“Poesia visiva tra dubbi e ironie”
Poesie di Laura Castellucci.
Recensione di Francesca Papp. Marzo 2023.
Le parole che sorgono
sanno di noi
ciò che noi ignoriamo di loro
(René Char)
Laura Castellucci, artista fiorentina, si è diplomata all’Accademia di Firenze e di Lisbona, con una tesi sulla relazione tra poesia e immagine, e ha intrapreso un percorso di incisione e grafica, dove ha sperimentato la creazione di libri d’artista. Ha esposto una selezione di 80 lavori di poesia visiva in una mostra personale Preludio (2018), realizzati utilizzando la tecnica del collage e del cut-up.
Che cos’è la poesia visiva? La “poesia visiva adopera la simultanea presenza di scrittura e di immagini per aprire una riflessione sulle possibilità di relazione e contaminazione fra questi due linguaggi espressivi” (L. Pini). “Sulla base di un progetto formulato da Apollinaire, e comune alle Avanguardie degli inizi del Novecento, determinante è infatti la volontà programmatica di fondere le arti che convergono in un prodotto inedito, da cui nasce la poesia figurata contemporanea”… “Dal punto di vista formale, la poesia visiva si basa sul collegamento del sistema comunicativo figurale col sistema figurativo linguistico, allo scopo di realizzare una compenetrazione simbiotica. Come chiarisce Giovanni Pozzi nel suo testo fondamentale La parola dipinta, le versioni più celebri di questa forma verbo visiva, come il calligramma o il carme figurato, si realizzano infatti solamente nel momento in cui la comunicazione figurale si accompagna, e non si sovrappone semplicemente, al messaggio linguistico, che pure rimane l’elemento principale”(T. Ranfagni)..
Negli ultimi anni Laura Castellucci si è avvicinata anche ai linguaggi del teatro e della performance, portando in scena due spettacoli di teatro di figura. Lo spettacolo Sonetti/insetto è stato creato a partire da una riscrittura di poesie legate al mondo degli insetti, nella poesia del ‘900; in dialogo con il teatro d’ombra.
Nel mio lavoro amo partire da un pieno,
amo ri-collegare, ri-cucire,
ri-assemblare, ri-edificare,
ri-memorare, ri-scambiare significati
e il frammento mi offre, per sua natura,
infinite possibilità espressive.
(Laura Castellucci)
L’artista esplora le fertili combinazioni di dialogo tra parola e immagine e indaga il rapporto tra linguaggio poetico e arte visiva: “i piccoli collage-poesia di Castellucci nascono per essere osservati, oltre che letti” (L. Pini) e costituiscono “un lavoro sottile, incentrato sulla brevità compositiva, in questo doppio specchio di parole e arte visuale” (C. Guarducci). “Nelle composizioni il senso delle parole e delle brevi frasi, spesso contemporaneamente gravi e ironiche, rimane perciò sempre l’elemento fondante e imprescindibile”...“Attraverso la tecnica del collage l’artista congiunge forme, caratteri o intere parole ritagliate da vecchi libri, assembla frammenti di carta, pezzi di tessuto strappati, bruciati, i quali, grazie ad un esercizio paziente di riconnessione, mutano il loro stato trasformandosi da distesa materica casuale e caotica tutta potenziale a composizione equilibrata e significante”. Con “una grazia insolita”…“Castellucci ri-cotruisce relazioni e avvera nuove possibilità di senso, creando un’estetica limpida ed estatica, dove piccoli grandi svelamenti diventano gioco nel gioco” (C. Guarducci). Il tema del gioco è una tematica relazionale della sua arte: si gioca con se stessi, con gli altri e con l’osservatore/lettore.
Inoltre “i brevi brani testuali, pur presentando una natura varia – domande evocative, confessioni, asserzioni perentorie, interrogativi risolti–, sono però accomunati da una conclusione sorprendente, che conferisce loro forza e risolutezza intrinseche. In essi si esprimono quesiti esistenziali all’interno di riflessioni intime (L. Pini)”.
I colori scelti per lo sfondo e le composizioni che ricordano gli elementi della natura suggeriscono un percorso emotivo da intraprendere attraverso la vista, ricercando una componente anche estetica. “Le sue opere, precise e delicate”… “ci calamitano dentro e si fanno inseguire” (C. Guarducci). Il lettore si immerge con tutti i sensi nell’oceano di immagini e parole. I dubbi e le ironie diventano le colonne sottili ma anche le infrastrutture da cui si dipanano le riflessioni interiori dell’autrice, che escono fuori, all’esterno, e pervadono il foglio e la mente.
