Poetry Therapy Italia

012 massi

L’esperienza del laboratorio di scrittura poetica “Officina poetica di Heraclea”, ideato e condotto dalla prof.ssa di Lettere e arteterapeuta Mariangela Fiorenza con gli adolescenti di Policoro, nato per ricucire il legame tra scienza e poesia, per nutrire il piacere della scrittura poetica quale processo creativo, trasformativo e comunicativo del Sé e per stimolare la padronanza del linguaggio poetico e le competenze trasversali di ascolto, comprensione, lettura e scrittura.

L’Officina poetica di Heraclea apriva il suo spazio agli alunni di tutti gli indirizzi dell’I.I.S. Fermi di Policoro (MT) sei anni fa: un laboratorio di scrittura poetica con cadenza settimanale della durata di due ore, mosso dall’intenzione di accompagnare i partecipanti (ragazzi e ragazze dai 14 ai 19 anni) a realizzare, con la guida dell’insegnante, tre obiettivi tra loro inscindibili.

Il primo. Cogliere e ricucire il legame rivoluzionario tra scienza e poesia: entrambe mai sazie di risposte piccole, muovono occasioni (dentro e fuori) di stupore e bene possibile, mentre provano a scomporre e ricomporre un ordine misterioso eppure pieno di senso. Attraverso la lettura dei grandi poeti (da Dante a Calvino, passando per Ovidio, Sinisgalli…) gli apprendisti-lettori (perché prima di scrivere poesia occorre imparare a leggerla) imparavano a guardare alle cose della Natura con quell’anelito mai sazio di orizzonte e senso da oltrepassare a ogni nuova conquista, meraviglia e nostalgia. L’etimologia di quest’ultima restituisce, infatti, radice e meta: “nòstos” è il “viaggio di ritorno a casa” e “àlgos” è quel “dolore pungente” che ci rende inquieti, mancanti, come nel rimpianto di quel che sarà. Perché “casa” (in greco antico “èthos”) è quel che siamo da sempre nel profondo, alle radici del nostro essere più autentico.
Questa la grande scoperta che ad ogni incontro si rinnovava, mentre approfondiva un'appartenenza, una vicinanza fraterna, insieme alla consapevolezza del nostro Essere Umani. Nel seme di quel verbo-azione-identità che, al participio (modo indefinito della lingua latina prima, e italiana poi) che ci restituisce il passato come “stato” e il futuro come azione che “sto per essere” qui e ora. In un “presente” che nella lingua del sud (e non solo) dice “dono”. Ad ogni incontro, scambio, condivisione che completava il processo di rilettura.

Il secondo obiettivo era quello di accendere e nutrire il piacere della scrittura poetica quale processo creativo, trasformativo e comunicativo del Sé all'interno di un gruppo: attraverso un corpo di esperienze (respirazione, ascolto del sentire propriocettivo, visivo…) che partivano dall’esperienza del corpo, il tentativo era quello di muovere emozione e immaginazione, osservarle, lasciarle accadere, esistere, in quello spazio protetto che il gruppo creava, e poi farsene attraversare fino a conoscerle, sperimentarle per poterle descrivere poi, dando forma a quel che prima non ne aveva una. Come caos indistinto da cui nasce il Cosmo, l’ordine nuovo del sentire e sentirsi. E - solo alla fine - trovare parole, sillabe nuove per dire di sé, per esprimere e dar veste grafica e fonica a quello che di volta in volta emergeva dal profondo. Provare a dare a tutta questa “materia” misura, ordine e coerenza, consapevoli che ogni operazione fatta sul testo (dalla raccolta di appunti, alla selezione, fino alla composizione, rifinitura, proposta di cambiamenti) produceva contemporaneamente effetti trasformativi in ognuno, che continuavano a lievitare nell’arco della settimana. E, nell’incontro successivo, la condivisione e la lettura del nuovo “corpo” poetico diventava occasione per confermare il compimento del processo creativo.

