Poetry Therapy Italia

01 Arti Pierobon

 

In questo articolo ho cercato di fornire elementi per inquadrare il suono, la musica e la voce come strumenti antichissimi utilizzati dagli esseri umani per guarire e per entrare in contatto con forze divine superiori; in particolare l’articolo si concentra sulle similitudini tra musicoterapia transpersonale e sciamanesimo, fornendo informazioni utili per addentrarsi in questo affascinante e misterioso territorio. Tutte le fotografie inserite nell'articolo sono state scattate personalmente durante i miei numerosi viaggi di studio e ricerca nel continente asiatico.

 

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Sciamana (Mongolia)

 In tutte le antiche civiltà la musica e il suono hanno sempre occupato una posizione di rilievo, essendo considerate come appartenenti alla sfera del divino. Non erano ritenute opera dell’essere umano, ma di un essere sovrannaturale.

Il suono, proprio per la sua natura impalpabile, era qualcosa d’incomprensibile e perciò di misterioso e magico. I riti di guarigione propiziati dallo stregone o dallo sciamano erano frequentemente accompagnati dalla musica, la quale diventava il mezzo di comunicazione con lo spirito della malattia e lo strumento di dominio della stessa. Attraverso la prolungata monotonia del ritmo, la musica esprimeva la volontà di guarigione dello sciamano e svolgeva una funzione ipnotica. Nel canto si avvicendavano parole di persuasione o di minaccia seguendo una melodia che diventava più lenta o più veloce, più grave o più acuta a seconda delle fasi del rito stesso.

La convinzione primitiva era che la malattia fosse provocata da uno spirito maligno durò a lungo, specialmente in riferimento ai disturbi mentali. La musica quindi diveniva uno strumento di persuasione (e propiziatorio) acquistando un significato più propriamente religioso. Fu la civiltà greca ad accostarsi in maniera più razionale all’elemento sonoro-musicale. La musica fu adoperata come mezzo curativo o preventivo supponendo che certi modi (combinazione di suoni in successione) avessero un valore emozionale. Platone riteneva che ciascun modo producesse effetti specifici sulla moralità, Aristotele raccomandava l’impiego del modo dorico che infondeva coraggio o di quello lidio, più adatto ai bambini piccoli.

Anche gli strumenti svolgevano delle funzioni ben definite: il flauto era ritenuto in grado di destare le passioni, e per questo Aristotele affermava che doveva essere usato solo quando l’obiettivo della musica era la purificazione delle emozioni e non lo sviluppo della mente. In epoca romana, l’uso del suono come terapia di guarigione conservava forti influenze derivanti dalla cultura greca.

La sacralità del suono può essere ritrovata in numerose culture e tradizioni, in ogni angolo del mondo. Ricorrere al suono come cura ha origini antichissime: i nostri antenati si servivano di ritmi e canti propiziatori per la fertilità, la nascita, il raccolto. Suoni e musiche evocavano spiriti, entità, antenati e si trasformavano in una vera e propria medicina per curare le malattie. Gli uomini del passato avevano già compreso la forza attiva del suono e il suo potere di influenzare l’essere umano a livello fisico e mentale, emozionale e spirituale. Il canto, in particolare, coinvolge tutto l’apparato fonatorio, la lingua, la laringe, il petto, l’addome. Stimola l’epifisi, la ghiandola pineale che produce melatonina, ormone regolatore del sonno e del riposo. Proprio per questo, cantare, come ascoltare certa musica, provoca un senso di rilassatezza e benessere, aiuta a combattere stress e frenesia della vita quotidiana, e nell’intraprendere un percorso interiore.

Dalla saggezza degli antichi è stato attinto a piene mani per strutturare quella che è definita in epoca moderna “musicoterapia”.

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Sciamano mongolo con costume cerimoniale (Mongolia)

 La musicoterapia

La musicoterapia è quell’insieme di tecniche che utilizzano la musica, il suono, il movimento, a fini terapeutici e che si prefigge attraverso questi strumenti di attivare nuovi canali di comunicazione e procurare effetti regressivi nei pazienti. Dobbiamo a questo punto operare una distinzione tra musicoterapia passiva (o ricettiva) e attiva. La musicoterapia passiva consiste nel “somministrare” una musica composta o scelta dal terapeuta, permettendo così l’insorgere di effetti regressivi e l’apertura di canali di comunicazione, aumentando il flusso di reazioni affettive. Si sono notati inoltre altri effetti, come la riduzione dell’aggressività, il recupero dei ritmi biologici, rilassamento e distensione.

