità dello haiku favoriscono un clima adatto nel processo terapeutico, agendo come mezzo facilitante sulla parte cognitiva e razionale dei pazienti, aiutando a ripristinare la giusta integrazione mente-corpo-cervello.
Una volta venuto a conoscenza delle applicazioni della poesia haiku in psicologia clinica, per esempio nella terapia di supporto nei disturbi del comportamento alimentare, ho deciso di porre in essere ricerche più approfondite in merito. È emerso che uno dei motivi che stanno alla base dell’impiego degli haiku come strumento terapeutico risiede anche nel fatto che questa forma di poesia agisce come mezzo facilitante sulla parte cognitiva e razionale dei pazienti, dando a essa una caratterizzazione espressivo-metaforica e non giudicante. In questo modo lo haiku aiuta a ripristinare la giusta integrazione mente-corpo-cervello.
Ciò che si verifica nei pazienti affetti da alcune patologie psichiatriche è un’interruzione della comunicazione tra il sistema sensoriale, deputato a fare in modo di relazionarsi con il mondo esterno, il sistema limbico, che dà una caratterizzazione emozionale a ogni tipo di esperienza e, infine, il sistema cognitivo, il quale percepisce ed elabora queste sensazioni. In taluni pazienti si realizza un predominio della parte mentale, con un iper-controllo di tutte le funzioni (mangiare, vomitare) e il corpo diventa solo l’oggetto di questo controllo. Il sistema emozionale, sopraffatto da questo conflitto, esprime il suo disagio con un grande senso di sofferenza che spesso culmina in disturbi anche molto gravi.
Nella composizione degli haiku, nei gruppi di pazienti affetti da disordini del comportamento alimentare e non solo, si parte dall’ascolto delle sensazioni del proprio corpo, dal definire le emozioni provate in un dato contesto. Tutto il vissuto del paziente, in relazione a un’esperienza passata, viene fissata in una poesia haiku, la quale viene poi condivisa con i compagni di terapia.
Lo scopo di questi gruppi di poesia haiku è proprio quello di ritornare in contatto con le sensazioni che il corpo esprime, accettandole e imparando a non rimuoverle, bensì l’intento è quello di provare ad ascoltarle.
Sono proprio le peculiarità di una poesia haiku, quali l’estrema brevità, il focalizzarsi su una o due immagini precise e così via, che possono favorire un clima adatto nel processo terapeutico[1].
Lo haiku rappresenta, dunque, uno strumento privilegiato per allontanare da sé le emozioni e gli stati d’animo negativi: «Se ti senti solo, anziché scrivere “sono solo”, o provare a descrivere la solitudine identificandoti, così, ancor più con essa, puoi lasciare che sia la solitudine stessa a dar principio alla poesia. Puoi, cioè, scegliere immagini dal mondo circostante che ti aiutino a rappresentare la solitudine in maniera figurata».[2] È importante, a mio avviso, anche il fatto che la composizione di una poesia haiku fa in modo di scindere ciò che un paziente sente dentro di sé, in uno stato patologico, da ciò che egli realmente è. A tal proposito, lo scrittore di haiku (haijin) Natsume Sōseki (1867-1916) sottolineò questo punto di grande importanza:
“Nessuno può essere arrabbiato e scrivere uno haiku allo stesso tempo. Se stai piangendo, esprimi le tue lacrime in diciassette sillabe e ti sentirai felice. Non appena i tuoi pensieri sono scritti sulla carta, tutte le connessioni tra te e il dolore che ti hanno fatto piangere sono recise, e la tua unica sensazione è quella della felicità che sei un uomo capace di versare lacrime.”
In un articolo accademico del 2015 intitolato “Haiku and Healting”[3] pubblicato su “The Empirical Studies of the Arts” gli autori, Kittredge Stephenson e D. H. Rosen, hanno studiato gli effetti della scrittura creativa di poesie haiku al fine di valutarne i potenziali benefici. A questo studio hanno partecipato novantotto studenti di psicologia, componendo haiku per venti minuti al giorno e per tre giorni consecutivi a settimana; subito dopo gli sono stati somministrati test di autovalutazione riguardo soddisfazione della loro vita, grado di felicità, stati depressivi, ansia e così via. Gli studenti sono stati ripartiti in gruppi di scrittura: a un gruppo gli è stato assegnato la scrittura di poesie haiku su un argomento naturalistico neutro, a un altro il tema proposto nelle poesie era su di un evento di vita negativo nelle loro vite. Si è potuto constatare che entrambi i gruppi evidenziavano una diminuzione dell’ansia e degli stati depressivi, aumentando, al contempo, anche la creatività e l’empatia.
Ecco due esempi di componimenti: uno si basa su un evento di vita negativo in forma haiku e il successivo incentrato su di un tema prettamente naturalistico:
a packed car.
A packed road
a pack nightmares
un’auto in panne.
