Poetry Therapy Italia

07 Teorie Grutt bianco

Poesia in ospedale, l’esperienza bolognese

Tra esperimenti e visioni, il viaggio della parola e del segno tra le mura ospedaliere, un’esperienza di ascolto, condivisione e produzione artistica iniziata quattro anni fa a Bologna.

 Era   il   2015   e   da   quasi   due   anni   ero   diventato   direttore  del   Centro   di   Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna. Si facevano numerose iniziative, soprattutto dedicate agli studenti. Laboratori, incontri, una sorta di supporto per orientarsi nel mondo della  poesia,  con  l’obiettivo,  per  i  più  talentuosi,  di  trovare  la  propria  voce  e  farla conoscere agli altri. Fu allora che incontrai Stefano Vezzani, a quel tempo responsabile comunicazione e ufficio stampa del Policlinico di Sant’Orsola, voleva portare la poesia in ospedale, aveva avuto un’intuizione, ci proponeva di elaborare un’idea, un progetto.

Devo ammettere che all’inizio mi chiesi se poteva essere davvero utile, mi interrogai parecchio sul perché, ma da qualche mese mia madre se n’era andata, dopo un periodo terribile di malattia, e questa chiamata mi sembrò un segno.

Fu così che nacque  la prima edizione di Le parole necessarie, con l’obbiettivo di dire la malattia, avvicinandosi con i mezzi dell’arte all’esperienza del dolore. Per cercare l’uomo dietro al malato, interrogare la vita dove si spezza e portare alla luce quei temi che spesso restano chiusi tra le mura dell’ospedale, affrontare i tabù della malattia e della morte. Eravamo convinti che in un percorso del genere la parola poetica potesse giocare un ruolo fondamentale, in quanto parola intima e universale, capace di dire ciò che abita il silenzio senza violarne la natura e la fragilità. Il progetto era diviso in diverse fasi:

  • Poeti in corsia ovvero avevo chiesto a tre poeti: Tommaso Di Dio, Stefano Massari e Francesca Serragnoli, di scegliere e frequentare per circa due mesi, mimetizzandosi tra medici, infermieri, pazienti e volontari, un reparto dell’ospedale per conoscerne la vita e dare voce alle realtà incontrate attraverso appunti, poesie, un’opera.
  • Laboratorio di poesia, un’occasione di confronto alla quale hanno partecipato, portando i propri testi, pazienti, familiari, medici, infermieri, personale tecnicoamministrativo, volontari, studenti e altri interessati. L’idea era proprio di non fare distinzioni tra malato e resto del mondo, ma realizzare un laboratorio per le persone, aperto a tutti, che potesse dialogare con lo spazio che l’ospitava. I pazienti impossibilitati a partecipare agli incontri potevano comunque farci arrivare i propri scritti (tramite web o tramite infermieri e volontari) e ricevere, quando richiesto, un parere scritto o la visita da parte nostra per un confronto.
  • Reading, l’organizzazione di reading serali nell’atrio di uno dei padiglioni più frequentati del policlinico con due poeti che all’interno della propria opera hanno affrontato il tema della malattia: Daniele Mencarelli e Roberta Dapunt.
  • Un evento finale dove sono stati resi pubblici i risultati di questo percorso. I poeti Tommaso Di Dio e Francesca Serragnoli hanno prodotto due plaquette che il policlinico ha stampato e distribuito e Stefano Massari un video proiettato in quella occasione. A questi si è aggiunta un’altra plaquette con le poesie dei partecipanti al laboratorio.

Mi ero approcciato a questa esperienza come ho sempre fatto davanti alle cose nuove, con un misto di entusiasmo, paura e curiosità, non aspettandomi nulla ma cercando di restare in ascolto, di farmi suggerire dall’intuito e dall’energia del momento, i passi da fare. E in questa occasione l’esperienza generata ha superato le mie aspettative, cambiandomi la vita o comunque il modo di approcciarmi a quello che scrivo, di coglierne l’essenza e l’importanza, di sentirne la responsabilità.

In ospedale il tempo e lo spazio hanno un’altra intensità, qui si attraversano momenti in cui la vita fa sentire più forte il suo battito, o forse noi siamo più predisposti ad ascoltarlo. Si capisce cosa è importante davvero, si fanno i conti con la propria esistenza, ci si sente fragili ed esposti al mondo. Per questo si ha la capacità di sentire il peso specifico di ogni parola e la sua energia, il vento che sposta.

I riscontri avuti da medici, infermieri, ma soprattutto dai pazienti che hanno partecipato al laboratorio sono stati travolgenti. Qualcuno ci ha anche scritto: “questo laboratorio mi ha salvato la vita” e non abbiamo chiesto di più, abbiamo accolto questa e altre affermazioni come un dono prezioso, una confidenza. E ci siamo messi a servizio, sperando in una seconda edizione.

E la conferma è arrivata pochi mesi dopo, la seconda edizione si sarebbe fatta. Oltre ai poeti in corsia, questa volta nelle persone di Vito Bonito, Domenico Brancale e Franca Mancinelli aggiungemmo un laboratorio dedicato esclusivamente alle ragazze del Centro per i disturbi del comportamento alimentare tenuto insieme a Isabella Leardini, l’intervento di due illustratori Rocco Lombardi e Simone Lucciola nel reparto di Geriatria, e l’evento finale realizzato creando un piccolo anfiteatro nei sotterranei del policlinico. Altra esperienza forte, altra conferma.