La musicoterapia attiva ha come scopo principale quello di creare una comunicazione. È un metodo molto utilizzato sia con bambini sia con adulti. Il dialogo e la comunicazione vengono stimolati da un mediatore sonoro che permette all’individuo di essere, di esprimersi, di integrarsi con il gruppo e di essere accettato. L’aspetto ludico non deve essere sottovalutato, perché permette di esorcizzare l’angoscia per mezzo del gioco e di rompere gli schemi della quotidianità. Non ultimo, riporta in superficie la coscienza e il benessere del proprio corpo spingendo alla socializzazione e all’interazione con il gruppo.

Uno dei modelli più affermati è quello creato dal prof. Rolando Benenzon. Egli ha iniziato a progettare questo modello nel 1969, strutturando e organizzando questa metodologia attraverso trentacinque anni di applicazioni cliniche, formazione e supervisione di musicoterapeuti in diversi paesi in America ed Europa. I fondamenti teorici psicoanalitici sono basati su autori come Freud, Jung, Watzlawick, Konrad Lorenz, Fiorini, Winnicott, e su studi approfonditi riguardanti la musica e l’oggetto sonoro e l’educazione musicale: C. Sachs, M Shaffer, Willems, Dalcroze, Kodaly, Orff, Martenot etc.

Benenzon definisce la MT come una psicoterapia che utilizza espressioni non verbali del corpo e del suono, permettendo così di sviluppare un legame relazionale tra il musicoterapeuta e i pazienti, contribuendo così a migliorarne la qualità della vita e a riabilitarli nell’ambito della società.

La musicoterapia transpersonale

Esiste poi un altro tipo di musicoterapia (che può essere inserita tra le pratiche attive): la musicoterapia transpersonale, che trascende l’individuo e nello stesso tempo lo comprende rivolgendosi al corpo, alla mente e allo spirito. La musica nasce come bisogno umano di esprimersi e di comunicare, ma nello stesso tempo costruisce, se opportunamente veicolata, un sottile legame tra terra e cielo; non a caso i cantori e i musici del passato erano considerati personaggi particolari, capaci di una connessione diretta con il “divino”. Suoni e canti avevano la facoltà di ristabilire un’armonia perduta e di conseguenza recuperare uno stato di benessere sia fisico sia psicologico. La musicoterapia transpersonale ha una forte componente spirituale che, associata al potere della musica e del canto, attiva in un “setting” delle modalità evocative e regressive tipiche dell’utilizzo del suono. Estende il suo campo d’azione non solo all’armonizzazione della persona e all’integrazione con il mondo esterno, ma spinge l’individuo a cercare “’l’oltre”, a entrare in contatto con una dimensione interna superiore che possa essere integrata nella propria vita e nella propria personalità, contribuendo al risveglio di quella parte intima e di quelle risorse che sono alla fine le sue qualità più profonde.

Sembra che il termine “transpersonale” applicato alla psicologia sia stato utilizzato per la prima volta da Roberto Assagioli, il creatore della Psicosintesi e in seguito da Gustav Jung. La psicologia transpersonale integra l’esperienza della psicologia occidentale, gestaltica, esistenziale, umanistica, con le tradizioni mistiche orientali, come lo yoga, lo zen, la medicazione, il sufismo e con quelle sciamaniche basate sull’estasi, gli stati modificati di coscienza e il contatto diretto con le forze della natura.

Inoltre, subisce una diretta influenza dai recenti apporti della fisica quantistica e della biofisica pur rimanendo in stretto rapporto con altre scienze come la sociologia, l’antropologia etc.

Carl Gustav Jung fu uno dei primi a teorizzare l’esistenza di un inconscio collettivo, definito da lui stesso transpersonale; il contenuto dell’inconscio collettivo è formato essenzialmente da “archetipi”, cioè forme determinate presenti sempre e dovunque nella psiche. La MT transpersonale trae origine e si fonda proprio attorno a questi concetti e li fa propri; ecco ad esempio apparire in contemporanea il concetto di archetipo sonoro, identità sonora, imprinting sonoro/musicale etc.

