Nel saggio, risultante da un lungo percorso professionale ma anche personale, lo psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista Vincenzo Marzulli confronta l’atto trasformativo del suicida con l’atto creativo.
Il libro può essere suddiviso in due sezioni, nei primi capitoli è presente un approfondimento sull’atto suicidario: L’atto suicidario nell’esperienza della psicoanalisi, L’atto suicidario tra vuoto e soggetto, Atto analitico e Forclusion del soggetto.
Tramite ricche riflessioni sul significato filosofico e simbolico del suicidio e attraverso la presentazione di diversi casi clinici, l’autore ci accompagna verso alcune distinzioni fondamentali riguardanti l’atto del suicida quali: suicidio nevrotico o psicotico, a seconda di ciò che il gesto rappresenta per il soggetto in rapporto con l’Altro, o alle varie tipologie di suicidio egoistico, altruistico e anomico.
È presente anche un riferimento al fenomeno dei suicidi non violenti come lo possono essere ad esempio le anoressie o le tossicomanie, emergenti nella “clinica dei nuovi sintomi” del disagio contemporaneo, in cui si manifesta a pieno la potenza auto-distruttiva della Todestrieb (Marzulli è socio fondatore di Jonas Como Onlus, centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi e i suoi interessi sono indirizzati verso il campo della clinica contemporanea con particolare riferimento alle dipendenze in generale e a quelle basate sull’abuso delle nuove tecnologie).
Essa è la pulsione di morte tramite cui l’uomo è portato ad agire contro se stesso in una ripetizione maligna (coazione a ripetere) che al tempo stesso provoca una certa misura di godimento al soggetto.
Interessante la riflessione sulla censura nella nostra società contemporanea, in cui avviene una vera e propria scotomizzazione della morte: “in una società dove la tecnica e la filosofia educativa la fanno da padroni, il concetto di morte è entrato nella tagliola della censura sostituendosi al tabù del sesso dell’epoca vittoriana di Freud” (pag. 102).
Le riflessioni psicoanalitiche hanno come soggetto le teorizzazioni del celebre psicoanalista Sigmund Freud e di Jacques Lacan, che diverrà uno dei più grandi esponenti della psicoanalisi del dopo Freud, secondo i quali il suicidio può essere considerato come atto dell’essere umano in cui l’inconscio parla (ça parle, direbbe Lacan) alla stregua dei sogni o dei lapsus.
Il libro ci rimanda la riflessione ottimista di come un suicidio mancato possa rivelarsi inaspettatamente come un atto trasformativo per il soggetto e che possa essere, quindi, un momento cruciale per l’inizio di qualcosa, come l’inizio di un’analisi personale, invece che la fine.
L’atto suicidario, mancato o riuscito, è infatti per sua natura un atto creativo, un punto in cui si ha la possibilità di dare un taglio alla vita precedente. Scrive a tal proposito Marzulli “ogni atto che può considerarsi tale è un suicidio del soggetto perché dopo di esso si è differenti, non si è più gli stessi di prima” (pag. 98).
Fortunatamente esiste un’altra via, oltre al suicidio tout court, per attuare questa trasformazione e consiste nella valorizzazione del vuoto sotto forma di vita e non di morte.
L’atto creativo è , infatti, capace di “smuovere” la vita tramite un atto sublimatorio: l’arte gode del potere di metaforizzare e metonimizzare il reale costeggiando questo vuoto senza però cadervi dentro.
Utilizzando un’altra metafora, usata dall’autore, la poesia si avvicina all’Orrore della cosa, permettendoci di guardare dentro l’abisso, ma senza caderci: “poeta è colui che sa fare un buon uso dell’assenza incanalando immagini, emozioni, passioni e dolori nella cristallizzazione della parola” (pag. 148).
La poesia, in particolare, che prende sempre avvio dall’angoscia, “costeggia con la parola ciò che non si può dire” (pag. 136) e risulta in una modalità non funesta per organizzare il simbolico, puntando tramite il linguaggio alla circoscrizione dello stesso vuoto che spinge all’atto del suicidio.
Per questo nella seconda parte del libro, comprendente i capitoli Dall’angoscia all'atto creativo e ritorno, L’atto creativo nell’esperienza della poesia, verrà ampiamente esplorato l’atto creativo, più in particolare l’atto poetico.
Particolare enfasi viene posta sul contributo dei più virtuosi poeti simbolisti quali Charles Baudelaire e la sua deprimibilità malinconica, Paul Verlaine e la nostalgia creativa, Arthur Rimbaud e l’ignoto, Stéphane Mallarmè e la sua riflessione sul numero.
In questa seconda parte si apprende che avere spirito poetico significa riuscire a vivere in prossimità del vuoto della vita e che l’atto creativo è una via tramite cui l’uomo realizza il suo essere frontiera (il concetto di uomini-frontiera verrà ripreso anche in altri scritti dell’autore) in perenne vertigine su una voragine, ma con la capacità di stare sulla soglia e poterla attraversare e riuscire a lanciare uno sguardo oltre la tempesta, verso ciò che Lacan chiamava “il buco del reale”.
La poesia interviene, però, non come una panacea illusoria: l’atto creativo ha come telos l’armonia, pur continuando a mantenere il soggetto in una deriva malinconica e disincantata, consapevole dell’intrinseco disaccordo di tutte le cose.
Questa inesorabile matrice ossimorica della vita umana, non a caso, viene racchiusa da Marzulli proprio nel titolo del saggio.
Il libro L'eterna disarmonia, nonostante sia costellato di riferimenti alle teorie psicoanalitiche, sempre affiancate da una introduzione sommaria ai concetti, può senza dubbio risultare accattivante anche per non esperti del settore; più nello specifico, si presta come fonte di riflessione per tutti coloro che producono o fruiscono dell’arte come una modalità per guardare oltre la tempesta.
L'eterna disarmonia. Suicidio e creazione dalla poesia a Lacan, di Vincenzo Marzulli, Mimesis Collana Altro Discorso, 2019
Nicole Bizzotto, dottoranda di ricerca all’Istituto di Comunicazione Sanitaria dell’Università della Svizzera italiana di Lugano. Ha l'obiettivo di creare un ponte tra la scienza e la poesia. Ha conseguito un M.Sc. in Cognitive Psychology in Health Communication (doppia-laurea tra l’Università della Svizzera italiana a Lugano e l’Università Vita-Salute San Raffaele a Milano) con il massimo dei voti e lode con una ricerca sperimentale sulle metafore visive. Precedentemente si è laureata in Psicologia Cognitiva all'Università di Trento con il massimo dei voti e lode. Collabora con Mille Gru come scientific advisor e responsabile della comunicazione con l’Estero per le pratiche di poetry therapy.
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