Pubblichiamo qui uno stralcio del libro Poetry therapy. Teoria e pratica di Nicholas Mazza (Mille Gru 2019), in cui l’autore fa cenno ad alcune canzoni utilizzate nella cura di alcune problematiche esistenziali.
Può davvero una canzone curare i mali dell’anima? Se pensiamo, banalmente, alle angosce e alle paure di un adolescente, che spesso si identifica nel suono e nelle parole di una canzone della sua band preferita, la risposta è sì. Personalmente, mi corre ancora un brivido lungo la schiena quando alla radio passano le note quasi ipnotiche del ritornello di Creep dei Radiohead, una canzone che racconta l’inadeguatezza che sente un ragazzo di fronte alla creatura amata. In quelle parole mi identificavo e, in quell’identificarmi, mi sentivo decisamente meno sola. L’insieme di musica e parole a un orecchio adulto può apparire angoscioso; eppure di quell’angoscia ci si nutriva, adolescenti, e si riusciva a vedere le cose con un’altra prospettiva. Ed è così che il rock si fa terapia.
È solo un esempio, questo, che ho ripescato dai miei ricordi di adolescente. Ma ce ne sono a migliaia. Si pensi alle canzoni sul suicidio, di cui è ricca la discografia mondiale e anche quella italiana. Temi considerati “deprimenti”, quasi tabù, affrontati spesso con leggerezza o con empatia.
Ora a sdoganare il potere terapeutico della musica ci ha pensato Nicholas Mazza, che nel suo saggio Poetry therapy. Teoria e pratica, di cui pubblichiamo alcuni stralci nei quali alcune hit statunitensi (e non solo) sono state utili nel processo di terapia.
Buon ascolto, e buoni spunti.
Fase integrativa (Sessioni 7 e 8)
La canzone di John Denver “Looking for space” (1975), che parla delle tante domande che restano senza risposte nel corso della vita, è stata in grado di fornire una prospettiva di accettazione. Jenny ha risposto positivamente alle parole di questa canzone, soprattutto a quelle che riguardano la pace interiore e la speranza. Ciò ha fatto capire quanto la terapia avesse funzionato e quanto l’avesse messa nelle condizioni di completare la sua poesia nella vita.
Prima seduta
Il primo tema della prima sessione è stato lo spazio nella relazione. Il terapeuta aveva deciso di usare il testo di John Denver (1975) “Looking for space” per introdurre il tema e agevolare la discussione; in ogni caso, in modi molto diversi, il gruppo stava già trattando quel particolare aspetto della relazione. È stato in una fase successiva, che la poesia/canzone si è rivelata davvero utile per mettere in connessione le espressioni dei singoli e per fornire una chiusura alla sessione.
Terza seduta
Una coppia ha portato il testo e la registrazione della canzone “Bitter with the Sweet” di Carole King (1972) da condividere con tutto il gruppo. La coppia, sposata da cinque anni, stava passando un periodo piuttosto faticoso a causa delle richieste sul lavoro. I versi particolarmente importanti per loro riguardavano le richieste di tempo e questi divennero spunto comune per tutto il gruppo. In seguito, tutti sembrarono concordare che prendersi del tempo e dello spazio per sé era molto importante. Così alcuni tra i partecipanti hanno iniziato a riconoscere e/o accettare che ci sono aspetti dolci, ma anche amari nelle relazioni.
Quarta seduta
La poesia If I Should Cast Off This Tattered Coat di Stephen Crane (1895-1970) è stata condivisa dal terapeuta. Lo scopo è stato confrontarsi con il rischio e l’ansia legati a nuove esperienze. Alcune domande poste durante la fase di confronto sono state, ad esempio: “Che succede se mi sento disilluso o frustrato?” Dopo la lettura della poesia sono state create delle coppie e ogni coppia è stata invitata a parlare della poesia. Dopodiché il gruppo è stato invitato a riunirsi e a scrivere dei distici, quali ad esempio: “Libero, libero, libero, mai lì/Ne è valsa la pena?”.
If I should cast off this tattered coat,
And go free into the mighty sky;
If I should find nothing there
But a vast blue,
Echoless, ignorant --
What then?
Sesta seduta (Finale)
Il brano “The sounds of silence” di Simon &Garfunkel (Simon, 1964) è stato utile per trattare diversi problemi non detti del gruppo e fornire un passaggio interessante verso la conclusione dei lavori. Uno dei partecipanti ha portato una canzone/poesia di Gilberto Gil (1979) intitolato “Aqui Agora” che ha rappresentato un eccellente finale. Questa persona ha avuto la sensibilità di introdurla proprio nel momento più indicato, in modo da dare il giusto spazio al gruppo stesso e alle sue relazioni. Infine tutti i membri hanno ricordato l’un l’altro l’importanza del qui e adesso.
Anna Castellari Nata in Friuli, ha studiato traduzione e interpretazione all’università di Trieste, si è laureata in spagnolo con una tesi-traduzione di un libro per adolescenti, Violeta en el País de Nunca Jamás, di María Eleonora Sánchez Puyade, e si è trasferita a Milano per amor dei libri. Appena arrivata si è unita all’associazione Mille Gru e ha iniziato a muovere i primi passi nell’editoria per l’infanzia come redattrice e traduttrice. Dal 2016 insegna – presso la struttura carceraria di Bollate – francese e spagnolo nelle scuole superiori. Nella scuola tenta di applicare una didattica “umanistica” e umana, in cui l’alunno è al centro e l’insegnante è un suo accompagnatore nella conoscenza e nell’educazione. Per Mille Gru si occupa della parte editoriale per l’infanzia, rivede le bozze dei libri, cura i contenuti web e social, di laboratori con i bambini, nei centri di cura e nelle biblioteche.