Poetry Therapy Italia

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Qual è la vera rivoluzione in questo mondo che sembra sempre più allontanarsi da noi e renderci distanti l'un l'altro? Ma certo, la rivoluzione è tutta racchiusa in quest'unica parola, la parola "poesia", quella che agisce, che è e, prima ancora, fa. Di questo ci parla Bobin nel suo libro da tenere in tasca come un mantra da non s-cordare. "Abitare poeticamente il mondo o abitare umanamente il mondo, in fondo, è la stessa cosa."

Certi libri piccoli possono contenere grandi segreti, parole capaci di aprire spazi di riflessione ampi, varchi nei pensieri, schiudere gli occhi per vedere.
Abitare poeticamente il mondo, ovvero L'imbinachino che fischietta (Le plâtrier siffleur) di Christian Bobin è proprio un piccolo libro in grado di dire qualcosa di enorme e non a caso la bellissima collana di cui fa parte della casa editrice Animamundi Edizioni si chiama Piccole gigantesche cose.
La traduzione italiana è di Marina Sottocornola ma il testo originale è a fronte per chi potesse apprezzarlo anche in lingua francese e il tutto è impreziosito dall’introduzione di Sara Costanzo e dalla conclusione di Maddalena Cavalleri.

Recentemente ho preso parte a un laboratorio poetico tenuto da Francesca Genti e lì abbiamo parlato di ciò che la poesia può fare, di ciò che fa e del significato etimologico della parola poesia in cui è proprio nascosto il nocciolo del FARE. La poesia è un’arte, uno spazio di ricerca che ci permette di fare delle cose, dire l’amore, esprimere rabbia, dolore, partecipazione, impegno, polemizzare, ricordare, ci fa riflettere, ci sa risvegliare… Ma la poesia ha un altro legame fondamentale con il nostro quotidiano che può risiedere in un particolare modo di essere e vivere che diventa poetico, perché poetico è un modo di andare nel mondo. Ed è di questo abitare poeticamente il mondo di cui Bobin ci vuole parlare, è su questo modo di contemplare la vita che vuole indirizzare la nostra attenzione.

4 Bobin Christian CopertinaDi cosa si parla dunque quando si parla di poesia? Sembra una domanda così semplice eppure così difficile è rispondervi. Qui la poesia non è una bella frase scritta da un maestro che sa come usare le parole, le sa disporre una dopo l’altra, le cerca, le sente e le posa sul foglio con cura e pazienza, sistema gli spazi bianchi che diventano pieni e sa andare a capo al momento giusto. Qui la poesia è “una presenza diafana nel mondo” e si presenta come un modo con cui “mettere una mano sulla punta del reale. E nominandolo farlo accadere”.

Nel mondo di oggi, dominato dal consumismo e dalle tecnologie, l’uomo non è peggiore di ieri, ci dice Bobin, è semplicemente più smarrito. In questo smarrimento si avverte costante il bisogno di evadere, sfogarsi, di esternare e poi scappare via da un luogo dentro sé che non sentiamo nemmeno di conoscere più. In quel luogo nascosto in noi varrebbe la pena sostare, stare ad ascoltare, respirare e poi provare a guardare fuori per ritrovare quel contatto con il reale che la nostra vita e il nostro abitare poetico non possono non mantenere vivo.

Questa contemplazione, questo cercare una tregua, questo stare nel momento “non chiede nulla, non cerca nulla, nemmeno una pagina di scrittura” e ci riporta sempre più vicini alla realtà che abitiamo, impedendoci una fuga costante da noi, di modo che le cose attorno vengano richiamate e “tutto ciò che è nell’ordine del vivente si avvicina a noi e viene a trovare il suo nome, viene a mendicare il suo nome”.

Abitare poeticamente il mondo è la più grande delle rivoluzioni che possiamo augurarci, un desiderio che sia pratica viva di ogni giorno, in ogni respiro e in ogni sguardo colmo di senso per tutti i minuti delle nostre giornate.

Abitiamo il mondo poeticamente!
Facciamone il nostro motto, il nostro pensiero, il nostro sentire! Perché “i contemplativi possono essere poeti conosciuti in quanto tali ma può esserlo anche un imbianchino che fischietta in una stanza vuota”.

Abitare poeticamente il mondo – Le plâtrier siffleur, di Christian Bobin, AnimaMundi Edizioni, 2019
(edizione bilingue italiano/francese. Traduzione di Marina Sottocornola)

 


 

sara rossettiSara Elena Rossetti insegna lingua e civiltà inglese a Sesto San Giovanni. Si è occupata della traduzione di poesie di Christina Rossetti (Edizioni San Marco dei Giustiniani e GalassiaArte) e di Andrea Inglese (Patrician Press). Ha pubblicato una raccolta di poesie (Patrician Press) e alcuni aforismi con Edizioni Pulcinoelefante. Ha lavorato con la compagnia teatrale Favola di Mattoni e ora frequenta il corso di teatropoesia e fa parte del Coro DiVerso diretto da Dome Bulfaro.
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