Ma, come si suol dire, il vento stava cambiando. Da lì a poco diedi le dimissioni come direttore del Centro di Poesia, e partii, andai in Messico alla ricerca del guaritore René Mey. Impiegai due mesi a trovarlo, due mesi trascorsi negli ospedali, nelle case di accoglienza e nelle strade, dove i suoi volontari operano gratuitamente. Esperienza che mi ha dato la possibilità di conoscere un mondo straordinario che ho raccontato nel libro “Tutto l’amore nelle mani”.

Anche al policlinico cambiarono alcune cose e per qualche tempo non si parlò più di continuare Le parole necessarie.

Ma quando un progetto è forte e ha ormai uno suo spirito, continua a chiamare. Mi raccontavano che spesso in ospedale qualcuno chiedeva: “Ma quando ricomincia?” non supponendo affatto potesse finire. E anche a me personalmente veniva ricordato da tanti, una volta addirittura una signora sconosciuta in treno: “Ma tu sei quello della poesia in ospedale? Che bella cosa. Devo venire a trovarvi”.

Il tempo però passava e ognuno si perdeva nelle proprie cose, io lavoravo a un nuovo libro e alle mie canzoni, il Centro di Poesia tornava sulla sua strada, in ospedale la vita andava avanti.

Nel 2018 però mi arrivò una nuova proposta, in occasione de Le stelle di Sant’Orsola, festa del policlinico, si voleva trovare il modo di mostrare alcuni spazi solitamente non frequentati, in particolare alcune cappelle poste in luoghi particolari e spesso difficilmente raggiungibili da chi non conosce bene il luogo. Mi venne l’idea di comporre una via crucis laica, una via del dolore scritta con le parole dei pazienti, di chi questo dolore lo conosce, lo attraversa o l’ha attraversato tra le mura dell’ospedale. Mi misi a raccogliere testimonianze e scrissi “Stazioni”, forse il testo più duro della mia vita, un viaggio nella malattia che ho messo in scena con il supporto di Francesca D’Agnano in un percorso formato da dodici stazioni, passando nei sotterranei del policlinico, sui viali e nei padiglioni, con un gruppo di giovani attori. Fu una specie di cerimonia sciamanica, un modo per elaborare insieme il dolore del lutto o per affrontare ricordi pesanti rimasti annodati dentro, una carovana di lacrime e sorrisi accennati passava nella pancia e nel cuore del grande ospedale. Anche in quell’occasione, qualcuno nei giorni successivi ci scrisse: “Grazie, dopo quella sera sono guarita”, non sappiamo a cosa si riferisse ma ci è bastato.

Ho provato spesso pudore nell’esporre le tematiche legate alla malattia e alla morte, soprattutto quando queste raccontano l’esperienza personale vissuta con mia madre, inevitabilmente riportata in parte anche all’interno di “Stazioni” come nel mio libro “Dammi tue notizie e un bacio a tutti”. Ho fatto letture dal libro anche all’interno di ospedali e altri luoghi della cura, davanti a pazienti oncologici che stavano facendo un percorso simile a quello descritto. E mi sono chiesto se fosse giusto. La risposta sono state le lacrime che ogni volta ho visto cadere, gli sguardi profondissimi dove invece sono caduto io, i grazie sussurrati negli abbracci. Forse per aver dato uno stimolo ad esprimersi, per aver scritto qualcosa che hanno provato anche loro, per aver condiviso con sincerità un pezzo di vita. E questo fa bene.

Ora tutte queste esperienze sono confluite, insieme ad altre di varia natura, nella nascita della Fondazione Policlinico Sant’Orsola, ente no profit alleato del policlinico e sostenuto da 8 imprese del territorio, nato affinché l’ospedale possa essere sempre più accogliente e la qualità delle sue cure costantemente all’avanguardia per il bene della comunità.

Abbiamo realizzato Degenze Artistiche, un progetto di residenza all’interno dell’ospedale. Sette artisti under 30 selezionati tramite una call pubblica, tra settembre e ottobre hanno frequentato quotidianamente i reparti del policlinico, mettendosi in ascolto dei luoghi, dei pazienti, prendendo parte insieme a medici e infermieri alla vita dell’ospedale. Hanno prodotto quattro opere: arti visive, fotografia, danza e teatro, nate da questa esperienza che il 18 ottobre 2019 all’interno dell’evento Il battito di ciò che siamo – L’arte in ascolto tra le mura dell’ospedale sono state presentate alla città, trasformando un padiglione del policlinico in uno spazio delle arti tra mostre, installazioni e performance.

Recentemente  è  cominciato  il  progetto  Messaggeri,  ovvero  un  gruppo  di  ragazzi  che operano con la poesia, l’arte, la propria creatività, allo scopo di rendere la notte un po’ meno solitaria e difficile all’interno delle mura ospedaliere. E tante altre iniziative sono in programma per dare voce a questa realtà, attivare uno scambio, rendere l’ospedale anche un luogo dove ragionare della vita, dove comprendere qualcosa in più del mondo e di sé stessi.

 


 

Valerio Grutt Foto di Ciro OrlandiniValerio Grutt è nato a Napoli nel 1983. Ha pubblicato diversi libri di poesia tra cui: Una città chiamata le sei di mattina (Edizioni della Meridiana, 2009) e Dammi tue notizie e un bacio a tutti (Interno Poesia, 2018). È direttore artistico dei progetti Degenze Artistiche e Messaggeri presso la Fondazione Policlinico Sant'Orsola. È redattore di Interno Poesia, blog e casa editrice. Realizza performance e installazioni lavorando in equilibrio tra poesia, musica e altre discipline artistiche. (Foto di Ciro Orlandini)

www.valeriogrutt.it
» La sua scheda personale.