“Sicuramente gli aspetti che emergono di più nel mio lavoro sono il carattere dell’essenzialità, dell’equilibrio compositivo e della delicatezza che spesso hanno i materiali che utilizzo (carta velina, carte vecchie ingiallite dal tempo, stoffe di lino etc)”. Fiammiferi o scatole di fiammiferi, carta bruciata, pezzi di cartone, origami, foglie: sono oggetti che fanno parte del testo e sono pretesti per fare poesia in maniera giocosa, per sdrammatizzare i drammi quotidiani alla ricerca di un nuovo equilibrio, che scandisce la vita quotidiana, di un caffè con due ciambelline.
Laura Castellucci affronta con umorismo le pesantezze della vita (che incita a prendere con più leggerezza), le fragilità personali e sociali e la solitudine, che sa di deserto. Alcune immagini ricorrenti simboleggiano metaforicamente degli elementi esistenziali, ad esempio, i sassi o le uova evocano i poli pesantezza/leggerezza e solidità/fragilità. Le macchie nere, i massi, le masse degli elementi che sporgono dalla composizione, con bassorilievi, ricordano gli ostacoli da superare, restando centrati su se stessi e sulle proprie capacità, tra dubbi e ironie.
Come insegnava Carver, citando Guy de Maupassant “non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto”.
Per Laura Castellucci “c’è uno spazio, piccolo e libero. È uno spazio del pensiero, un luogo fisico, un collegamento di un punto nello spazio, un appiglio, un aggancio o un’àncora, un salvataggio, un foro di uscita, una fessura stretta che permette l’uscita, permette di defluire, di scorrere, di non scoppiare, di non annegare” (L. Castellucci).
L’ambiente che ci circonda può essere inglobato e adoperato nella vita di tutti i giorni, da ciascuno di noi, e le angosce umane possono essere rielaborate tramite l’utilizzo terapeutico dell’arte.
“Come le carte topografiche sono la rappresentazione bidimensionale di una zona di territorio fisico, la serie Poesie Topografiche di Laura Castellucci mappa un luogo” da un punto di vista emotivo e psicologico. “Il territorio tracciato è quello dello spazio poetico”… “Flussi, equilibri, legami, còlti nella loro dinamica di interazione, vengono restituiti come fotogrammi di una geografia interiore”… “Al posto di un segno grafico ciò che tratteggia queste opere è una moltitudine di frammenti di carta assemblati in modo da creare stratificazioni” (L. Pini).
In questa ottica diviene fondamentale costruire e ricostruire metaforicamente i legami, smontandoli, conoscendone i pezzi più piccoli e ricostituirli, nuovi, dotati dell’energia e della forza che nascono dalle relazioni importanti.
Nel grande libro d’artista dal titolo Reliquia “Castellucci utilizza il fuoco come mezzo artistico, energia che distrugge, incenerisce, devasta ma allo stesso tempo trasforma, purifica, muta. Un primo grande telo di lino mostra le tracce del passaggio di fiamme violente e insistite; i resti generati dalle bruciature sono deposti in modo ordinato al centro di un secondo telo, come fossero reliquie. Il quadrato di stoffa entro cui sono adagiate sta a rappresentare un recinto sacro, lo spazio simbolico di una raggiunta normativa interiore” (L. Pini). In un piccolo angolo è stata ricamata la poesia:
RELIQUIA
Il fuoco trema le sue parole
Deposte in tracce, in trame.
Violenza e spasmi m'han condotto
A cenere danzante
Nel Giardino d'ordine nuovo
Innalzata sta ogni reliquia,
di dolore.
Di speranza che cura
In custoditi spazi
D’ aperto.
Laura Castellucci, in parallelo all’attività artistica, si dedica anche alla scrittura di poesie, nelle quali sviluppa le tematiche del suo pensiero e ricerche interiori.
PRELUDIO
Per questa notte che è porta,
uscio,
soglia.
Buio d’abisso il tuo magnete m’annienta.
Mi fissa, m’inchioda ad ombra
e dentro accade la vista
che ragionevole s’acquatta.
