Con questo breve stralcio, selezionato da Dome Bulfaro in funzione dell’argomento trattato in questo numero di Poetry Therapy Italia, inizia un lavoro di approfondimento da parte della nostra redazione di Antonio Bertoli, uno dei pionieri più significativi della poesiaterapia italiana, i cui insegnamenti non vanno in alcun modo dimenticati ma anzi ripresi e sviluppati.
Con questo primo stralcio tratto da Psico-bio-genealogia. Le vere origini della malattia[1] e una sua dichiarazione su cosa egli intenda con psicobiogenealogia introduco per la prima volta nella nostra rivista Antonio Bertoli, che considero una delle figure più scintillanti in cui io sia incappato in questi ultimi anni di studi. Si tratta a mio avviso di una figura capitale per la cultura italiana degli ultimi decenni, fondamentale anche per lo sviluppo della poesiaterapia italiana e non solo.
Amico fraterno dei poeti Alejandro Jodorowsky e Lawrence Ferlinghetti, è stato certamente iniziato alla psicomagia di Jodorowsky ma ha poi elaborato una propria visione e disciplina, da lui denominata psicobiogenealogia, in cui si indaga dove nascono le malattie, quali legami hanno con la nostra famiglia e come guarire attraverso quello che Bertoli chiama l'“atto poetico” a dimostrazione del ruolo centrale che conferisce egli alla poesia nella sua pratica di guarigione.
Io chiamo l'atto terapeutico “atto poetico” perché credo che la poesia sia uno dei pochi campi, se non l'unico, che sia rimasto al di fuori del pensiero digitale e anzi lo contrasta attivamente. La poesia non è strumentale né mercantile, infatti, e non ha altro scopo né altra voce che quella dell'essere più profondo che ci abita e che siamo in realtà. Per concludere questa parte dedicata all’atto terapeutico, e soprattutto dopo aver parlato di pensiero analogico, mi sembra dunque utile e appropriato inserire alcune considerazioni sulla poesia che ho scritto all'interno di un'introduzione a un libro di Alejandro Jodorowsky (Io e i Tarocchi)[2].
Basterebbe sostituire la parola “poesia” con “atto poetico” e se ne vedrebbe immediatamente la continuità argomentativa con quanto detto finora, ma devo anche confessare che mi piace l'idea di concludere un testo sull'atto terapeutico con alcune considerazioni sul senso della poesia, perché sono davvero convinto che è proprio di poesia che questo mondo e noi tutti abbiamo davvero bisogno.La poesia è una lotta continua per fare affiorare qualcosa che non ha parole all'interno delle parole.
A cosa servono le parole? A comunicare. Ma le parole sono soprattutto comunicazioni precostituite, servono a comunicare dei significati precisi e a ricomporre sempre la realtà per quella che è. Le parole servono a riprodurre la realtà, a ripetere la realtà e dunque a ricostruirla sempre uguale.
È così che si riproduce il potere, la malattia, lo scivolamento delle nevrosi e dei problemi del passato nel presente. È così che siamo padri e madri e figli e figlie sempre uguali. È così che il passato è uguale al presente e il presente si trasforma in futuro. Ed è così che il mondo non cambia.
La poesia non riproduce le parole, le usa per cambiarne il senso e produrre un altro. Fa delle parole l'evocazione di un'immagine, e questa immagine è la mutazione del presente e della realtà.
La poesia è l'insurrezione dell'essere contro le mura in cui lo vogliono costretto, la gobba del cammello che fa sopravvivere nel deserto, la trasformazione del fisso e mutevole, l'alchimia che riunisce questi due opposti. Niente è detto definitivamente. Per un problema non c'è un'unica soluzione ma un'infinità di soluzioni. Una parola ha mille e più significati. La realtà è a misura di interpretazione.
Cos'è la poesia, dunque?
È la libertà di espressione che cerca un essere costretto a esprimersi tramite un linguaggio asservito all'ordine costituito delle cose. È il vagito dell'essere che non vuole asservirsi alla ripetizione, il grado dello spirito che non vuole essere di questo mondo ma del mondo, la fede che vuole dare un altro senso alle parole. Perché le parole creano la realtà e dunque nelle parole c'è tutto il senso del mondo per come è adesso.
Poesia è ridare alle parole la libertà che non hanno più: quella di ricreare un senso della realtà, un altro o altri significati.
Che cosa è la poesia, allora?
È dare parola e realtà a qualcuno che non ha parola né realtà: l'essere primordiale che ci abita e che costituisce la nostra vera essenza, quella che ci ricollega tutti e che siamo davvero in primis.
“All'inizio era il verbo” ovvero “all'inizio era il verso”. L'atto creativo originario. Originale. Lo spirito che si materializza e la materia che si spiritualizza, come il Matto che vuole il Mondo e il Mondo che vuole il Matto nei Tarocchi.
