A partire dall’esperienza planetaria della pandemia, si avvia una riflessione sugli isolamenti forzati e autoforzati, causa di sofferenza, che vi erano prima e ci saranno dopo il Covid-19. L’editoriale indica, nella sua parte scritta e nel documento video, come questo Numero Uno sia stato concepito per far fronte agli isolamenti forzati e alle pandemie, al fine di sviluppare, tramite la poesia, anticorpi e un sistema immunitario i quali, seppur metaforici, possono agire e aiutarci concretamente nel trovare uno stato di salute e una consapevolezza migliori.
Questo numero, per quantità e qualità di materiali che lo compongono (compresi alcuni documenti scaricabili e archiviabili) è da considerarsi numero doppio, come doppio è stato lo sforzo di tutto il gruppo Mille Gru per realizzarlo.
Per più ragioni considero questo numero di “Poetry therapy Italia” decisivo.
Innanzitutto perché Mille Gru, in un contesto quasi privo di strumenti utili ai poeti terapeuti e ai suoi potenziali utenti, ha curato due antologie di poesie “terapeutiche” complementari che fanno fronte comune contro le pandemie. La prima, Anticorpi poetici, è nata per dare parola al dolore che proveniva dal basso (grazie ai testi che hanno partecipato al concorso letterario aperto a tutti che abbiamo lanciato durante la quarantena), la seconda Poesia per ogni pandemia nasce da addetti ai lavori legati alla poesiaterapia, col fine di attivare percorsi di auto-mutuo aiuto.
In secondo luogo perché le attività degli autori che sono intervenuti in questo Numero Uno, unitamente a quelle di coloro che hanno contribuito al Numero Zero, cominciano finalmente ad avere un nome, un cognome e un volto, anche per altri ricercatori, andando a formare, in buona parte, un immaginario condiviso di quell’attuale ristretto arcipelago di ricerche e persone che, fino a solo qualche mese fa, credevano di operare nell’isolamento più totale.
In terzo luogo perché l’identità della poesiaterapia in Italia, oltre a cominciare ad assumere una forma nel presente, in questo numero per la prima volta ne assume una anche nel passato, grazie alla ricostruzione che sto personalmente sviluppando di una “breve storia della poetry therapy” nostrana, operazione che dà modo di conoscere le proprie radici, portare alla luce un fiume di saperi rimasto per troppo tempo sotterraneo e dà modo di riconoscere i meriti di precursori e di pubblicazioni capitali come Counseling e poesia, libro che grazie a questo numero diventa patrimonio di tutti, per gentile concessione e volontà della sua autrice, Antonella Zagaroli.
L’isolamento non è riconducibile solo al Covid-19 ma, ad esempio, lo sconta “per forza di cose” chiunque sia un precursore dei tempi. Non fa eccezione la storia dei pionieri della poesiaterapia in Italia, composta di donne e uomini che hanno agito fino ad oggi in isolamento forzato. Questa condizione, più o meno digerita, emerge da tutte le testimonianze di chi ha svolto, suo malgrado in solitaria o quasi, un ruolo di ricercatore. La narrazione del loro disagio è sempre la medesima: dalla madre della poetry therapy italiana Antonella Zagaroli, fin dai primi anni Novanta, passando per le figure di Marisa Brecciaroli, Gabriele Marciano, Leonora Cupane e Mille Gru, fino alle più recenti esperienze di Azzurra D’Agostino, Silvana Kuhtz e molti altri. È storia comune il sentirsi isolati in un deserto affollato di persone ed enti che non ascoltano perché non sanno cogliere le opportunità che portano i mutamenti del proprio tempo. Opportunità di crescita interiore che, proprio alla luce dei drammi del coronavirus, non deve essere sciupata.
Per la prima volta l’intera popolazione d’Italia e quella di gran parte del pianeta hanno scontato sulla propria pelle cosa significhi vivere in isolamento forzato. Abbiamo esperito come umanità una forma chiara, comprensibile da tutti, di ciò che molti esseri umani, in momenti di fragilità, hanno purtroppo vissuto, vivono e vivranno.
Quando usciremo da questa pandemia potremo dirci davvero salvi da ogni isolamento forzato? Quali e quante sono le forme di isolamento forzato? Quali sono le forme che subisco in prima persona? Quali quelle che subiscono gli altri? Quali quelle che subisce la Natura? E per contro, quali risposte può dare la poesiaterapia? Qual è l’opportunità che possiamo cogliere per attuare quel cambiamento che auspichiamo in termini di sensibilizzazione rispetto al prendersi cura di se stessi e degli altri?
Il Numero Uno di “Poetry Therapy Italia” risponde, esplicitamente o implicitamente, a queste domande.
“Ora molte più persone comprendono come mi sentivo isolata, forzatamente, quando ho pensato di suicidarmi” – mi ha detto in una telefonata Chiara Pent – “Le persone in questo periodo di lockdown sono più empatiche”.
