Teatro, Poesia, Racconto e Lingua straniera: sono queste le attività emotivo-relazionali con i malati di Alzheimer condotte e sviluppate da Paola Perfetti, all’interno della più sorprendente e magica casa di cura per lungodegenti malati di Alzheimer: Il Paese Ritrovato di Monza. In questa intervista emergono anche gli spifferi, gli odori, le visioni di questo luogo che è un “concentrato di umanità”.
Il Paese Ritrovato sembra il villaggio di una fiaba nata dalla penna del poeta e scrittore danese Hans Christian Andersen. Evoca una fiaba per i colori cangianti delle casette a due piani o per la creatività dell’arredo urbano nei vialetti, il bar, il teatro, il parrucchiere, il minimarket e tutti gli altri servizi e comfort costruiti a misura di malato di Alzheimer, ma anche e soprattutto evoca una fiaba per il grado altissimo di umanità che si respira in quel luogo.
Il Paese Ritrovato, inaugurato nel 2018, costituisce il secondo esperimento di casa di cura villaggio mai costruito al mondo. Il primo, che ha funzionato da modello, si chiama Hogewey ed è nato in Olanda nel 1993 a Weesp, un paese di circa 17mila abitanti, famoso per le fabbriche di porcellana e di cioccolato. Hogewey, come Il Paese Ritrovato, è una “casa di riposo” concepita come un quartiere integrato nel resto della cittadina (nel caso italiano la città di Monza), che donando una vita “normale” ai propri ospiti, li aiuta a preservare e utilizzare al meglio le proprie risorse residue, restituendo a ogni degente la massima dignità.
Questa casa di cura, così concepita, ha il dono di far sentire subito a casa non solo i lungodegenti affetti da demenza senile: il Paese Ritrovato istilla amore, amore materno, senza tempo, in tutti coloro che ci abitano e ci lavorano. Ho respirato in prima persona questa aria intrisa di magia, propria de Il Paese Ritrovato, quando Paola Perfetti dopo l’intervista mi ha guidato con la premura che la contraddistingue alla visita del villaggio. L’Alzheimer è una malattia in cui con la perdita della memoria, si erodono tanti punti di riferimento, specie quelli affettivi dei propri cari che il paziente spesso non è più in grado di riconoscere. Nel Paese Ritrovato gli ospiti malati di questa demenza ritrovano nuove sicurezze e una nuova vita affettiva. Il mattone rosso che costruisce Il Paese ritrovato è l’amore nella relazione, volta a regalare il meglio di sé sia agli utenti-ospiti con capacità cognitive residue ma anche fra colleghi. E questa intervista lo testimonia.
Mariella Zanetti, medico geriatra del Paese, in un videoservizio di presentazione di questa struttura evidenzia come “Le caratteristriche innovative de Il Paese Ritovato riguardano soprattutto la personalizzazione della cura, cioè il fatto che queste persone con fragilità cognitive di vario tipo, sono seguite in maniera individualizzata e personalizzando il più possibile tutte le proposte che vengono loro fatte” (https://cooplameridiana.it/centri_e_servizi/paese-ritrovato/). A questo principio vanno aggiunti quelli di “libertà” e “autodeterminazione” della propria vita da parte del paziente, altri due principi guida che, pur nei limiti dettati dall’Alzheimer, sono alla base della filosofia di chi opera ne Il Paese Ritrovato. Questo borgo di cura ospita 64 residenti, che abitano in 64 appartamenti indipendenti collocati in otto unità abitative, disposte come a formare un fortino che pare voglia proteggere con i suoi robusti e squadrati edifici i suoi così fragili residenti. Il fatto che queste persone, malgrado la degenerazione delle loro facoltà cognitive, possano vivere liberi nel Paese scegliendo come organizzare la propria giornata dà come straordinario risultato un significativo rallentamento dei processi degenerativi specifici dell’Alzheimer, un risultato che dipende anche da un altrettanto significativo contenimento dell’ira e della frustrazione (emozioni in cui una persona malata di Alzheimer rischia facilmente di cadere) e quindi del loro dolore. Perché non inganni il clima da fiaba che senz’altro regna ne Il Paese Ritrovato: per quanto tutto il personale qualificato e medico operi ponendo al centro la valorizzazione di tutte le risorse residue di ogni malato residente, non bisogna mai dimenticare che ci troviamo in una struttura volta a curare persone che soffrono. Sofferenza che grazie allo straordinario lavoro di prevenzione delle attività condotte da Paola Perfetti, viene ampiamente contenuta e trasformata in beneficio alla persona.