Mi sono spesso immaginato il musicoterapeuta come uno sciamano, un sacerdote celebrante, un ponte tra la terra e il cielo. Ecco come questa figura viene descritta nel libro: Lo sciamanesimo di Luciano Zambotti (ed. Il Mosaico, Novara, 1999): “Lo sciamano è un eletto che non diventa guaritore per sua scelta o per decisione autonoma, ma viene scelto da entità superiori che gli conferiscono il dono di guarire. Acquisisce i suoi poteri terapeutici attraverso un lungo e difficile training specifico, solo se possiede le qualità necessarie. Inoltre egli è anche un artista, un poeta, un creativo; è l’attore e il regista di un dramma terapeutico, egli canta, danza, mima lotte e battaglie contro esseri invisibili. Le sue cerimonie sono un misto di drammatizzazioni, in cui alterna suggestioni, induzioni, metafore terapeutiche, dipinge o scolpisce immagini geometriche variamente colorate. È un medico psicosomatico che cura l’ammalato nella sua globalità di corpo, mente e spirito.”

Quando nelle sedute terapeutiche di gruppo si assume la posizione a cerchio del “focolare”, ecco che entrano in gioco la tribù e il senso di appartenenza che sostiene e contiene, innalza e celebra, canta e danza, soffre e gioisce, piange e ride, mentre il celebrante osserva e guida l’esperienza. Il musicoterapeuta è al tempo stesso sciamano, paziente, osservatore, curandero e curato, osservatore e osservato.

Uno dei fenomeni che si incontrano nella pratica della MT transpersonale (ma anche in tutte le altre forme di MT) è la regressione, spesso accompagnata da fenomeni di trance di uno o più pazienti o del musicoterapeuta stesso, la stessa trance che nelle culture tribali è utilizzata dal celebrante per contattare lo spirito degli antenati, l’animale totem, le energie della natura.

A questo punto non possiamo più ignorare quello che, a ragione, è considerato uno di più potenti e raffinati strumenti musicali a nostra disposizione: la voce, che occupa un posto privilegiato nel parco strumenti a disposizione dell’essere umano.

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Tamburo sciamanico (particolare)

La voce

La voce umana adempie generalmente a due funzioni: quella della parola e quella del canto. In entrambe la voce rispecchia il nostro stato di salute, il livello energetico. Imparando a utilizzare i suoni della nostra voce possiamo ritornare a essere equilibrati e in sintonia, quando ci sentiamo non armonici. Siamo nati con la coscienza che la voce sia uno strumento formidabile, ma abbiamo bisogno di essere rieducati per poterla utilizzare al meglio. Le nostre voci sono uniche come lo sono le impronte digitali, contengono al loro interno le mappe della nostra storia, dei nostri sentimenti, dei nostri dolori.

La voce produce un’energia, una vibrazione, una frequenza che cavalca come un’onda ogni nostra espirazione mettendoci a contatto con la parte più nascosta di noi stessi. Ritrovando la nostra “vera” voce liberiamo energie represse e costrizioni, lasciamo che la nostra mente si liberi risvegliando ciò che vive in noi, ritornando al centro del nostro essere recuperando la coscienza dell’Unità. La voce è una compagna fedele, ci accompagna nella nostra vita dall’attimo in cui nasciamo al momento della fine. In questo percorso conosciamo la voce e la voce ci conosce, in essa si concentrano la forza, i ricordi, i traumi e le debolezze di una vita intera. Una voce sana, ricca di armonici durante la fonazione è spesso indice di una persona altrettanto sana. A questo punto la domanda è lecita: cosa sono gli armonici?

Il canto armonico

L’universo acustico è composto da suoni e vibrazioni che al loro interno contengono gli armonici, conosciuti anche come “overtones” (o ipertoni). Normalmente quello che noi percepiamo come suono singolo, non è altro che la somma di suoni. La nota più grave è chiamata fondamentale, mentre tutto ciò che è più alto (in frequenza) rispetto alla fondamentale è definito armonico. Per spiegarci meglio, quando una corda vibra produce una nota chiamata fondamentale, ma in ogni caso quando una corda vibra molte altre note al di sopra di questa sono prodotte: gli armonici. La tecnica con cui un cantante esalta e controlla in maniera consapevole gli armonici rispetto a una nota di base viene chiamata canto armonico o overtones singing.