Una strada affollata
una moltitudine di incubi
*
power of water
crashing on rocks –
beauty of nature
la forza dell'acqua
che si schianta sulle rocce –
la bellezza della natura
Un’attenzione particolare merita la scelta, in una poesia haiku, del riferimento stagionale (kigo/kidai). In particolare, il termine stagionale (kigo) non è un mero dato naturalistico che contestualizza il componimento in un preciso periodo dell’anno (stagionalità). Infatti, il kigo rappresenta qualcosa di molto più importante e di grande portata: esso è il veicolo dei moti d’animo del poeta di haiku. Dire, per esempio, “ciliegio in fiore” o “ciliegio appassito” rimanda a sensazioni e sentimenti diversi, ma propri di chi sta scrivendo una poesia haiku in quel preciso momento. Raramente, infatti, negli haiku, anche classici, un lettore potrà trovare espressioni dirette del tipo: “sono felice” o “sono triste”, bensì queste stesse espressioni, ribadiamolo perché è un punto davvero importante, saranno mediate da un determinato riferimento stagionale. Esempi[4] di poesie riguardo a quanto testé esposto:
la primavera parte:
pianto tra gli uccelli e lacrime
negli occhi dei pesci
(Matsuo Bashō)
*
sera d’autunno:
la solitudine è più grande
dell’anno scorso
(Yosa Buson)
*
guarderò la luna
senza mio figlio sulle ginocchia
questo autunno
(Uejima Onitsura)
Inoltre, sussistono, inaspettatamente, anche strette analogie tra lo haiku e la tecnica della libera associazione di idee usata in psicoanalisi.
Cosa si intende per libera associazione di idee?
Il paziente, durante una seduta psicoanalitica, dovrebbe riuscire a comunicare al terapeuta “tutto quello che gli passa per la mente” in relazione a un sogno, per esempio. Può sembrare paradossale, ma riuscire a sviluppare una buona e sciolta capacità associativa richiede un lungo e difficile allenamento.
Questa immediatezza e spontaneità, richieste sia nella seduta psicoanalitica sia nella composizione di uno haiku, sono frutto di una disciplina e di una “educazione” dello haijin, ossia dello scrittore di haiku, così come del paziente che si appresta a intraprendere un percorso psicoanalitico.
Vorrei sottolineare che l’immediatezza e spontaneità negli haiku non sono dati solo e soltanto dallo haijin durante il processo di composizione, ma un ruolo importante è comunque svolto dal lettore di tali brevi poesie: istruttiva, in questo senso, è la frase di Ogiwara Seisensui (1884-1976): “Ciascun haiku è come un cerchio di cui una metà è frutto del lavoro dello haijin, chiudere il cerchio è, però, compito del lettore”. Sembra che in Occidente, dove viene assolutamente sopravvalutata l’influenza dello zen nello haiku, la spontaneità venga legata, invece, al processo di scrittura stesso (esempio: “per scrivere un buon haiku libera la tua mente”).
Fondamentale, quindi, la presenza dello stacco, espresso dai segni interpuntivi, in uno haiku che crea un ribaltamento semantico in un processo molto simile a quello che avviene in psicoanalisi. Prendiamo come esempio quella particolare forma di toriawase (giustapposizione di due immagini in uno stesso haiku) chiamata nibutsu shōgeki , in cui le due immagini giustapposte entrano in aperto contrasto (nibutsu shōgeki in giapponese vuol dire “lo scontrarsi di due cose”). In questo esempio del maestro Bashō (1644-1694) vediamo come funziona tale tecnica:
in questo autunno
perché sono così vecchio?
Tra le nuvole, un uccello
In questo componimento, i primi due versi seguono un flusso ideativo coerente tra loro, al terzo verso, invece, abbiamo il ribaltamento semantico, caratteristica peculiare del nibutsu shōgeki: la prima immagine proposta viene repentinamente cambiata nell’ultimo verso.
Nel metodo della libera associazione d’idee di Freud avviene una cosa molto simile: se penso, per esempio, a una torta, soggettivamente mi ricollego, quasi naturalmente, alle seguenti idee: nonna, compleanno, candeline, soffio. Associazioni che, con molta probabilità, saranno diverse da persona a persona in base al loro vissuto.
In conclusione, vorrei sottolineare come le caratteristiche di questo genere poetico possano essere un valido sostegno alle terapie psicologiche e farmacologiche.
[1] Per approfondire: Haiku nei disturbi del comportamento alimentare, Simonetta Marucci - Simona Tiberi, Edizioni Sì, 2013
[2] In La luna e il cancello, Luca Cenisi, Castelvecchi Editore, 2018
[4] Poesie tratte da: Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Bashō all’Ottocento,, a cura di Elena Dal Pra, Mondadori, 2011.
Antonio Sacco
È nato ad Agropoli nel 1984, vive e compone versi nel cuore del Parco Nazionale del Cilento (Vallo della Lucania, Salerno). È uno studioso e un ricercatore della poesia estremo–orientale (soprattutto di poesia haiku); ha pubblicato su molte riviste internazionali dedicate a questo genere poetico, oltre a essere l’autore di numerosi articoli sia tecnici sia divulgativi sulla poesia d’origine giapponese. Dal 2017 cura la rubrica chiamata “Echi da Shikishima” per Poesia del Nostro Tempo, proponendo non solo recensioni o interviste, ma anche articoli di approfondimento su vari aspetti del genere haikai. Nel 2018, 2019 e nel 2020 è stato inserito nella “European top 100 most creative haiku author”. Già giudice in tre concorsi nazionali di poesia per la sezione haiku; ha, inoltre, pubblicato due raccolte poetiche. L’ultima è intitolata Eppure ancora i nespoli – Dissertazioni sullo haiku (Nulla Die Edizioni 2020).