DB: Buona poesia Paola, tu sei la persona che ne Il Paese Ritrovato si occupa di quelle attività per i residenti affetti dal morbo di Alzheimer che voi nel Paese definite emotivo-relazionali. Quali sono e come si sviluppano?
PP: A differenza di altre attività svolte nel Paese Ritrovato di tipo più frontale, quelle che seguo io, cioè i laboratori di Teatro, Poesia, Racconti e Lingue Straniere, mettono in gioco i residenti da un punto vista più di relazione, puntando alla comunicazione fra di loro e alla relazione con le loro emozioni. Per cui sono attività che stimolano la condivisione, l'espressione del lato più emotivo legato al ricordo, sempre però condiviso. Credo sia questa la caratteristica più forte di queste attività.
L’attività del Teatro, in quanto drammaterapia, è fra le quattro quella più strutturata e studiata poiché, avendo i residenti difficoltà mnemoniche, si lavora molto con l’improvvisazione guidata, sulla ritualità di alcuni esercizi e lo studio del personaggio. I personaggi messi in scena sono molto caratterizzati, anche esasperati, per aiutarli a riconoscerli, per giocarci e facilitare l’identificazione. Il personaggio scelto ricalca i tratti salienti della personalità dell’interprete, i quali vengono quindi esagerati; si segue così l’identità della persona che attraverso il ruolo sfoga, comunica, gestisce parti di sé ma nel confine dato dalla scena.
A volte risulta un lavoro catartico, perché mette in gioco le sfaccettature del loro carattere e della loro storia personale in maniera creativa aprendo a nuove trasformazioni: per esempio c’è uno degli attori che ha obiettivamente una certa rigidità caratteriale e apprezza, nella storia a cui stiamo lavorando in questo periodo, che il suo personaggio a un certo punto si ammorbidisca e sia amato da tutti. Trasformazione del personaggio e gioia della persona condivise e rafforzate dalla presenza del gruppo. In generale all’attività di Teatro rispondono molto bene. Il laboratorio è attivo nel Paese da tre anni e in questo ultimo anno lo stiamo proponendo in maniera assidua, cade infatti due volte alla settimana anziché una. All’inizio del laboratorio partecipava solo un piccolo gruppo adesso è frequentato mediamente da una ventina di persone: quindi la compagnia adesso è bella numerosa. I residenti scelgono di volta in volta se frequentare o meno l’attività, sanno o gli ricordiamo che l’appuntamento è in programma in quelle ore in quei dati giorni della settimana e loro scelgono liberamente se partecipare.
Il gruppo di teatro è composto da chi può trarre beneficio da questa disciplina e quindi da chi ha caratteristiche adeguate a ricevere questo tipo di stimoli. Tutte le attività de Il Paese Ritrovato, comprese queste emotivo-relazionali, sono finalizzate a portare benefici ai residenti, quindi c’è da parte di tutto il personale la massima attenzione che i fruitori delle nostre proposte e dei nostri servizi non subiscano l’effetto opposto al beneficio.
Adesso stiamo lavorando a una commedia ispirata alle telenovelas. La trama infatti è piuttosto strana, intricata e divertente. Si susseguono amori, amanti, tradimenti scoperti e catarsi appunto, e devo dire che loro si divertono moltissimo, anche perché hanno modo di lasciarsi andare liberamente. Durante il training abbiamo scoperto insieme la passione per i costumi di scena e le maschere, non solo quelle di costume, ma anche la maschera bianca, la quale contrariamente al suo aspetto che può apparire inquietante, si è mostrata invece una risorsa per lavorare su espressività e comunicazione. Gli attori de Il Paese indossando la maschera si sentono più liberi di esprimere sé stessi, come se, riferiscono, avessero una coperta che li protegge. Piano piano stiamo sperimentando e scoprendo pratiche e modalità perché essendo il villaggio un contesto/realtà nuovo, tutto quello che si attiva qui fornisce reazioni nuove e nuovi stimoli che ci aiutano a migliorare la qualità della vita dei residenti e non solo…
L’attività teatrale favorisce molto anche la formazione del gruppo e aiuta la relazione: conclusa l’attività e usciti dal teatro, i residenti continuano ad avere voglia di stare insieme, mantenendo tracce di benessere e buon umore, a prescindere che si ricordino o meno dell’attività di teatro svolta.