Questa tecnica di canto è molto diffusa nei paesi dell’Asia centrale, in Mongolia, Siberia, se ne hanno tracce persino in Africa. Nel nostro continente il canto gregoriano ne è una forma indiretta e ancora oggi nel monastero del monte Athos i monaci ortodossi intonano antichi canti ricchi di armonici molto vicini al gregoriano tradizionale.

Utilizzando le tecniche del canto armonico in coro avviene che tutti i cantanti si intonino su di una nota base all’unisono (cantata in varie altezze), creando così armonici naturali che risuonano tutto intorno come se provenissero da un coro parallelo. Successivamente la partitura diventa più complicata ed è cantata a due voci: quella principale che esegue la nota di base, mentre un’altra armonizza contemporaneamente a diversi intervalli. In questi canti, la voce, viene spinta e “nasalizzata” facendola risuonare nella testa, ne scaturisce un suono molto alto che perde i connotati di voce umana per trasformarsi in una sonorità morbida e flautata che trasporta sia il cantore sia l’ascoltatore in un’altra dimensione. I sufi attribuiscono al suono qualità divine e, sentendo alcuni loro canti o musiche, si intuisce ben presto l’importanza degli armonici. I monaci tibetani ne fanno uno strumento di elevazione spirituale, capace di portare a uno stato di coscienza diverso da quello normale, l’obiettivo dei lama tibetani è di giungere alla perfezione, alla percezione e alla connessione con la vibrazione primordiale e universale.

I suoni armonici hanno effetti sia sul piano mentale sia su quello emozionale. Praticando assiduamente il canto armonico si ottengono effetti equilibranti e rilassanti. Gli effetti degli overtones (armonici) sul profondo, possono essere utilizzati per un riequilibrio psichico, energetico e fisico. L’approfondimento della capacità dell’ascolto della propria voce porta inoltre ad avere un’emissione vocale più ricca e piena.

Affascinati da questo uso non convenzionale della voce, alcuni studiosi teorizzano che il canto vocalico degli albori non prese forma né da una scala musicale, né estraendo i suoni dal linguaggio parlato, ma bensì dagli armonici usando le vocali semplicemente come mezzo per enfatizzarli e renderli evidenti all’ascolto. Le vocali sono il mezzo con cui l’uomo percepisce e crea gli armonici.

Utilizzare la voce come uno strumento musicale ci incuriosisce e ci affascina perché l’utilizzo di queste tecniche vocali permette al corpo di entrare in vibrazione come una cassa di risonanza , di diventare un essere vibrante e di conseguenza di assaporare la sensazione di intense “connessioni”. La qualità della voce cambia e si arricchisce a seconda della quantità e dell’intensità degli armonici, questi meccanismi utilizzati consapevolmente ci permettono di cambiare il nostro stato energetico. Il suono della voce con la sua potente vibrazione permette di armonizzare gli organi e le cellule del nostro corpo agendo a un livello sottile, portando equilibrio nelle vibrazioni interiori di cellule, organi ed emozioni. Questa tecnica naturale si basa sul fatto che il suono, come del resto la luce, è una vibrazione a cui il corpo è sensibile reagendo non solo dal punto di vista fisico ma anche da quello psicologico, è ormai un dato di fatto che le note e i suoni possano influenzare la pressione sanguigna, il battito cardiaco e la frequenza respiratoria. Il canto armonico inoltre consente di mandare in risonanza e far vibrare l’intero corpo effettuando una sorta di massaggio interno specie a livello dell’apparato ghiandolare, può essere quindi considerato come una pratica molto efficace per il benessere di corpo, mente e spirito, intesa cioè come riunificazione col tutto.

Musicoterapia transpersonale e voce

Canta che ti passa, proverbio sostenuto dalla tradizione popolare, mai come oggi è di stretta attualità dopo che uno studio scientifico curato dal professor Hans Guenther Bastian per l’università di Francoforte e pubblicato sulla rivista “Journal of Behavioural Medicine”, ha evidenziato, analizzando campioni di sangue di coristi amatoriali prima e dopo l’esecuzione di un brano di Mozart, che il livello di immunoglobuline A, proteine che svolgono attività di anticorpi, e cortisolo si innalzava

considerevolmente dopo la vocalizzazione. Cantare quindi può essere un’ottima terapia non solo contro la depressione, ma un modo per rafforzare le difese immunitarie, combattere insonnia, lo stress, rinvigorire l’autostima e migliorare l’umore.