Infine, il terzo: stimolare la padronanza del linguaggio e del “gioco” poetico e le competenze trasversali di ascolto, comprensione, lettura e scrittura. Perché “poesia” alla radice è un “fare pratico”, un’arte che ti fa mentre fai. Che cambia lo sguardo mentre impari a osservare da un punto di vista nuovo. Che muove i pensieri con le parole verso una sostanza, oltre i luoghi comuni, i clichés che esauriscono il senso e tolgono respiro al dire di sé.

Un percorso come climax, dunque, che è stata accolta da gruppi sempre più numerosi (fino a 40 ragazzi) che hanno provato a mettersi in gioco e ascoltarsi, sentire: innanzitutto il proprio corpo e vissuto, cui veniva dedicata un’attenzione non consueta, ma indispensabile per imparare a riconoscere e gestire le proprie sensazioni e emozioni, per poterle esprimere, comunicarle in forma poetica, così da poterle liberare e condividere. Anche davanti a un pubblico, in una serata finale dedicata alla poesia (il laboratorio è associato a un Premio Nazionale aperto a tutte le scuole superiori e alle classi terze delle medie), in performances sempre diverse che raccoglievano i testi composti sotto la regia dell’insegnante.

Proposta ardita, che ha saputo affinarsi anno dopo anno, rendendo nucleare il lavoro di “etimo” al fine di riscoprire il significato all’origine di ogni parola e riappropriarsi di un senso più pieno, pregnante. Il passaggio successivo è stato quello di rievocare l’origine di alcuni simboli e archetipi, attraverso la lettura dei grandi miti, con le loro domande grandi, i tentativi di inventare risposte a ciò che non ha risposta se non nella poesia e nella scienza.  

Nell’anno scolastico 2017/2018, l’attività del laboratorio è stata propedeutica a quella di un progetto di editing che ha portato alla pubblicazione di una raccolta di alcune delle poesie scritte dai partecipanti (https://www.enricofermipolicoro.edu.it/libro-heraclea-in-poesia/).

Il progetto ha rivelato, inoltre, il suo potenziale 'terapeutico' in maniera macroscopica due anni fa, in fase pandemica, in quanto ha rappresentato per i ragazzi uno spazio franco in cui portare attenzione e cura al proprio vissuto, soprattutto da punto di vista emotivo, e imparare a gestirlo attraverso la guida e il sostegno del docente e del gruppo. Nel periodo del lockdown, infatti, di fronte a situazioni inimmaginabili fino al giorno prima, difficili da decodificare e gestire, nonché dolorose, che spesso il disagio economico e familiare amplificava, rendendo tutto insopportabile (nuclei familiari numerosi, spazi vitali piccoli e costantemente condivisi con altri membri della famiglia, genitori carichi di tensione per la perdita del lavoro, impossibilità di uscire e incontrare amici e persone care...), se pur da remoto, l’Officina poetica ha perseverato nella ricerca di senso e parole, anche quando non ce n’erano più. Il valore di questo tentativo è stato raccontato in un breve video (https://www.enricofermipolicoro.edu.it/libro-heraclea-in-poesia/ ) che l’insegnante ha realizzato come prodotto finale, soprattutto per “onorare” la partecipazione di ognuno dei ragazzi e ragazze attraverso una parola che racchiudeva il senso di quel percorso fatto insieme e comunque nella gioia della presenza, anche quando mancava l’aria e respirare a pieni polmoni era un lusso. Accadeva spesso che alcuni ragazzi avvertissero capogiri e vertigini quando erano invitati a respirare in maniera consapevole e profonda, nella fase di concentrazione che preparava l’ascolto del sentire del corpo da cui emergevano poi le immagini e le parole.

Per questo il progetto è stato selezionato tra quelli finalisti dell’edizione 2021 del Concorso Internazionale GLOBAL JUNIOR CHALLENGE, promossa dalla Fondazione Mondo Digitale in collaborazione con il Centro Studi Erickson, che premia l'uso innovativo e inclusivo delle nuove tecnologie per l’educazione del XXI secolo e, in particolare, per un'istruzione di qualità in emergenza da Covid-19.