Prove ne abbiamo avute tutti: nel periodo di comune e profonda crisi siamo diventati tutti più empatici. Lo sviluppo dell’empatia è un patrimonio costruito durante la pandemia che va ulteriormente accresciuto individualmente e come società perché la sofferenza che, in forme e misure diverse, ognuno di noi ha attraversato, rientra in un dolore sociale che necessita di guarigioni non più solo individuali ma di massa.
L’umanità potrà vivere in armonia o meno a seconda di quanto e come saprà cogliere e trasformare i grandi mutamenti che si stanno compiendo. Come il torso di Mileto che ispira il poeta Rainer Maria Rilke nella poesia Torso arcaico di Apollo non abbiamo bisogno di ricostruire il futuro uguale al passato ma sentire che, nonostante tutte le nostre mutilazioni, c’è una luce in noi che con la potenza di una bestia, scintilla ed erompe da ogni nostro orlo, mettendoci a nudo in ogni nostra parte e imponendoci di cambiare:
E questa pietra sfigurata e tozza
vedresti sotto il diafano architrave delle spalle,
e non scintillerebbe come pelle di belva,
e non eromperebbe da ogni orlo come un astro:
perché là non c’è punto che non veda
te, la tua vita. Tu devi mutarla.
Questa pandemia, al pari dell’ultimo verso della poesia di Rilke, suona lo stesso imperativo: “Tu devi mutarla”. Non possiamo più attendere, tutti noi dobbiamo cambiare la nostra vita. Sì, ma come?
Ancora una volta ci viene in soccorso la poesia.
Nel tempo della quarantena, per descriverla, si è spesso adottata una terminologia desunta dall’immaginario della guerra. Al di là che il parallelismo pandemia-guerra sia spesso, giustamente, suonato come assunzione indebita, ha il merito però di ricondurci ai versi de Il porto sepolto di Giuseppe Ungaretti, composti dal poeta al fronte, durante la prima guerra mondiale.
In quella situazione di isolamento forzato, fatto di estenuanti attese, il poeta non solo ha potuto misurare con mano quanto è fragile l’uomo, vedendo con i propri occhi, ad ogni colpo di vento, soldati giovani e forti cadere come foglie, ma ha individuato nella fratellanza l'antidoto alla nostra fralezza.
L’uomo, afferma implicitamente Ungaretti, può affrontare la sua fra-gilità solo sviluppando la fra-tellanza, che ci riporta al mutuo-aiuto e ci ricorda alla nostra comune radice e condizione. L’uomo è fra, ce lo ricordano moltissime culture. “Essere fra” non significa stare in mezzo, porsi al centro dell’universo, ma essere “tramite” che contribuisce alla qualità amorevole della relazione. Ogni azione di mutuo-auto aiuto parte dalla nostra capacità dialogica di stare nella relazione.
Il video Poesiaterapia per la pandemia è la versione completa di un mio intervento di divulgazione della poesiaterapia avvenuto il 30 maggio 2020 per la puntata #4 del programma “Slam the Society – Una rivoluzione all’ora” a cura di Wow – Incendi Spontenei, Fridaysforfuture-Roma, Animal Save Italia e Extinction Rebellion Italy.
Nel filmato si spiega cos’è la poesiaterapia, come e dove viene utilizzata, a chi è indirizzata, che contributo può dare nel tempo della pandemia Covid-19, quali pratiche e quali poesie si possono impiegare come forma di auto-mutuo aiuto. Si fa riferimento in particolare a testi inclusi nel libro Poetry Therapy. Teoria e pratica di Nicholas Mazza (Mille Gru, 2019).
Le immagini utilizzate per illustrare questo Numero Uno, sono tratte dal libro Scacciapensieri (Mille Gru, 2015) sono state realizzate dall’illustratore Deka (Claudio Decataldo), prima che il tumore mettesse fine alla sua vita a soli 32 anni. Queste macchie di colore, realizzate con l’ecoline, che a volte diventano paesaggi e a volte belle signorine piene di vita, sono state la sua risposta a quel male.
Dome Bulfaro (1971), poeta, esperto di poesiaterapia, si dedica alla poesia (di cui sente un servitore) ogni giorno dell’anno. È tra i più attivi e decisivi nel divulgare e promuovere la poesia performativa; ed è il principale divulgatore in Italia della poetry therapy/poesiaterapia. Dal 2021 è docente di Poesiaterapia e Lettura espressiva poetica presso l’Università degli Studi di Verona, nel pionieristico Master in Biblioterapia. Nel 2013 ha ideato e fondato con C. Sinicco e M. Ponte la LIPS - Lega Italiana Poetry slam. Nel 2023, ha ideato e fondato con M. Dalla Valle. P. M. Manzalini e I. Monge la BIPO - Associazione Italiana Biblioterapia e Poesiaterapia, prima associazione di categoria. Ha fondato e dirige Poetry therapy Italia (2020), rivista di riferimento della Poesiaterapia italiana. Ha fondato e dirige (con Simona Cesana) PoesiaPresente – Scuola di Poesia (2020) performativa, scrittura poetica e poesiaterapia. www.domebulfaro.com
(Foto Dino Ignani)
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