L’uso della voce come pratica curativa non è nuovo, risale a tradizioni filosofiche e religiose molto antiche, basti pensare all’uso dei mantra. Mantra in sanscrito significa pensiero che libera e guarisce. La sua funzione principale viene svolta attraverso la semplice ripetizione mentale, ma raggiunge il massimo di efficacia se viene cantata, abbinando così al potere del pensiero/intenzione quello del suono. La tradizione indiana è ricca di mantra, ciascuno pensato per provocare un diverso effetto, alcuni sono costituiti da singole parole e altri da brevi frasi. Ciascuno di questi mantra ha un preciso significato in lingua sanscrita, tuttavia non è il significato l’elemento più importante di un mantra, ma la qualità della vibrazione sonora che esso produce, ed è quest’aspetto che lo rende uno strumento universale la cui validità prescinde da lingua, religione e cultura di chi lo pratica. Troviamo esempi di mantra anche nella cultura occidentale e nella religione cristiana: Alleluia, Amen, anche la recitazione del rosario assume connotati di mantra in quanto recitazione reiterata, ma prescindendo dal significato religioso attribuito al mantra quello che a noi interessa è il modo in cui viene cantato, la ricchezza degli armonici dati dalla presenza di una sequenza vocalica. Ad esempio, se Alleluia viene scomposto togliendo tutte le consonanti avremo la sequenza: A E U I A, questa sequenza cantata opportunamente, permette di enfatizzare gli armonici e quindi di aumentare considerevolmente la qualità vibrazionale e la potenza del mantra.

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Percussioni per danza sciamanica presso la tribù  Dayak (Borneo)

 La musicoterapia moderna ha sempre relegato in secondo piano l’uso della voce, da qui nasce l’esigenza di recuperare questo potentissimo strumento e di farlo diventare protagonista. Il metodo Vocal Harmonics in Motion® (VHM) traduzione letterale: armonici vocali in movimento, eleva la voce a un ruolo di primo piano. La voce però non è il solo strumento utilizzato, il movimento e la respirazione completano questa metodologia.

Bisogna eliminare l’influenza della mente se vogliamo ripristinare l’integrità di una voce parlata e soprattutto cantata. Il suono della voce è continuamente falsato dall’ansia, dalla prestazione, dalle preoccupazioni. Nel corso della nostra vita subiamo dei condizionamenti, quello della voce è forse uno dei più forti, si tratta di recuperare quella condizione vibratoria appartenente al bambino in cui tutto il corpo vibra e quindi concorre alla fonazione.

Viviamo in una società dove le maschere e gli stimoli ad apparire sono forti, questi processi cominciano fin da piccoli nella scuola, nella famiglia e tutto questo ha delle ripercussioni sulla voce che da quel momento comincia ad accumulare sedimenti e si allontana sempre di più’ dalla voce “vera” originale del bambino.

Ogni successivo trauma emozionale e affettivo viene registrato e aggiunto con l’effetto di mascherare ulteriormente la voce, questi processi si acuiscono in concomitanza del periodo della pubertà dove nei maschi avviene anche il cambio del timbro vocale.

Per ritrovare la voce autentica dobbiamo connetterci nuovamente con il nostro Dan Tien (centro energetico), che secondo la medicina tradizionale cinese si trova tre dita sotto l’ombelico (detto anche Dan Tien inferiore, esiste anche quello medio situato a livello del cuore e quello superiore tra gli occhi). Un’altra tecnica utilizzata da VHM è quella che ci permette di connettere i due canali principali DU MAI posteriore (che ha origine dal perineo per terminare sotto il labbro superiore, alla giunzione tra lingua e frenulo) e REN MAI anteriore (che va dal perineo fino al centro del solco mento labiale) per favorire la circolazione dell’energia e quindi recuperare la qualità vibratoria perduta.