DB: La letteratura sulle modalità e i benefici che la Poesiaterapia può portare ai malati di Alzheimer è ridotta al lumicino. Questa intervista, come gli altri articoli inerenti questo tema inclusi nel presente numero di Poetry Therapy Italia, vanno nella direzione di voler colmare questo vuoto. Tu Paola sei una delle pochissime professioniste che in Italia sperimenta con continuità l’attività di poesiaterapia con chi è affetto da questo morbo. Spiegaci, cortesemente, come si struttura e come si svolge questa tua seconda attività emotivo-relazionale?
PP: Anche il laboratorio di poesia avviene nello spazio chiamato Teatro. Da due anni a questa parte, una volta alla settimana, il setting è il seguente: i residenti si dispongono seduti a semicerchio e la disposizione viene chiusa da un tavolo su cui dispongo il materiale per l’incontro: testi di poesia, aforismi, frasi e soprattutto carta e penna. Leggo testi brevi, stando attenta al tono della voce e all’intenzione (il linguaggio analogico è importante più di qualsiasi parola); gli argomenti sono l’amore, l’amicizia e in generale i grandi temi della vita ma anche la descrizione di un paesaggio d'estate. Ad esempio oggi abbiamo letto Il sabato del villaggio di Leopardi e abbiano parlato dell'importanza della preparazione e delle attese, del fare in prospettiva di un obiettivo da raggiungere e poi del momento in cui si raggiunge l'obiettivo, della malinconia simbolica della domenica perché l’indomani sarà lunedì. Quindi nascono dal gruppo riflessioni, condivisioni, momenti filosofici, perle di saggezza, che io come fossero versi liberi di una poesia mi appunto durante l’incontro, secondo il metodo Cardenal, e che poi montati diventano il loro testo poetico della giornata. Da questa esperienza poetica è nata poi da parte dei residenti che partecipano a questa attività la voglia di condividere queste “parole de Il Paese Ritrovato”, nate dalla spontaneità e dalla libertà e soprattutto dal desiderio di lasciare una traccia, la loro.
Ho cominciato come volontaria a usare la poesia circa 8 anni fa presso la RSA San Pietro con il progetto de La Casa della Poesia “PoetiFuoriStrada” usando il metodo Cardenal.
A Il Paese Ritrovato il metodo è adattato sui residenti e alle loro esigenze. Il metodo poetico segue qui con più attenzione la biografia del residente, la selezione dei contenuti e i modi di comunicare i contenuti. Sempre stamattina abbiamo letto poesie della Dickinson, di Lorca, di Prévert e di altri autori scelti: le poesie selezionate devono essere composte da parole semplici e concetti comprensibili. Un altro elemento importante è la musicalità: dove non arriva il significato arriva tutto l'analogico che può scaturire dal testo, aiutato dall’intenzione data dalla voce. Le parole comprese rimandano a emozioni che vengono condivise attraverso immagini, ricordi o fantasie. Il feedback è spesso profondo come le frasi pronunciate che vengono raccolte creando “poesie” che spesso riguardano il senso dell'infinito, dell’esistenza, della felicità, dell'amore. A volte le riflessioni partono anche solo da un aforisma letto ad alta voce o dalla proposta di un tema da parte di uno dei residenti e niente è mai banale. Il primo libretto di poesie del gruppo “Il Massimo del Minimo” (così si sono voluti far chiamare) uscirà a dicembre a Il Paese Ritrovato.
DB: L’attività di poesiaterapia è frequentata solo dai malati di Alzheimer residenti?
