La scoperta del valore terapeutico dell’haiku e la nascita del Gruppo di Poesia Haiku a Palazzo Francisci, Struttura Residenziale dedicata alla cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Un percorso in ascolto delle proprie sensazioni, per ritrovare le parole esatte che riaprano il dialogo tra pensiero ed emozioni, impedendo che queste ultime si riversino sul corpo.
Il mio primo incontro con l’haiku segna la scoperta di una via di accesso facilitata al mondo delle emozioni. E’ successo in occasione di un Seminario dedicato alla Floriterapia di Bach, tenuto dal dott. Maurizio Lupardini, psichiatra esperto in Floriterapia, e la scoperta di questo particolare tipo di poesia come strumento terapeutico mi ha ispirato il suo possibile utilizzo nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare, di cui mi occupavo da tempo e per i quali esistono grandi problematiche relative al trattamento.
Così, quasi per caso, a Palazzo Francisci, Struttura Residenziale dedicata alla cura dei DCA, ho introdotto questa modalità di raccontarsi, ed è nata questa esperienza che ormai dura da diversi anni e si è estesa anche ad altre realtà terapeutiche.
Proprio sperimentando personalmente l’haiku, mi è venuto in mente, con immediata evidenza, che sarebbe stato uno strumento eccezionale per le mie pazienti, prigioniere di un corpo a cui non vengono concesse emozioni, di un pensiero ossessivo che non lascia alla mente la possibilità di muoversi in altri spazi. Ho iniziato subito, col primo gruppo di pazienti ricoverate, chiedendo loro di mettersi in ascolto del proprio corpo, delle proprie sensazioni e fissare tutto ciò in un haiku condiviso poi con le altre, in un setting terapeutico settimanale. La risposta è stata immediata. La profondità e la bellezza del mondo emozionale di queste pazienti che, nella sofferenza rivelata attraverso il sintomo, diventa una incredibile risorsa da poter attivare per il percorso di guarigione.
Da allora, ogni giovedì, il “Gruppo Haiku” è un momento atteso a Palazzo Francisci: si apre la scatolina a cui le ragazze affidano i loro scritti e, insieme, ci si cala in quel momento emozionale irripetibile fotografato in quei tre versi. Per alcune di loro l’haiku ha rappresentato un elemento fondamentale di ripresa di relazione con il mondo.
La malattia è il risultato di uno squilibrio emozionale che ha bisogno del corpo per esprimersi attraverso i sintomi, la cui cura però non si esaurisce nel corpo ma si deve rivolgere al riequilibrio degli stati emozionali che ne sono la causa.
Il giovedì mattina, dopo il controllo del peso corporeo, momento carico di tensione, aspettative e nel quale avviene l’incontro coi propri fantasmi ossessivi, abbiamo il Gruppo di Poesia Haiku, durante il quale, sotto la guida della terapeuta, si inizia il viaggio attraverso le intime profondità che l’haiku scopre, nella cattura di un istante denso di emozione.
L’haiku è una poesia semplice nella struttura e nei toni, e affonda le sue radici nella cultura giapponese del secolo XVII, derivando da forme più antiche di componimenti poetici risalenti fino al IV secolo. In una struttura di 17 sillabe, suddivise in tre versi, 5-7-5, il soggetto utilizza immagini della natura ispirate alle emozioni che colpiscono l’animo, andando a costituire poi una metafora delle insondabili profondità del vissuto esistenziale.
Si potrebbe pensare che una struttura formale così rigorosa possa essere una sorta di costrizione per la creatività del poeta, ma è proprio qui la potenza dell’haiku: essa consente di fissare la sensazione in un'immagine indelebile che rimarrà per sempre nella memoria. È proprio la lapidarietà dell’haiku che permette di valorizzare e dare significato profondo a ogni parola e all’impressione che essa vuole rivelare.
Perché inserire l’haiku nel programma terapeutico dei Disturbi del Comportamento Alimentare?