Lavorare sul Dan Tien significa mettersi in discussione, significa ricostruire il tempio del nostro corpo partendo dalle fondamenta, significa far scorrere e rinvigorire tutti i canali energetici che attraversano il nostro corpo. Questo non è sempre facile, anzi, posso dire per esperienza che non è privo di ostacoli e di sofferenza, bisogna prendere coscienza dei propri blocchi affettivi, emozionali, fisici, solo allora si potrà cominciare il processo di rimozione e di trasformazione delle energie bloccate.

Il suono, per essere veramente efficace e quindi puro, deve provenire da una mente “vuota” che è precedentemente entrata in uno stato meditativo in contatto col proprio cuore e con la propria anima, è per questo che prima di consentire l’uso della voce si utilizzano i movimenti, la respirazione e gli esercizi di radicamento per la presa di contatto con la terra. Scaricare verso il basso le emozioni negative, le tensioni, l’ansia è un lavoro essenziale per raggiungere la purezza nell’emissione del suono.

La voce rimane in ogni caso l’elemento essenziale di questo lavoro, attraverso la voce comincia un viaggio iniziatico all’interno di noi stessi, una connessione intima con il nostro sé più autentico. Produrre gli armonici con la voce è un’esperienza unica che ci connette sempre più intimamente con il divino. Questo accade specialmente durante il lavoro di gruppo, i partecipanti iniziano un lento canto senza parole, prima sottile e quasi flautato, poi lo rendono sempre più corposo, così facendo l’intensità sonora aumenta. È a questo punto che cominciano ad apparire suoni più acuti, gli armonici, che sembrano muoversi in ogni direzione dello spazio, questo crea un’atmosfera emozionale e vibrazionale molto intensa, il corpo dei partecipanti entra in risonanza, si crea così un’atmosfera intense e sacrale per la quale molti partecipanti hanno pensato che il termine più adatto sia “preghiera”.

Durante queste improvvisazioni corali si sperimenta spesso uno stato modificato di coscienza, una sorta di vuoto mentale definite al resto delle funzioni mentali, cessazione del dialogo interiore o interruzione della catena di pensiero. Ci si perde in una dimensione dove il suono delle voci sembra arrestare il flusso temporale, tanto da non sapere se si è cantato per qualche minuto o per ore, si è trasportati in una sorta di atmosfera onirica, magica, in cui è difficile distinguere il suono della propria voce da quello delle altre e non di rado può accadere di udire suoni strumentali, ben sapendo che in questa situazione sono utilizzati solo suoni vocali. Durante queste esperienze le voci di tutti i partecipanti, che si trovano a cantare in gruppo per la prima volta, sono amalgamate e misteriosamente intonate. Si verifica la condizione per cui il compositore, l’esecutore e l’ascoltatore sono tutt’uno.

Percezione, riconoscimento, espressione ed elaborazione delle emozioni. La voce può permettere tutti questi processi, essendo uno spaccato dell’intero individuo, il suo ”ologramma” appunto. Ri-conoscere, studiare e lavorare sulla propria voce equivale ad un processo analogo nei confronti del proprio Sé profondo. La voce quindi rappresenta uno degli strumenti più potenti e autentici a disposizione per intraprendere un viaggio cognitivo/esperienziale all’interno del proprio mondo emozionale.

Il modello olografico si basa sul concetto di informazione totale, che lega ogni piccola parte al “tutto”. Ogni singola parte diviene così un ologramma che contiene al suo interno una rappresentazione dell’insieme da cui deriva. Questo concetto sta alla base del paradigma olistico e potremmo riassumerlo con “tutto è uno” e affermare che le vibrazioni contenute nella voce non sono altro che la rappresentazione olografica dell’intero universo vibratorio. Questo concetto è ben sintetizzato nell’affermazione del filosofo Plotino: “ogni essere contiene in sé l’intero mondo intelligibile. Il suo Tutto è dovunque. Ciascuno è il suo Tutto, e Tutto è ciascuno”.