Sono il lupo nudo, svestita m’incammino
in oscuro che sovrasta.
E parla in me
e canta il suo autorevole silenzio.
In infinito preludio.
Un’intensa spiritualità emerge dal testo e ci orienta verso il senso profondo dell’esistenza in oscuro che sovrasta e ricorda la notte costellata da stelle.
L’uomo, di fronte all’universo, diventa piccolo come un frammento, come una lettera, come un punto: sprofonda nei colori e scompare all’orizzonte.
Il rischio che corre è quello di una frantumazione emotiva, di una rottura: che di noi restino solo cocci, schegge, brandelli, pezzi di ceramica o di porcellana rotti.
Bruciare, frantumare le frasi e le parole diventano allora delle modalità di esorcizzare le paure, dei riti.
SOLILOQUI
Ogni sera
la bestia feroce torna a farmi visita.
Ogni notte
la lascio. Senza sguardi la sgrido.
Lontano il fuoco bianco brucia già e l’ammiro.
Che sul caldo d'ogni pietra
covata dal sole, m’apprendo
a masticare
in burroni d'attesa.
In soliloqui che brucio.
Seguiamo l’artista, attratti dal fuoco bianco, che può rappresentare insieme sia la passione che la purezza, intesa come autenticità, essenzialità: elementi indispensabili nel suo lavoro. L’autrice, attraverso delle domande esistenziali, aperte, senza soluzione, ci suggerisce che siamo noi gli artefici della nostra vita e possiamo scegliere se sanguinare o festeggiare. Possiamo agire, trasformare… sentire il grido del mondo.
Cosa vogliamo fare della sofferenza dell’universo? Come possiamo relazionarci a questo mondo, che scorre come acqua o vento? Restare in silenzio o fare festa? Oppure ascoltare… il silenzio di festa.
IL SILENZIO DI FESTA
Il silenzio
potessi dirlo, il silenzio.
Potessi alzare il suo grido
sopra all'acqua,
senza scusarmi
senza colpe o danni.
Come un trofeo trasparente conquistato con il sangue.
Mai diretta,
mai al sodo che il fuoco brucia!
E poi lascia le macchie santiddio, consuma tutto!
Abbassa la voce, senti? Il grido del Mondo è questo...
E che farne?
Amarlo, certamente o calpestarlo, o laccarlo
d'oro, di glitter, perché no?
Guarda, ascolta è un’eco che parla, rimbomba negli occhi...
Ma no! È solo una colomba in fiore che scalcia per un po’ di albume,
mi attira, bianca promessa...
Ma se cado le ginocchia si frantumano
e mille schegge
e cento grida e strade spezzate, un disastro! Oh, no, no...
Un silenzio di solitudine d’orto...
T'immagini?
Scivolo e sprofondo senza ali io come resto?
Davanti, al margine, sul ciglio al massimo
sull'ammasso di orizzonti interrotti, senza cucirli, sbrandellati, sanguinanti e festosi.
La tua corona li soffocherà come un cuscino in gola!
Lasciali stare,
mai saggio o verme, mai pietra.
Solo acqua e vento, e silenzio di festa.
Con Laura Castellucci assaporiamo il miracolo dell’esistenza, come qualcosa di meraviglioso all’interno dell’universo, da osservare e conoscere con stupore e rispetto.
L’artista realizza i propri obiettivi con il gioco (e con il gioco di parole), con l’umorismo e la tenacia: con le sue opere ci propone di appassionarci, sperimentare e rinnovarsi per affrontare gli abissi e scoprire la vita… Cos’è.
COS'È
“Cos’è la vita
se.
Cos'è la vita se siamo,
un oceano di abissi,
un colabrodo di universi,
un miracolo per sempre,
anche adesso”.
(Articolo precdentemente apparso sul sito di IAFF Istituto di Alta Formazione e di psicologia familiare di Firenze)
Francesca Papp è educatrice, psicologa e psicoterapeuta, specialista in Terapia di Coppia e della Famiglia. Da febbraio 2021 cura la rubrica mensile di poesia e psicologia LeggerMente, in collaborazione con l’Istituto di Alta Formazione di Firenze e, da luglio 2022, anche con la rivista Poetry Therapy Italia.
Ha pubblicato una raccolta di racconti e tre raccolte di poesie che ripercorrono metaforicamente alcuni viaggi speciali.