Una delle caratteristiche patologiche fondamentali del DCA è la presenza di un pensiero ossessivo focalizzato sul corpo, sulle forme corporee, sul peso e, di conseguenza, sul cibo tale da invadere l’intera esistenza del paziente e da non lasciare spazio per altre esperienze esistenziali.
Esprimere un’emozione presuppone un ascolto delle sensazioni evocate a livello del corpo, unico teatro della rappresentazione della vita emozionale e farlo in sole 17 sillabe, in tre versi non legati da nessi logici, induce a semplificare l’espressione e il pensiero che c’è dietro, togliendo il superfluo, le sovrastrutture, riducendolo all’essenziale.
La contestualizzazione in una immagine della Natura, permette di fermarsi a cogliere le proprie sensazioni in un “qui ed ora” che le fisserà in un quadro indelebile di struggente bellezza e semplicità che non sarebbe possibile esprimere attraverso il pensiero razionale.
Nella poesia haiku, ognuno può essere contemporaneamente autore e lettore ed è questa dinamica che si realizza nei gruppi terapeutici di Palazzo Francisci.
Sopra la cassapanca all’ingresso della “casa”, c’è una scatolina di cartone a forma di cuore a cui i pazienti, nel corso della settimana, affidano le loro emozioni fissate in un haiku scritto in un bigliettino ripiegato più volte, quasi a racchiudere un prezioso segreto.
Il giovedì si apre la scatolina e si prende un haiku a caso, anonimo o firmato, non importa.
La lettura dell’haiku nel silenzio profondo, necessario a coglierne le impressioni, rappresenta un momento di condivisione di emozioni che appartengono a tutti, chiunque sia stato a evocarle. Ciascuno esprime, in una sorta di “brain storming”, la propria risonanza, derivante dalla proiezione del proprio vissuto sulla impressione derivante dall’immagine suggerita dal componimento poetico.
Perché si attribuisce un valore terapeutico all’haiku?
Nella composizione di un haiku, si parte dall’ascolto delle proprie sensazioni legate ad un contesto naturale. Ci si riferisce a sensazioni semplici, legate alle percezioni dei sensi (vista-udito-tatto-olfatto-gusto) che sono gli elementi di base di conoscenza del mondo, sui quali si fonda l’esperienza che poi verrà percepita ed elaborata dal sistema cognitivo. Tra l’esperienza sensoriale e l’interpretazione cognitiva c’è il Centro delle Emozioni, il Sistema Limbico, che conferisce a ogni tipo di esperienza una coloritura emozionale.
Nel DCA avviene una interruzione della comunicazione tra questi tre versanti della conoscenza del mondo e, quindi, di se stessi: si realizza un dominio assoluto della parte Mentale, con un ipercontrollo di tutte le funzioni (mangiare, vomitare, utilizzare lassativi, diuretici, fare iperattività…) e il corpo, non più autorizzato a esprimere i propri bisogni, è solo l’oggetto di questo controllo. Il Sistema Emozionale, schiacciato in questo conflitto tra Mente e Corpo, esprime il suo disagio con un grande senso di sofferenza, che culmina in disturbi comportamentali spesso molto gravi.
Nell’haiku si parte dell’ascolto delle sensazioni del corpo, delle emozioni che evocano e, dovendole poi esprimere in un linguaggio verbale, è necessario connettere a esse la parte cognitiva e razionale, dandole però un ruolo espressivo, metaforico, e non interpretativo-giudicante. Si ricrea così, gradualmente, la comunicazione corpo-emozione-pensiero, ripercorrendo vie interrotte ma non scomparse. E’ come riaprire un sentiero coperto da rovi ed arbusti poiché nessuno ci è più passato da tempo: il sentiero era lì anche prima, basta solo riportarlo allo scoperto….