La voce dunque come strumento di contatto per le energie più elevate, ma anche fonte di nutrimento per corpo, mente, spirito. Affermare che la voce possa essere utilizzata come una fonte di nutrimento, può apparire quantomeno inusuale. Ma in effetti non esiste strumento più fruibile e immediatamente disponibile del nostro suono. Anche in questo caso, esistono, più livelli per quanto riguarda l’emissione vocale, il primo è fisico, grazie al quale vengono avvertite le vibrazioni a livello corporeo, più o meno intensamente, a seconda del grado di sensibilità propriocettiva. Il secondo, che può avvenire a livello cosciente o inconscio, riguarda l’aspetto mentale, il pensiero, il dialogo interno e spesso implica un giudizio sulle qualità vocali stesse! A tal proposito, un percorso di crescita adeguato dovrebbe portare invece proprio alla sospensione di questo tipo di giudizio. Un terzo livello riguarda la relazione che intercorre tra Intenzione e Intuizione. Questi due concetti sono interdipendenti. Mano a mano che viene lasciato spazio all’intuizione, astenendosi ad esempio da un giudizio qualitativo, ecco che si può fare strada la nostra Intenzione più autentica, quella libera da convenzioni, filtri personali o sociali. Questa apertura verso la ricerca dell’“Intenzione intuita”, non costruita, e la presa di coscienza della stessa, porta inevitabilmente a una crescita e uno sviluppo dei processi intuitivi stessi.

 

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Danza dello sciamano presso la tribù  Dayak (Borneo)

 Questo chiarifica e fissa sempre di più quale sia o quali siano le intenzioni più vicine alla nostra essenza spirituale, creando quello che noi definiamo “flusso di intuito intenzionale”, virtuoso quanto efficace ai fini dello sviluppo personale e al nutrimento mentale e spirituale ottenuto tramite la voce. L’intento più elevato cui tendere, per qualcuno corrisponde agli obiettivi dell’Anima, che, in quanto tali, possono solo essere “intuiti” e non conosciuti tramite i processi mentali convenzionali. Questa visione non è d’altronde un’invenzione recente, ma è una “pratica” ben conosciuta e collaudata dalle società tribali dove lo sciamanesimo è ancora considerato una forma di terapia, con connotazioni di sacralità.

La complessa e profonda spiritualità che permea questi riti, può venire tradotta in un linguaggio più consono alla mentalità occidentale, definita come l’equazione sciamanica: intenzione + suono (voce, tamburi, strumenti acustici, ecc) = manifestazione.

In effetti, sempre da queste culture, ci vengono anche suggerite le strategie per ottenere questa “manifestazione”, che nella fattispecie abbiamo chiamato nutrimento. Tutto ciò che vibra genera una frequenza e questa genera a sua volta un suono. Le nostre molecole, i nostri atomi, gli elettroni vibrano generando un suono; l’insieme di questi suoni è la nostra nota personale.

L’essere umano possiede una capacità straordinaria: quella di scomporre il suono della propria voce e di estrarne gli armonici proprio come un cristallo fa con la luce, quale significato possiamo dare a questa straordinaria caratteristica? Consideriamo la nota fondamentale come la terra e gli armonici al di sopra di essa come l’aria, nell’equilibrio tra questi suoni, tra Yin e Yang, tra cielo e terra, in tutto questo c’è un momento unico che si frappone tra suono e silenzio, un momento in cui si ha la sensazione di fluttuare in un momento magico: la pausa nel silenzio. Portando l’attenzione su questo frammento di sacro, come accade tra inspirazione ed espirazione, si ha la possibilità di raggiungere la condizione dell’essere suono e quindi di sperimentare l’Unità.

Rielaborazione dell'articolo originale pubblicato sulla rivista La Visione sottile periodico di psicologia transpersonale - 2010

 


 

lorenzo pierobonLorenzo Pierobon. Musicoterapeuta, formatore e cantante specializzato nell’uso del canto armonico. Si dedica all'utilizzo della voce in tutte le sue modalità espressive in particolare alla improvvisazione informale, inoltre si occupa dei risvolti terapeutici e creativi della voce, del canto armonico e della terapia vibrazionale con gli armonici attraverso il metodo Vocal Harmonics in Motion ® (VHM ) e Voice healing. Considerato un “cantante atipico”, utilizza la voce in tutte le sue modalità espressive; ha al suo attivo diversi cd di musica ambient e sperimentale, performances, concerti e spettacoli teatrali che lo vedono impegnato sia come solista che in interazione con altre forme d’arte: danza, teatro, video, musica contemporanea e sperimentale.

È autore del libro "Suoni dell'anima l'essenza nascosta della voce" (Minerva Edizioni)
» La sua scheda personale.