PP: In linea di massima sì però il laboratorio di Poesia, come tutte le altre attività emotivo-relazionali che conduco, non è frequentato esclusivamente dai residenti ma, seguendo la filosofia de Il Paese Ritrovato, l’attività viene aperta anche ai parenti che entrano ed escono abbastanza liberamente.
Se un parente in visita vuole partecipare per condividere un’attività emotivo-relazionale con il suo familiare residente può farlo e, se se la sente, può essere parte attiva dell’incontro, intervenendo: è bello e importante sia per i residenti sia per loro.
Ad esempio abbiamo in progetto, più avanti, di domenica o in un giorno della settimana, di proporre teatro con un gruppo di residenti e familiari, con una messa in scena costruita in un'ora dove loro si possono organizzare, divertire e tutti quanti possono essere altro da quello che tutti i giorni sono: coinvolgere anche i parenti nell’attività teatrale significa offrire l’opportunità di incontrare i loro cari in una modalità diversa, creativa, in modo che costruendo qualcosa di nuovo insieme, si costruisca in modo naturale una nuova e spesso sorprendente relazione.
DB: Mentre l’attività emotivo-relazionale de I Racconti come si svolge?
PP: La terza attività emotivo-relazionale che svolgo sono “i racconti”, brevi, che scelgo e leggo ad alta voce sempre all’interno dello spazio Teatro. Il setting è quello del “focolare” con me al centro e loro intorno. A volte propongo letture con una morale molto profonda, altre racconti semplici di vita quotidiana, altre ancora partiamo da racconti motivazionali. Anche in questo caso scelgo testi che portino a riflessioni e condivisione di gruppo, quindi torniamo alla relazione e alle emozioni. La lettura con i residenti malati di Alzheimer richiede che ci siano costanti direttive analogiche: il contatto con gli occhi, lo sguardo, l'uso della voce, l’osservazione condivisa, il richiamo all’attenzione; tutto della lettura è finalizzato al loro benessere.
DB: In quale delle quattro attività che proponi si innesca più facilmente fra i partecipanti il mutuo-aiuto?
PP: Emerge soprattutto nell’attività del Teatro. Una modalità di mutuo-aiuto, come ho accennato nella domanda precedente, passa dal voler smussare, trasformare e rendere positivi i personaggi ed è un processo individuale aiutato e sostenuto dal gruppo: in generale i partecipanti vogliono cose amorose, benevole; non piacciono le persone cattive o i personaggi cattivi. L’ironia che spesso mettono in gioco fra di loro, torna utile anche per risolvere problemi di scena: lo stesso problema della memoria viene risolto con ironia dal gruppo: ad esempio è capitato che uno chiamasse madre tutti gli attori in scena e quindi quel “difetto” è stato trasformato poi nella caratteristica del personaggio stesso, trasformandolo in un ironico tormentone ripetuto in scena da tutti. Il “limite” della persona diventa così il punto di forza caratterizzante del suo personaggio.
Altra componente di mutuo-aiuto ricorrente nel laboratorio di Teatro, e che la drammaterapia dà l’opportunità di rafforzare e contestualizzare, è il contatto fisico, elemento di ricerca spontanea del calore umano da parte dei partecipanti. La carezza, il parlare d'amore/affetto, l'abbraccio sono particolarmente presenti nella costruzione della relazione quotidiana a Il Paese.
DB: Quindi i residenti durante il periodo di covid, quando non ci si poteva toccare, avranno sofferto in modo particolare questa impossibilità di contatto fisico diretto.
PP: Nel periodo di covid tutti gli operatori, io compresa, eravamo bardati con tanto di mascherine e quindi ci si poteva toccare ma sempre mediati da uno schermo. In quel periodo ho fatto tanta lettura ad alta voce perché i residenti erano spesso chiusi nel loro appartamento. Avevamo questi tavoli da pranzo sul quale disponevo diverse biografie che leggevo e commentavo: è molto importante commentare ciò che si legge, perché è facile che perdano l’attenzione. Diciamo che l'arte arriva sempre in aiuto in queste situazioni così critiche. In via di sperimentazione abbiamo utilizzato anche un robottino di nome Nao…
DB: Mi Incuriosisce molto questa sperimentazione, ce la potresti spiegare più in dettaglio?