Anche per la scorsa edizione, pur essendo tornati a far scuola in aula, l’insegnante ha ritenuto necessario continuare a lavorare da remoto, per non caricare i partecipanti (perlopiù “pendolari”) di disagi relativi alla gestione di tempi per il rientro, il riposo e lo studio, spazi in cui attendere la ripresa delle attività pomeridiane, e risorse (fisiche e non). Inoltre, era risultato evidente che il processo avveniva – per i più – in maniera più intima, sentendosi nello spazio protetto della propria stanza piuttosto che in un’aula, dove spesso la presenza degli altri e il timore del giudizio inibiscono la spontaneità di alcuni passaggi anziché favorirla. La presenza e il sostegno del gruppo, con la sua forza contenitrice, era comunque fondamentale, ma - dopo la fase pandemica – si avvertiva la necessità di una formula che mediasse le due esigenze.

Alla fine del progetto, è stato somministrato un ampio questionario in forma anonima, al fine di investigare la partecipazione, nei suoi aspetti più espressamente “terapeutici’ e nelle modalità di realizzazione, nel raggiungimento degli obiettivi prefissati e nella corrispondenza rispetto alle aspettative dei partecipanti. I dati che si evincono risultano nella loro totalità positivi, confermando l’intenzione nucleare del progetto fortemente sostenuto dal D.S., la prof.ssa Giovanna Tarantino. Alcune risposte:

“Utilizzo spesso le tecniche apprese nel laboratorio e mi aiutano a gestire momenti di ansia e stress: per superare queste sensazioni opprimenti ho imparato a trovare un “punto fermo” e a concentrarmi su quello. In generale, ogni volta che devo fare qualcosa che sembra più grande di me, faccio un respiro a pieni polmoni”.

“Per ridurre l’ostacolo/il problema che ho davanti, prima di sostenere prove che sembrano mostruose e terrificanti, faccio sempre un respiro profondo. Ed è come se inspirassi il coraggio che mi serve”.

“Durante i compiti in classe, o parlando con altre persone, mi sono accorta che le parole che solitamente usavo non andavano più bene: avevo bisogno di altre parole, più precise, per esprimere quello che volevo dire”.

“Quello che mi aspettavo era solo la punta dell’iceberg. Infatti il laboratorio di poesia è stato molto di più: un ambiente sereno e soprattutto sicuro, dove ognuno ha potuto scoprire sfaccettature di sé e manifestare il proprio stato d’animo senza essere giudicato, anzi dove trovare conforto e sostegno da parte della prof e dei compagni”.

Il filo rosso tra le edizioni: la ricerca di spazio e parole per dire d’amore. A se stessi prim’ancora che agli altri.

POESIE SELEZIONATE

ISTINTO

Impongo il silenzio al vento,
chiedo e non voglio tempo.
Animo ignavo su labbra impassibili.
Imbratto fogli di parole estranee al senso.
Un libro di favole incompiuto
questo nostro essere.

LA STRUMENTALE DELLE ONDE

Ogni apparato rilassa me
come in una carcassa inconsapevole
ma sporca. E l’anima trapassa oltre il promontorio.
Alla battigia del Purgatorio.
E sale.

LEVANTE

Sorda luce del faro giunge agli scogli più vivi.
I palmi ancorati sul fondo sparano immobili barche di vetro.
Sulla linea morta esplode il buio: scintille
nell’ombra calmano il fiato che ha bruciato la ferita.
Nuda.

 

Mariangela Fiorenza, Biografia
Vive a Policoro, l’antica Heraclea, sul mar Ionio. Donna di mito e poesia, come la sua terra di bellezza selvaggia, a tratti ancora inesplorata, ama camminare, fotografare, insegnare, scrivere. In attesa della pubblicazione del suo primo ‘minuscolo racconto’, frutto di un lungo processo di gestazione (‘perché scrivere di sé è un modo per farsi e disfarsi e poi ancora rifarsi nuova ad ogni pagina’), archeologa di se stessa, continua a ricercare, esplorare culture, visioni, possibili strumenti di (auto)cura. Utilizza come linguaggi principi dei suoi laboratori la poesia e la creta.