La poesia è l'atto creativo per eccellenza: dare realtà a ciò che non ha realtà. Creare un'opera che non ha fondamento. Dare voce al silenzio. Esprimere l'infinito nell'effimero.
Urlo muto dello spirito che abita le mie strade, la mia casa, i miei viaggi, la mia macchina, le mie relazioni, le parole che mi escono male, gli incontri voluti e quelli non cercati.
La poesia è il non tempo e il tempo della mia vita, quello che voglio, che vorrei. È la vita che si vuole vita e non sopravvivenza, perché sopravvivere è nascere e morire senza mai vivere.
Fare vivere le parole, dunque, ridare loro una nuova vita. Siamo noi, quella parte migliore di noi che non conosciamo e che non è schiava né è asservita a nessuno. È a questa parte che si ridà voce nella poesia. È questo che si fa vivere facendo rivivere le parole: l'essere cui non è permesso di vivere, quello senza limiti e senza schiavitù, senza l'obbligo di ripetere.
La poesia non ripete. Vive. Il suo tempo è il presente che non ha né passato né futuro. Si risolve ora e qui, per me che sono tutti gli esseri. È il tentativo dello spirito di darsi una voce in un mondo che non prevede la sua lunghezza d'onda. Lo sforzo di trovare connotazione a ciò che non si può connotare, lo sforzo di denotare ciò che non è denotabile.
L'amore è incomprensibile per la mente, ma l'essere sa benissimo cos'è. Le parole lo esprimono con metafore, con immagini, perché non possono racchiuderlo.
È questo anche il linguaggio del mito, che è pura poesia. Un pensiero per immagini, una scrittura per immagini dove parla la vera essenza di tutti noi, che non è storica, non è politica, non è temporale, non è spaziale. È uno ed è tutti. È niente ed è tutto. Un vuoto pieno. Un linguaggio completamente unico e universale. Come il mito.
Una canzone, il verso, la vita, la poesia. Il vento ha dato la musica e la pioggia il ritmo lento della prima ninna nanna. L'amore ha dato le parole a una coppia, che il bambino ha trasformato in sogno.
In questo sogno nasce la poesia.
Il secondo stralcio che ho selezionato è tratto da un'intervista, una delle sue ultime, rilasciata da Antonio Bertoli alla rivista "Scienza e Conoscenza"[3]. L’ho qui riportata per offrire dei primi tratteggi della sua figura di “terapoeta” e la sua Psicobiogenealogia, con l’intento poi di riprendere e sviluppare il suo studio nei numeri successivi di Poetry Therapy Italia.
Antonio Bertoli ama definirsi terapoeta, ovvero terapeuta e poeta. La sua ricerca su come il modello familiare e genealogico ci condiziona nella nostra realizzazione di anime sulla Terra nasce molti anni fa, da interessi personali che hanno avuto la caratteristica della "chiamata" che non si può ignorare e studi interdisciplinari guidati da un'insaziabile curiosità (...).
Antonio ci puoi spiegare cosa intendi per psicobiogenealogia?
La parola stessa già ci preannuncia che si basa sullo stretto legame tra psicologia, biologia e genealogia. Psicologia che studia la psiche, intesa come interazione tra conscio e inconscio, intesa soprattutto come psicologia relazionale e ancor più nello specifico psicologia sistemica. Essa considera le interrelazioni dei componenti di quel sistema. La sistemica ben si applica alle relazioni familiari ovvero le relazioni tra figli e genitori.
Genealogia perché si contemplano anche i legami con le precedenti relazioni familiari, cioè applica una sistemica relazionale che non si limita al solo rapporto genitore-figlio ma sale alle generazioni precedenti. Se voglio capire me stesso, studio il legame con i miei genitori ma se a mia volta voglio comprendere i miei genitori, studio il rapporto che questi ultimi hanno avuto con i loro genitori, ovvero i miei nonni. E via salendo fino alle generazioni precedenti (almeno fino a quella dei bisnonni).
La Biologia interviene per spiegare come alcune malattie ricorrano e si ripetano tra le diverse generazioni. Esistono quindi un padre e una madre archetipici, ovvero i primi genitori che hanno dato vita al nostro albero genealogico, quando ci siamo differenziati dalla zoologia e abbiamo intrapreso il cammino verso l’Umanità.
Nasce così il Padre, un artificio della natura umana, poiché il padre in natura, tra i mammiferi, non esiste: esiste il maschio che ingravida la femmina ma non alleva la prole. La madre invece è madre per natura, anche nella sfera animale e lo è da 540 milioni di anni. Il padre invece è un’invenzione umana che esiste da un paio di milioni di anni, creatosi con l’evoluzione. Il maschio è diventato Uomo e la femmina è diventata Donna. Così inizia l’invenzione della storia, con le memorie che si tramandano.