PP: La sperimentazione a Il Paese Ritrovato del robottino Nao è nata dalla collaborazione tra la cooperativa La Meridiana, la Scuola di Robotica di Genova (https://www.scuoladirobotica.it/il-robot-nao-al-paese-ritrovato-un-nuovo-assistente-per-i-residenti-della-struttura-assistenziale/) e la Banca D'Italia che ha finanziato il progetto. Si tratta di un robottino che è già stato utilizzato in supporto all’autismo e per la prima volta è stato qui utilizzato in supporto all'Alzheimer, per cui insieme all'equipe abbiamo scritto gli scenari adatti, intendendo per scenari il programma di azione del Robot. Ogni pulsante corrispondeva ad una attività specifica di intrattenimento.
Il robot veniva collocato sul tavolo e l'operatore lo gestiva facendo entrare in relazione NAO con il residente. Nonostante il robot assomigli a un giocattolo è però un robot tecnologicamente avanzato e non una bambola, questa differenza sostanziale ha evitato il rischio di cadere nell’infantilizzazione dell'oggetto. NAO ha permesso di favorire e rinforzare il dialogo con l'operatore. Ad esempio a una persona residente a cui io non stavo molto simpatica, ma a cui era simpatico NAO, nel momento in cui mi ha classificata come amica di NAO, ha cambiato atteggiamento nei miei confronti.
Per il momento NAO è stato messo da parte per fare altre attività ma non è detto che non ritrovi di nuovo spazio ne Il Paese Ritrovato.
Paola Perfetti, Biografia
È drammaterapeuta, attrice, formatrice. Durante e dopo gli studi universitari di Filosofia approfondisce l’interesse per la comunicazione con un percorso svolto attraverso il teatro e l’arteterapia che la conduce a formarsi in drammaterapia con una tesi intitolata “La comunicazione tra medico e paziente: la drammaterapia nella formazione del personale sanitario”. In seguito, per accrescere le tecniche di ascolto attivo, conclude un corso triennale di formazione in counseling umanistico esistenziale.
Regista ed esperta teatrale di strategie educative e attoriali, specializzata in gioco di ruolo, da più di venticinque anni coordina e conduce attività teatrali di gruppo a scopo didattico/formativo e terapeutico in diverse realtà del territorio.
Co-ideatrice e interprete nei recital del ciclo "Carta da Lettere”, è specializzata in lettura scenica. Dal 2015 volontaria presso la R.S.A. San Pietro di Monza come poeta facilitatore con il progetto PoetiFuoriStrada (metodo Ernesto Cardenal) promosso da La Casa della Poesia.
Lavora in alcuni Centri de La Meridiana, in particolare presso Il Paese Ritrovato, primo villaggio in Italia dedicato solo ai malati di Alzheimer, dove si occupa della realizzazione di attività “emotivo-relazionali” tra le quali Teatro e Poesia. Presente all’edizione 2022 dell’Alzheimer Fest per presentare l’esperienza della drammaterapia all’interno de Il Paese Ritrovato.
Dome Bulfaro (1971), poeta, esperto di poesiaterapia, si dedica alla poesia (di cui sente un servitore) ogni giorno dell’anno. È tra i più attivi e decisivi nel divulgare e promuovere la poesia performativa; ed è il principale divulgatore in Italia della poetry therapy/poesiaterapia. Dal 2021 è docente di Poesiaterapia e Lettura espressiva poetica presso l’Università degli Studi di Verona, nel pionieristico Master in Biblioterapia. Nel 2013 ha ideato e fondato con C. Sinicco e M. Ponte la LIPS - Lega Italiana Poetry slam. Nel 2023, ha ideato e fondato con M. Dalla Valle. P. M. Manzalini e I. Monge la BIPO - Associazione Italiana Biblioterapia e Poesiaterapia, prima associazione di categoria. Ha fondato e dirige Poetry therapy Italia (2020), rivista di riferimento della Poesiaterapia italiana. Ha fondato e dirige (con Simona Cesana) PoesiaPresente – Scuola di Poesia (2020) performativa, scrittura poetica e poesiaterapia. www.domebulfaro.com (Foto Dino Ignani)
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