Il processo che porta alla liberazione dal giudizio va di pari passo alla acquisizione della consapevolezza e offre nuove prospettive esistenziali e nuove soluzioni legate alla riscoperta delle proprie risorse personali e delle proprie qualità. Corpo, mente, cervello e comportamento risultano indissolubilmente legati e, nel disturbo del comportamento alimentare, si verifica una perdita del dialogo tra tutti questi elementi, per ricomporre il quale è necessario superare la dicotomia che ancora persiste in terapia, tra cura del corpo e cura della mente.
Le conoscenze attuali che ci fornisce la PNEI e gli studi sulla plasticità neuronale, cioè la capacità del cervello di plasmarsi sulla esperienza e sugli stimoli che vengono forniti, conferma che la materia cerebrale è influenzata dalla attività mentale allo stesso modo in cui l’attività mentale è condizionata dalla materia, non solo neuronale ma di tutto l’organismo nel suo insieme.
Il dialogo ritrovato tra emozioni e pensiero impedisce che esse si riversino sul corpo.
Lo esprime L., raccontando il suo incontro con l’haiku: “….un giorno presa dalla disperazione, con tanta spontaneità ho buttato giù ciò che il mio stomaco voleva dire perché è lì che si bloccano tutte le emozioni, ed è tanto liberatorio, seguita da una fase più razionale perché non è come una tela dove i colori possono spargersi, diluirsi liberamente, per definirlo haiku bisogna scegliere le sillabe giuste e quindi modificare, riformulare, ristrutturare con sinonimi, tagli e cuci le parole scritte tutte d’un fiato………La rabbia che sfoghi con l’haiku non fa male come pugni contro le pareti, tagli e incisioni sulle braccia, anzi ha poi un effetto rilassante e ti permette di capire cosa stai provando. Se adesso rileggessi tutti gli haiku scritti in ordine cronologico potrei tracciare una sorta di biografia emozionale oscillante vissuta all’interno della residenza, da rabbia furibonda verso me stessa e il mondo esterno, dalla sfiducia nel trattamento ai primi segni di resa e affidamento….”
Di fronte a me
Querce e sassi, mentre
Piccola guardo.
Nel corso degli anni non è cambiato molto della metodologia sopra descritta: sono cambiate le pazienti, tante in tutti questi anni, ma l’impatto con l’haiku è sempre lo stesso, coinvolgente e vero.
Altre modalità di raccontare la propria storia vengono utilizzate nella nostra struttura: il diario, le lettere (scrivere una lettera alla malattia, “il tuo corpo ti scrive una lettera”), la fiaba, anch’essa, come la poesia, ricca di simboli. Tutto questo per far sì che la malattia stessa venga inserita in una storia, in un percorso esistenziale e riacquisti un senso.
Questa esperienza è stata estesa, nel tempo, anche nelle scuole che abbiano mostrato interesse, nelle quali è stata proposta allo scopo di fornire uno strumento utile nella prevenzione del disagio adolescenziale.
Sarebbe molto importante formare anche gli insegnanti all’utilizzo della scrittura autobiografica, in qualunque forma, poiché essa permetterebbe di intercettare situazioni a rischio che potrebbero essere precocemente affrontate.
Simonetta Marucci, Biografia
Nata a Spoleto, laureata alla Sapienza di Roma nel 1981 in Medicina e Chirurgia, specializzata in Medicina Costituzionale ed Endocrinologia. Diplomata nel 1986 in Fototerapia Energetico-Costituzionale e nel 1992 in Agopuntura. Diplomata nel 1997 in Florìterapia di Bach e nel 1999 in Omotossicologia con Master di perfezionamento presso l'Accademia di Medicina Biologica. - Milano. Esercita come Endocrinologo, responsabile dell'Ambulatorio Endocr. Della ASL n. 2 di Perugia (dal 1992) e nella stessa ASL, dal 1997, esercita attività di Medico Agopuntore. Dirige la Società Italiana di Medicina Integrata, collabora con riviste mediche e case editrici specializzate.