Con la trasmissione della storia però non si trasmettono solo gli aspetti positivi di una generazione, ma anche i suoi errori: ecco allora che il sistema si sclerotizza con la trasmissione degli errori psicogenealogici. Se a un certo punto dell’albero genealogico si verifica una regressione all’animalità che perde di vista l’orizzonte umano, come un abuso o una morte precoce o violenta, si crea un errore che si nasconde all’interno dell’inconscio: quest’ultimo è già per noi una cripta difficile da esplorare e l’errore diventa una cripta all’interno della cripta.
Diviene sepolto nelle memorie dell’inconscio che si tramanda da generazione a generazione. E allora nasce un conflitto tra ciò che l’Anima è realmente e ciò che ha ereditato dal suo albero genealogico. Questo conflitto, se non risolto, scatena una reazione biologica prima ancora che psicologica, poiché la biologia nasce prima della psicologia.
Noi rispondiamo tramite la nostra biografia a un conflitto che è stato generato tre o quattro generazioni precedenti la nostra. E allora scatta la biologia che crea una malattia: essa nasce per risolvere un conflitto nato in generazioni precedenti.”
Antonio Bertoli (1957-2015), poeta e scrittore, uomo di teatro e performer, si occupa da sempre di poesia e di arte e della loro interazione con la società, la conoscenza, la psicologia del profondo e la guarigione, è il più importante conoscitore della psicogenealogia.
Dopo Gurdjieff e la scuola di autoconoscenza di Silo, incrocia la psicanalisi, si laurea sulle avanguardie storiche del Novecento, dirige teatri, fondatore nel 1997 a San Niccolò dell’unica filiale al mondo del leggendario City Lights Bookstore di Lawrence Ferlinghetti, pubblica libri, dirige collane editoriali, festival, ideatore tra gli altri di "Fuck art let’s dance!" (dal 2001), il festival di poesia, musica ed arti performative, lavora per circa diciotto anni con Alejandro Jodorowsky (teatro, poesia, letteratura, esposizioni, stages di psicomagia e tarocco), collabora con F. Arrabal, L. Ferlinghetti, Ed Sanders, J. Baudrillard, D. Dumas e vari esponenti della cultura, della psicogenealogia e dell’arte contemporanea.
Esperto anche di Nuova Medicina, che ha fuso con la psicanalisi transgenerazionale all’insegna di quella che ha chiamato “Teoria degli archetipi primari”, conduce stages intensivi al riguardo sia in Italia che all’estero (Spagna, Francia, Belgio).
Tra i suoi testi e interventi più significativi, inerenti la poesiaterapia, Psico-bio-genealogia. Le vere origini della malattia (Macro, Cesena, 2010) e la postuma uscita Alle Origini della Malattia (Videocorso Digitale) La guarigione come atto psicomagico (con Alejandro Jodorowsky, Macro, Cesena, 2016).
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[1] Bertoli Antonio, Psico-bio-genealogia. Le vere origini della malattia, Macro, Cesena, 2010, pagg. 295-297
[2] Jodorowsky Alejandro, Io e i tarocchi : la pratica, il pensiero, la poesia, traduzione e introduzione di Antonio Bertoli, Giunti citylights, Firenze, 2007. (NdR)
[3] L’intervista qui ripresa dal blog https://www.gruppomacro.com/blog/autori/redazione-scienza-e-conoscenza ed è stata pubblicata integralmente in “Scienza e Conoscenza”, n. 53, 2015. Scienza e Conoscenza è la rivista ufficiale di Macro Gruppo Editoriale, una rivista trimestrale nata nel 2002 dalla volontà dell'editore Giorgio Gustavo Rosso insieme a Ivana Iovino i quali si sono ispirati alla rivista Golden Thread realizzata negli Stati Uniti. La rivista intende creare uno strumento di informazione che connetta le indagini scientifiche di frontiera con lo sviluppo di una nuova consapevolezza.
Dome Bulfaro (1971), poeta, esperto di poesiaterapia, si dedica alla poesia (di cui sente un servitore) ogni giorno dell’anno. È tra i più attivi e decisivi nel divulgare e promuovere la poesia performativa; ed è il principale divulgatore in Italia della poetry therapy/poesiaterapia. Dal 2021 è docente di Poesiaterapia e Lettura espressiva poetica presso l’Università degli Studi di Verona, nel pionieristico Master in Biblioterapia. Nel 2013 ha ideato e fondato con C. Sinicco e M. Ponte la LIPS - Lega Italiana Poetry slam. Nel 2023, ha ideato e fondato con M. Dalla Valle. P. M. Manzalini e I. Monge la BIPO - Associazione Italiana Biblioterapia e Poesiaterapia, prima associazione di categoria. Ha fondato e dirige Poetry therapy Italia (2020), rivista di riferimento della Poesiaterapia italiana. Ha fondato e dirige (con Simona Cesana) PoesiaPresente – Scuola di Poesia (2020) performativa, scrittura poetica e poesiaterapia. www.domebulfaro.com (Foto Dino Ignani)
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