Essendo stata titolare di una piccola libreria, sono entrata in contatto con la sofferenza di molte persone. Le parole che entravano in libreria (dentro confidenze spesso confuse) erano molte di più di quelle che uscivano (stampate dentro i libri). È per questo motivo che ho deciso di condividere il mio percorso catartico-poetico con altre persone attraverso alcuni laboratori di cui racconto in questo articolo.
I laboratori di eco-poesia, li ho chiamati così, (eco deriva dal greco, òikos, e significa casa, ambiente) sono nati per creare, grazie alla scrittura di poesie, degli spazi dentro di noi in cui sentirci accolti, in cui incontrare la nostra umanità, dove trovare leggerezza e sollievo e sentire la prefezione del presente, per scoprire un nuovo modo di stare al mondo, sempre più in connessione con la nostra parte autentica e, non da ultimo, con la natura.
Durante i laboratori di eco-poesia si esplora il proprio giardino poetico interiore, o spazio del cuore, cercando la propria verità e la guarigione tramite la scrittura di poesie o di brevi testi. Si incontrano le proprie parole, quelle che fanno luce sui propri passi e sui propri sogni, quelle che fanno da ponte tra sé stessi e la natura, quelle che vestono al meglio le emozioni, gli stati d’animo del momento e quelle in cui ci si può rifugiare.
Utilizzo diverse tecniche di scrittura apprese durante la mia decennale esperienza di allieva di scrittura creativa, oppure create partendo da idee raccolte qui e là.
Ogni partecipante è invitato a presentarsi al gruppo (solitamente sono gruppi piccoli e confortevoli di 4-6 persone) con una poesia che rifletta la propria situazione attuale. Si è poi invitati a scrivere per trenta minuti, senza mai fermarsi, su un tema a propria scelta oppure partendo da una parola singola incontrata durante una meditazione guidata, che a volte propongo. Chiamo questa tecnica scrivere più veloce del cervello. Si scrive per un tempo predeterminato con la mano sempre in movimento, senza pause. Si superano così i blocchi e i giudizi che la nostra mente è abituta esprimere. In questo modo si scrive oltre ogni regola appresa durante il proprio percorso scolastico, sfiorando il proprio intuito e la propria creatività. Capita a volte che i partecipanti inventino nuove parole o giochino liberamente con vocaboli e verbi, scovando ponti inediti tra gli uni e gli altri e dimenticandosi, per quel tempo, grammatica e sintassi.
Terminata questa prima pratica, si rilegge in maniera individuale il testo e si individuano (sempre in maniera intuitiva) le parole bucaneve: sono infatti quelle parole che risaltano in maniera più evidente delle altre, come i bucaneve che fanno capolino da una distesa bianca, quelle che “ci chiamano” perché hanno da sussurrarci qualcosa. Con queste parole (massimo una decina), aggiungendone di nuove, si compone la propria prima poesia a schema metrico libero, ponendo particolare attenzione al silenzio, dunque alle pause tra le parole, al momento di andare a capo. I partecipanti sono poi invitati a effettuare una seconda selezione, questa volta di tre parole, tra la decina, e scrivere per ognuna un elfchen (undicino - genere poetico nato negli anni ottanta nei Paesi Bassi che contiene la parole elfo), stando dentro uno schema metrico ben preciso.
Scia
forse passa
incline al vasto
ruggente di falsa prudenza
galleggia
(M.)
Tranquillità
immenso respiro
nel mio profondo
si espande nel mondo
pace
(C.)
Sola
a cercarmi.
Dove sono andata?
Non riesco a trovarmi.
Aspetto.
(T.)
Siccome i miei laboratori durano una giornata intera, propongo sempre un’uscita di mezz’ora (solitamente dopo pranzo, con qualsiasi tempo) per fare un’esperienza in natura con uno sguardo diverso dal solito. Si cammina molto lentamente e si osserva ogni cosa con gli occhi di un bambino che ancora non sa, che non nomina, che non cataloga, ma semplicemente si meraviglia. Diventiamo osservatori non solo della natura, ma anche di noi stessi, delle emozioni che proviamo, di ciò che ci tocca. Non si prendono appunti durante l’uscita all’aperto, ma ci si avventura, dopo un’introduzione teorica, nella scrittura di un haiku, al rientro.
il mio cuore
attraverso la danza
si apre ora
(E.)
Mi piace terminare la giornata scrivendo dei tanka a catena; durante questa pratica si fa girare il proprio quaderno. Il tanka è infatti considerato da Ki no Tsurayuki, poeta giapponese del IX – X secolo, un genere poetico che promuove il dialogo, intreccia emozioni e mette in relazione le persone.
Quel rosso pende
sulle cime lucenti
che armonia!
Tenue ombra vedo
nel cielo luminoso.
(M.-T.)
Rose legate
senza vera logica
fanno da scudo
e io mi ci nascondo
in questo buon profumo
(C.-T.)
Soffio leggero
con campane lontano
tocco del cuore
trasmutato in grazia
oltre tutti i confini
(E.)
I laboratori variano a seconda degli stimoli del momento e a seconda della tematica proposta per la giornata (per esempio “Il silenzio” oppure “Luci e ombre”).
Diverse persone mi hanno comunicato in seguito che gli elfchen sono un ottimo approccio alla poesia, che esse allenano con molto piacere. Altre persone, come me, preferiscono gli haiku: questo diviene uno strumento per migliorare la qualità della propria vita: 17 sillabe sono poche, sono essenziali ed evocano istanti. Per scovarle devo togliere strati di inconsapevolezza, montagne di parole che ho in testa, chili di pesantezza sul cuore, metri e metri di disattenzione. E d’un tratto si giunge al silenzio, alla pace, al niente che è già tutto (…) Mi sono accorta che, concentrandomi sulla natura e portando l’attenzione al presente, i miei bisogni si affievoliscono – testo tratto dal mio libro Lascia che sia poesia.
Una testimonianza:
“Stamane, nella tranquillità di un’ennesima giornata di pioggia, ho riletto i semplici pensieri scaturiti dal mio profondo durante il pomeriggio di lavoro con gli haiku. È stato un momento molto intenso, proficuo e stimolante. Grazie per avermi dato una chiave per aprire il mio animo, per sapere godere in modo nuovo del nulla, del silenzio e dare un nome alle mie emozioni. N.”
Tina Biasci, (Lugano) è scrittrice di libri per bambini, bibliotecaria, traduttrice ed esploratrice del mondo della poesia.
Il suo sito/blog è www.spreadpoetry.ch